logo SBA

ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10012012-124219


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
GUGLIELMO, MARCO
URN
etd-10012012-124219
Titolo
Studio degli effetti dell'arricchimento ambientale sui livelli cerebrali degli oligomeri della proteina beta-amiloide, sull'espressione della neprilisina e sul rapporto inibizione/eccitazione intracorticale nel topo anziano
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE FISIOPATOLOGICHE GENERALI
Relatori
relatore Dott. Sale, Alessandro
Parole chiave
  • oligomeri
  • neprilisina
  • invecchiamento cerebrale
  • beta-amiloide
  • arricchimento ambientale
  • vGAT
  • vGluT-1
  • western blot
  • rapporto inibizione
  • eccitazione intracorticale
Data inizio appello
18/10/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/10/2052
Riassunto
L’invecchiamento cerebrale è un processo fisiologico di decadimento strutturale e funzionale che avviene in diverse aree del cervello, con velocità dipendenti dallo stile di vita degli individui. Tra i principali cambiamenti del cervello anziano si annoverano un’importante perdita di neuroni e alberi dendritici in numerose regioni della corteccia cerebrale e dell’ippocampo, una diminuzione del volume della sostanza grigia e un aumento del volume dei ventricoli. La diminuzione del volume della sostanza grigia si verifica principalmente nella corteccia prefrontale, in quella temporale inferiore, nel cervelletto e nello striato, mentre non sembra interessare il tronco encefalico, ed è dovuta non solo alla perdita di neuroni, ma anche di spine dendritiche. Tale processo provoca un declino cognitivo che interessa maggiormente alcuni domini specifici, come la memoria visiva e verbale, le abilità visuo-spaziali, la memoria a breve termine e la capacità di denominare gli oggetti.
Un altro aspetto molto importante dovuto al processo d’invecchiamento cerebrale è legato al rapporto inibizione/eccitazione, con un aumento della trasmissione sinaptica inibitoria ed una diminuzione di quella eccitatoria.
A livello molecolare, l’invecchiamento cerebrale è spesso associato all’aumento dei livelli di una proteina conosciuta come β-amiloide (Aβ) che, oltre ad essere uno dei principali marcatori biologici della malattia di Alzheimer, è anche presente nel cervello di molte persone anziane, sotto forma di depositi conosciuti come placche senili. La Aβ ha origine dalla APP (Amyloid Precursor Protein), una proteina di membrana codificata da un gene presente sul cromosoma 21. Il primo passo del processo che porta alla formazione del peptide Aβ consiste nel taglio proteolitico del dominio extracellulare N-terminale di APP, che è operato dalla proteasi β-secretasi (BACE, Beta-Site APP-Cleaving Enzyme). La parte restante della proteina subisce poi l’azione della γ-secretasi che, attraverso le proteine preseniline, taglia la parte residua all'interno della membrana (nel dominio C-terminale), generando così quello che è noto come peptide β-amiloide. Aβ ha una lunghezza di 40 o 42 residui amminoacidici e presenta una spiccata tendenza ad aggregarsi, generando forme fibrillari tossiche, che si associano nelle tipiche placche senili insolubili.
Nonostante l’importanza delle placche senili nel declino cognitivo dovuto all’invecchiamento, studi recenti indicano che oligomeri solubili di Aβ possono avere un ruolo chiave, ancora prima della formazione di aggregati insolubili, nei processi di disfunzione sinaptica e di alterazione delle funzioni cognitive. Gli oligomeri solubili di Aβ risultano essere addirittura più citotossici rispetto agli aggregati fibrillari della proteina, esplicando un’intensa azione inibitoria su molte attività neuronali importanti, tra cui il potenziamento a lungo termine (LTP), un modello classico per lo studio della plasticità sinaptica.
L’accumulo di Aβ nei distretti cerebrali è regolato non solo dai processi che ne controllano la sintesi, ma anche da quelli coinvolti nella sua rimozione. La proteolisi della proteina Aβ coinvolge numerose proteasi, fra le quali la più importante è la neprilisina, una glicoproteina di circa 97 kDa facente parte delle metallo-endopeptidasi di membrana zinco-dipendenti, nota anche con le denominazioni di endopeptidasi neutra (NEP) e di antigene per la leucemia linfoblastica acuta (CALLA).
Di grande interesse clinico sono le evidenze che mostrano come l’esposizione ad un ambiente cognitivamente e socialmente stimolante e l’esercizio fisico esercitino effetti benefici sulle funzionalità cerebrali, particolarmente nell’anziano, e riducano il rischio di sviluppare patologie dementigene. In media, si stima che tali pratiche riducano dal 20 al 50% il rischio di sviluppo di demenze senili. Nel modello animale, l’arricchimento ambientale è molto usato per studiare l’influenza dell’esperienza sul cervello e sul comportamento. Gli animali “arricchiti” sono allevati in gruppi sociali numerosi e in gabbie di grandi dimensioni, dove sono presenti numerosi giochi, tunnel e scale, frequentemente cambiati dallo sperimentatore. Inoltre, gli animali hanno la possibilità di praticare attività fisica volontaria grazie alla presenza di ruote di movimento. Pertanto, gli animali arricchiti usufruiscono di aumentate relazioni sociali, di una continua stimolazione multi-sensoriale garantita dal rinnovamento degli oggetti e di alti livelli di attività fisica. È stato dimostrato che esercizio fisico e stimolazione ambientale migliorano le prestazioni cognitive, esercitano azioni neuroprotettive e potenziano la plasticità neurale nei roditori anziani. L’esposizione ad una combinazione di stimolazione cognitiva ed esercizio fisico si pone quindi come potenziale strategia di intervento per contenere il declino cognitivo e rallentare il procedere dei danni cerebrali associati all’invecchiamento.
Nella presente Tesi di Laurea, ho indagato gli effetti dell’esposizione a un paradigma di arricchimento ambientale nel topo anziano, focalizzando l’analisi sui livelli intracerebrali dei principali oligomeri di Aβ, sull’espressione della neprilisina e sul rapporto inibizione/eccitazione intracorticale. L’analisi è stata eseguita mediante la tecnica del Western Blot, condotta su lisati corticali di animali allevati o in condizioni ambientali standard (soggetti di controllo), o in condizioni di arricchimento ambientale protratto per 2 o 4 settimane a partire dai 16 mesi di età. I risultati hanno evidenziato una riduzione dei livelli di alcune fra le specie più tossiche di oligomeri della Aβ, un aumento dell’espressione della neprilisina, una diminuzione del marcatore del tono inibitorio vGAT ed un incremento del marcatore del tono eccitatorio vGluT – 1 nei soggetti arricchiti rispetto agli animali di controllo.
Questi dati mostrano come l’esposizione a stimoli ambientali arricchiti possa essere una valida strategia per contrastare i processi biochimici responsabili della produzione delle isoforme patogene di proteina β-amiloide nel cervello dell’anziano e per modulare il rapporto inibizione/eccitazione spostandolo a favore del tono eccitatorio.
File