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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09222014-224025


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
CAVALLINI, ELEONORA
URN
etd-09222014-224025
Titolo
Epidemiologia, inquadramento e risultati del trattamento delle fratture prossimali dell'omero.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Lisanti, Michele
Parole chiave
  • proximal humerus fractures
Data inizio appello
14/10/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Le fratture che interessano l’epifisi prossimale dell’omero sono relativamente frequenti e rappresentano circa il 5% di tutte le fratture. In letteratura, vari studi epidemiologici hanno dimostrato un costante e significativo aumento nell’incidenza di questo tipo di fratture, grazie anche all'aumento dell'aspettativa di vita media e del conseguente invecchiamento della popolazione, anche per traumi a bassa energia. Nel corso degli ultimi decenni sono stati molti i tentativi di classificare questo tipo di lesioni. Nel 1896 Kocher introdusse la prima classificazione delle fratture dell’omero prossimale, seguita da Codman, nel 1934, fino ad arrivare alle classificazioni più recenti e tutt’ora utilizzate quali la classificazione di Neer, la classificazione AO di Muller e la classificazione di Hertel (o classificazione Lego).
Nell’80% dei casi le fratture dell’epifisi prossimale dell’omero risultano essere composte o minimamente scomposte. Nella maggior parte dei casi, queste fratture vengono trattate in modo non chirurgico con un tutore di immobilizzazione. Nel restante 20% dei casi, il tipo di frattura merita un approccio chirurgico in quanto la scomposizione della frattura è tale da richiedere un intervento riparativo. Il chirurgo ortopedico può scegliere tra varie opzioni chirurgiche e questo dipenderà soprattutto dall’età del soggetto e dal tipo di frattura. I mezzi di sintesi proposti dai maggiori Autori possono essere viti e fili di Kirschner, per un approccio chirurgico definito “percutaneo”, oppure placche con viti a stabilità angolare o a compressione, chiodi endomidollari o sostituzioni protesiche con accessi chirurgici ben più ampi definiti “open”. La scelta del trattamento dipenderà quindi dal tipo di frattura, dall'età del soggetto, dalla qualità dell'osso, dalle aspettative del soggetto e nella maggior parte dei casi dall'esperienza ed abilità del chirurgo
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