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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10192010-145844


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
PETRINI, GIACOMO
URN
etd-10192010-145844
Titolo
Letture della Critica della Ragion Pura tra Kant e Fichte
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
controrelatore Prof. Barale, Giuliano Massimo
relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
  • Aenesidemus
  • Elementarphilosophie
  • Transzendentalphilosophie
  • Cosa in sé
Data inizio appello
08/11/2010
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questo lavoro intende tracciare un possibile percorso all’interno delle ampie discussioni sorte in Germania alla fine del Settecento intorno al capolavoro kantiano, al fine di evidenziare gli elementi che hanno contribuito al passaggio dal criticismo all’idealismo classico. Dopo un rapido sguardo d’insieme su alcuni dei protagonisti del dibattito filosofico dal 1781 ai primi anni ’90 (Hamann, Jacobi, Eberhard, ecc.) si analizzano in dettaglio le opere più significative di Reinhold, Enesidemo-Schulze e Maimon, intese come fasi di un processo di revisione del pensiero kantiano che si concluderà con la prima «Dottrina della scienza» di Fichte. Il principale merito di Reinhold consiste nell’aver divulgato i risultati e i princìpi della filosofia critica grazie alle fortunate «Lettere» del 1786 e nell’aver individuato il problema fondamentale attorno al quale si concentrano le speculazioni degli autori immediatamente successivi: la mancanza di un principio assoluto a partire dal quale sia possibile superare i persistenti dualismi alla base della Erkenntnistheorie kantiana (intelletto e sensibilità, concetto e intuizione) nonché riedificare l’intero sistema della filosofia teoretica e pratica. G.E.Schulze solleva acute obiezioni contro il tentativo reinholdiano di assegnare al concetto di rappresentazione (e al «Satz des Bewusstseins» che lo esprime) il ruolo di sommo principio e presenta alcune critiche a Kant che, sebbene spesso inappropriate, influenzano notevolmente Fichte, il cui idealismo è già annunciato nella recensione all’Enesidemo. Maimon cerca di risolvere il fondamentale problema della possibilità dell’applicazione delle forme a priori al materiale empirico delle sensazioni eliminando l'opposizione tra sensibilità e intelletto attraverso la dottrina leibnizio-wolffiana della differenza soltanto graduale (non specifica) tra le due facoltà, e considerando la materia della conoscenza (al pari della forma) come risultato di un’inconscia attività produttiva dell’Io. In particolare la sua teoria di un intelletto infinito (ricavata da un approfondito studio della noetica di Maimonide) e l'accentuazione della natura ideale della cosa in sé in quanto concetto-limite della determinazione o conoscenza completa di un oggetto, forniscono a Fichte spunti significativi in vista dei celebri princìpi con cui si aprirà il «Fondamento» del 1794.
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