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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10082014-130047


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
TRUZZOLILLO, FABIO
URN
etd-10082014-130047
Titolo
Fascismo e criminalità organizzata in Calabria
Settore scientifico disciplinare
M-STO/04
Corso di studi
STORIA, ORIENTALISTICA E STORIA ARTI
Relatori
tutor Prof. Fulvetti, Gianluca
commissario Prof. Dickie, John
commissario Prof. Cappelli, Vittorio
Parole chiave
  • Calabria
  • criminalità organizzata
  • famiglia montalbano
  • fascismo
  • 'ndrangheta
  • picciotteria
Data inizio appello
23/10/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi di dottorato dal titolo "Fascismo e criminalità organizzata in Calabria” ricostruisce la storia e l’evoluzione della mafia calabrese, oggi nota col nome di ‘ndrangheta, durante il ventennio fascista e analizza l’azione repressiva messa in atto dal fascismo, mettendo in relazione la situazione calabrese con i risultati delle più recenti ricerche sulle operazioni antimafia in Sicilia negli anni ’30. Utilizzando una grande quantità di fonti inedite rintracciate presso vari archivi italiani (specialmente documenti giudiziari), la ricerca mette in luce i tratti peculiari dell’inserimento politico e sociale della ‘ndrangheta nel periodo considerato: il controllo del territorio e l’ambiguo rapporto tra visibilità e invisibilità del potere criminale nei paesi calabresi, l’inserimento nei conflitti sociali dei primi anni ’20, la penetrazione all’interno del fascismo e nelle amministrazioni comunali riformate dal regime fino alla messa in atto di azioni repressive e anche oltre. A questo proposito la tesi discute e rivede l’idea della “modernizzazione autoritaria” messa in atto dal fascismo nel Mezzogiorno e nelle aree periferiche. La tollerata e taciuta penetrazione criminale tra le file del regime indica, infatti, che in alcuni territori il fascismo ha lasciato intatte alcune pratiche politiche e sociali per assicurarsi una base di massa, anche dove questa si basava sulla mediazione mafiosa. L’azione repressiva, che ha condotto a centinaia di arresti, è iniziata solo nel 1927-28, a regime consolidato, e a fasi alterne si è protratta per circa un decennio: in alcun casi ha colpito anche i podestà e i membri del partito in odore di mafia, ma la capillarità della penetrazione criminale si è mostrata più resistente. Quella fascista si rivela comunque una stagione repressiva di notevole importanza, sia per le scoperte cui è giunta sul piano della conoscenza della ‘ndrangheta, sia per l’importante evoluzione della criminalità organizzata che indirettamente ha prodotto. Una serie di sentenze della Corte di Assise di Reggio Calabria hanno evidenziato, infatti, che i gruppi criminali attivi in quella provincia erano parte di un’unica e ampia organizzazione con struttura gerarchica: istituzioni superiori (Criminale e Gran Criminale) erano state create per coordinare le relazioni tra le singole “locali”, prevenire i conflitti e assicurare il rispetto delle regole comuni. Questi risultati assomigliano molto a quelli conseguiti nel corso della recente Operazione Crimine (2010). A seguito della repressione la ‘ndrangheta ha necessariamente dovuto rivedere il proprio livello di visibilità e ciò ha prodotto un importante cambiamento nelle strategie di affiliazione: la ‘ndrangheta ha preferito chiudersi maggiormente nei confini familiari e contestualmente si è verificato un importante cambiamento nel ruolo delle donne. In occasione della repressione fascista la ‘ndrangheta ha mostrato di avere un’alta resilienza e ha avviato un processo di rafforzamento che ne fa oggi la mafia più potente d’Italia.
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