ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09202013-122845


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
TRASATTI, FRANCESCA
URN
etd-09202013-122845
Titolo
Il secolo biotech e le nuove "recinzioni". Le risorse naturali e genetiche nel diritto internazionale e comunitario.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Goldoni, Marco
Parole chiave
  • proprietà intellettuale
  • diritto comunitario
  • brevetti
  • biotecnologie
  • biopirateria
  • biodiversità
  • diritto internazionale
Data inizio appello
07/10/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
La capacità dell’uomo di manipolare la materia vivente per ottenere nuove varietà di piante e nuove razze animali sulla base di conoscenze empiriche ha origini antiche. Tali conoscenze hanno acquisito, nel tempo, un maggior grado di scientificità e recentemente hanno permesso di comprendere i complessi meccanismi che regolano i procedimenti biologici. A partire dagli anni ’70 lo sviluppo delle moderne biotecnologie ha trasformato ogni essere vivente in un contenitore di potenziali unità trasferibili in altri organismi riceventi, attribuendo un valore alle singole sequenze di DNA codificanti caratteri utili. La regolamentazione dell’accesso alle risorse vegetali e animali, divenute componenti strategiche della ricchezza delle nazioni, è caratterizzata da forti implicazioni geopolitiche, dato che la maggior parte della biodiversità del pianeta è concentrata nei Paesi tropicali dell’emisfero meridionale, mentre le tecnologie per sfruttarle sono possedute dai Paesi industrializzati del nord. Questioni di tale portata si sono intersecate al tema della protezione giuridica dell’innovazione biotecnologica, necessaria per garantire un adeguato livello di investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
Il presente elaborato si propone di offrire una panoramica delle questioni ancora aperte ed incidenti sulle scienze giuridiche che interessano l’accesso alle risorse, l’equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro sfruttamento e la tutela della proprietà intellettuale delle invenzioni biotecnologiche.
La prima parte ripercorre l’evoluzione storica delle varie fonti internazionali e dei principi in esse sanciti aventi ad oggetto le modalità di accesso e di gestione delle risorse naturali e genetiche. Il principio di sovranità permanente degli Stati sulle risorse naturali, a seguito dell’emergere di nuovi interessi quali la tutela della biodiversità, la sostenibilità dei modelli di sviluppo perseguiti e l’equità tra generazioni, è stato messo in discussione. Ad esso è stato contrapposto quello del patrimonio comune dell’umanità, formulato in relazione alle risorse dei fondali oceanici, fondato su valori di tipo solidaristico e sulla conservazione dell’ambiente. In merito alle risorse genetiche è stato riaffermato il principio di sovranità, limitato dalla previsione di obblighi finalizzati all’equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro sfruttamento. L’accesso alle risorse acquisisce un ruolo fondamentale in relazione alla possibilità di ottenere la tutela brevettuale su invenzioni aventi ad oggetto biotecnologie.
La seconda parte della tesi propone l’analisi dei principali strumenti normativi internazionali e comunitari, della giurisprudenza dell’Ufficio europeo dei brevetti e delle più significative sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea e della Corte suprema degli Stati Uniti che hanno portato al riconoscimento della tutela brevettuale su organismi viventi. Prima di tale riconoscimento i costitutori di nuove varietà vegetali potevano ottenere protezione solo attraverso la privativa per ritrovati vegetali disciplinata dalla Convenzione UPOV. A seguito dell’Accordo TRIPs (che sancisce la brevettabilità in ogni settore della tecnica) si è aperta la strada alla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche. La Direttiva 98/44/CE costituisce il primo strumento normativo predisposto con la finalità di regolamentare le invenzioni biotecnologiche operando un’armonizzazione dei diritti nazionali degli Stati membri. Le problematiche che sono sorte dall’applicazione del diritto tradizionale industriale alle invenzioni biotecnologiche sono notevoli e riguardano diversi ambiti. A causa della forte tutela riconosciuta alla proprietà intellettuale e della mancata o scarsa previsione di disposizioni che impongano l’indicazione geografica della provenienza del materiale genetico, la tutela delle conoscenze tradizionali delle popolazioni indigene e l’equa ripartizione dei benefici derivanti dallo sfruttamento delle risorse biologiche e culturali dei Paesi in via di sviluppo, ha avuto origine il fenomeno della biopirateria.
A tale fenomeno, consistente nell’appropriazione non autorizzata di risorse genetiche da piante e animali del Sud del mondo e di conoscenze tradizionali delle popolazioni indigene sulle caratteristiche utili di tali risorse, è dedicata l’ultima parte dell’elaborato. Ripercorrendo un caso emblematico in materia (inerente il rilascio, negli Stati Uniti, di un brevetto avente ad oggetto una varietà di fagiolo giallo) vengono affrontate questioni ancora aperte che richiedono di essere definite. Per bilanciare i diversi interessi in gioco ed accogliere quelle istanze che domandano giustamente cittadinanza al diritto sarà necessario tenere nella giusta considerazione il rispetto dell’ambiente e della diversità biologica del pianeta. Questa è stata preservata per secoli, attraverso pratiche comunitarie e cooperative di scambio delle sementi tra agricoltori nei Paesi del Sud del mondo, le quali, in un numero pressoché infinito di operazioni di incrocio e di ibridazione, hanno contribuito all’individuazione delle specie più idonee all’ambiente che le circonda. Si tratta di incoraggiare questi comportamenti virtuosi che ci difendono dall’erosione della biodiversità. Sia la tutela brevettuale che la tutela speciale delle varietà vegetali sono incompatibili con la prosecuzione di queste pratiche. Gli assetti rigidamente proprietari tipici del diritto della proprietà intellettuale non dovrebbero applicarsi a risorse, come la materia vivente, che è un tipico bene comune. La teoria dei beni comuni, che va nella direzione esattamente opposta a quella dell’appropriabilità, sembra in effetti rappresentare la soluzione migliore per tutelare gli interessi di tutti e soprattutto l’unica in grado di garantire quell'equità e quel rispetto intragenerazionale ed intergenerazionale divenuti, oramai, improcrastinabili.









File