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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09302011-105837


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
CHIAPPINO, SARA
URN
etd-09302011-105837
Titolo
Inquadramento clinico e prognostico della cardiomiopatia dilatativa: ruolo della risonanza magnetica cardiaca.
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Emdin, Michele
Parole chiave
  • risonanza magnetica
  • indici di fibrosi miocardica
  • indici di funzione cardiaca
  • cardiomiopatia dilatativa
Data inizio appello
18/10/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/10/2051
Riassunto
Obiettivi: obiettivo dello studio è stato quello di analizzare il valore prognostico aggiuntivo dei parametri di risonanza magnetica cardiovascolare (magnetic resonance imaging, MRI) rispetto alla caratterizzazione clinica e strumentale tradizionale in pazienti con cardiomiopatia dilatativa non-ischemica (CMD).
Metodi: è stata arruolata una coorte prospettica di 342 pazienti con CMD (236 maschi, età 55±15 anni, media ± deviazione standard) con disfunzione sistolica ventricolare sinistra confermata alla MRI (frazione di eiezione<55%, media 33±11%), senza (stadio B, n=158) o con storia di sintomi da insufficienza cardiaca (stadio C, n=184, classe NYHA I-III). I pazienti in aggiunta alla caratterizzazione clinica ed elettrocardiografica convenzionale, sono stati sottoposti ad una MRI cardiaca per studiare i volumi e la funzione biventricolare e la fibrosi miocardica con sequenze post-contrasto (delayed enhancement, DE). In una sottopopolazione di 143 pazienti (93 maschi, età 60 ± 14 anni, frazione di eiezione 33±11%), sono stati effettuati anche un test da sforzo cardiopolmonare, un ECG secondo Holter, un ecocardiogramma ed una valutazione bioumorale completa. L’end-point era costituito dalle morti per causa cardiovascolare, gli shock appropriati del defibrillatore impiantabile e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco.
Risultati: durante un follow-up mediano di 20,7 mesi, i pazienti con DE miocardico (n=142, 42%; estensione mediana 6,2% della massa ventricolare sinistra) hanno avuto un numero maggiore di eventi (n=24, 17%) rispetto ai pazienti senza DE (n=14, 7% P<0,01-all’analisi di Kaplan-Meier). Inoltre i pazienti con DE presentavano peggiori indici di rimodellamento e di funzione sistolica biventricolare. All’analisi uni variata, la frazione di eiezione ventricolare sinistra (HR 0.97, 95% CI 0.94-1.00, p=0.03), la frazione di eiezione ventricolare destra (HR 0.97, 95% CI 0.95-0.99, p=0.01), l’area dell’atrio sinistro (HR 1.06, 95%CI 1.03-1.09, p<0.01), l’area dell’atrio destro (HR 1.07, 95%CI 1.03-1.12, p<0.01), la presenza di DE (HR 2.58, 95%CI 1.33-4.99, p<0.01) e la creatininemia (HR 2.98, 95%CI 1.13-7.89, p=0.03) sono risultati predittori significativi dell’evento composito. All’analisi multivariata, solo la presenza di DE (HR 3.36, 95%CI 1.30-8.64, p=0.01) e la frazione di eiezione ventricolare destra (HR 0.96, 95% CI 0.93-0.98, p=0.01) sono risultati predittori significativi di eventi. Nella sottopopolazione di 143 pazienti, sia il DE sia la disfunzione ventricolare destra rimanevano significativi predittori di eventi all’analisi univariata, oltre alla disfunzione diastolica ventricolare sinistra, alla ipertensione polmonare, alle aritmie ventricolari, ai peptidi natriuretici cardiaci ed alla noradrenalina plasmatica. In particolare il DE risultava associato alle aritmie ventricolari, mentre la disfunzione sistolica ventricolare sinistra risultava associata ad un ridotto consumo di ossigeno e ad un’iperattivazione neuroendocrina.
Conclusioni: nei pazienti con CMD sia la fibrosi miocardica sia la disfunzione ventricolare destra sono risultati predittori indipendenti di eventi cardiovascolari, fornendo utili informazioni aggiuntive per la stratificazione clinico-prognostica dei pazienti con CMD.
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