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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09202015-152554


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
DEL CHIARO, ANDREA
URN
etd-09202015-152554
Titolo
Revisione di 18 pazienti trattati con innesto osseo omologo olecranico e vite con testa a basso profilo per pseudoartrosi del corpo dello scafoide: studio retrospettivo a 5,2 anni di follow-up.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Lisanti, Michele
Parole chiave
  • follow-up
  • vite con testa a basso profilo
  • innesto omologo olecranico
  • Pseudoartrosi scafoide
Data inizio appello
20/10/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Per pseudoartrosi di scafoide si intende la mancata consolidazione di una sua frattura a distanza di oltre 90 giorni (3 mesi) dall’evento traumatico che la ha provocata. Essa, come sottolineato dagli studi epidemiologici di Kawamura et Al., è una complicanza tutt’altro che rara in caso di frattura del corpo dello scafoide. Fra i fattori che predispongono al suo sviluppo possiamo annoverare: la peculiare anatomia dello scafoide, la sua caratteristica vascolarizzazione, la scomposizione dei frammenti di frattura e il trattamento chirurgico intrapreso talvolta tardivamente (ad esempio solamente dopo un evidente fallimento delle tecniche conservative). Dal canto suo la pseudoartrosi, qualora non venga trattata, diventa causa di una alterazione della biomeccanica del carpo che a sua volta conduce inevitabilmente verso una degenerazione artrosica periscafoidea con dolore e limitazione funzionale. Per tentare di arrestare la progressione dell’artrosi vengono impiegati interventi di osteosintesi, innesti di osso vascolarizzato e non (spongioso o cortico-spongioso) ed interventi di salvataggio (resezione della prima filiera del carpo, artrodesi parziale delle ossa carpali e artrodesi di polso).
Qualora la pseudoartrosi non abbia ancora alterato la morfologia dello scafoide ed i processi degenerativi siano ancora in fase iniziale, è possibile trattare la lesione mediante l’utilizzo di un innesto spongioso autologo associato ad una sintesi con vite. I mezzi di sintesi proposti negli anni sono stati vari: fili di Kirschner, chiodi di Galluccio, cambre a memoria di forma, viti con doppia filettatura senza testa (Herbert), viti troncoconiche (Acutrak) e viti da spongiosa (AO/ASIF). La maggior parte dei lavori in letteratura riporta i risultati ottenuti con l’utilizzo di viti headless che dovrebbero garantire un minor grado di impingement con le ossa carpali vicine (in particolare con il trapezio) e dovrebbero poter ripristinare la lunghezza e la morfologia dello scafoide permettendo allo stesso tempo un’efficace stabilità primaria ed una precoce mobilizzazione. Gli obiettivi del presente studio sono stati quelli di valutare con un lungo follow-up (5,2 ± 3,8 anni) i risultati ottenuti nel trattamento delle pseudoartrosi del corpo dello scafoide in assenza di deformità utilizzando un’inconsueta sede donatrice di osso (olecrano ipsilaterale) e una vite da spongiosa di tipo AO/ASIF dotata di testa a basso profilo (ASNIS Micro Stryker® 3.0 mm).
Sulla base dei dati da noi registrati possiamo concludere che l’utilizzo dell’innesto osseo spongioso olecranico e la osteosintesi con vite cannulata AO/ASIF dotata di testa a basso profilo (ASNIS Micro Stryker 3.0 mm) può rappresentare una valida alternativa nel trattamento delle pseudoartrosi sintomatiche del corpo dello scafoide in assenza di deformità in DISI del semilunare. I dati raccolti nel follow-up a lungo termine mostrano infatti un tasso di consolidazione, una capacità di prevenzione della degenerazione artrosica peri-scafoidea e una capacità di recupero della funzionalità articolare sovrapponibili a quelle riportate in letteratura utilizzando tecniche diverse. Particolarmente interessanti sono i risultati ottenuti in termini di sviluppo di artrosi a livello della articolazione STT; nonostante l’utilizzo di un mezzo di sintesi dotato di testa, non è stato infatti riscontrato un maggior tasso di artrosi scafo-trapezio-trapezoidale rispetto a quello calcolato utilizzando le altre tecniche descritte in letteratura. Anche i risultati derivanti dalla scelta dell’olecrano come sito donatore sono chiari e quindi esso può a tutti gli effetti rappresentare una alternativa valida specialmente in soggetti giovani e quindi dotati ancora di tessuto spongioso di buona qualità a questo livello.

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