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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09202012-090804


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
GAMBINA, GIUSY LOREDANA
URN
etd-09202012-090804
Titolo
Le cooperative sociali: peculiarita contabili e fiscali con particolare riferimento all'istituto dei ristorni.
Dipartimento
ECONOMIA
Corso di studi
STRATEGIE E GOVERNO DELL'AZIENDA
Relatori
relatore Dott.ssa Talarico, Lucia
Parole chiave
  • ristorno
  • cooperative sociali
  • mutualità prevalente
Data inizio appello
11/10/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
11/10/2052
Riassunto
Con riferimento al ristorno, questo è sempre stato considerato come essenza stessa della cooperazione: con il ristorno viene, infatti, restituito al socio, in ragione dell’utilizzo dei servizi della cooperativa, quella parte del profitto risparmiato in seguito all’assunzione della veste di imprenditore da parte del consumatore o del lavoratore, sotto forma rispettivamente di risparmio di spesa o di incremento dei salari .
Già nel secolo scorso, il primo atto normativo dedicato alla cooperazione (R.D. 12 febbraio 1911, n. 278) assicurava al ristorno una particolare attenzione.
Era infatti prescritto che gli utili delle cooperative ammissibili ai pubblici appalti dovessero essere ripartiti in proporzione dei salari percepiti. In presenza di dipendenti terzi non ammessi a partecipare agli utili alle stesse condizioni dei soci, la cooperativa aveva l’obbligo di accantonare a riserva indivisibile la quota di utili che sarebbe loro spettata se fossero stati soci.
Lo scopo era quello di evitare che nel ristorno assegnato ai soci fosse compreso anche un utile realizzato nell’attività svolta con i dipendenti non soci.
Si tratta di una disciplina simile a quella vigente, almeno sotto alcuni profili, ma che con il fluire degli anni perse vigore precettivo (soprattutto per l’affermarsi di una cooperazione usa ad avere rapporti sempre maggiori con terzi non soci e ad impiegare gli utili da intermediazione al fine di incrementare il ristorno).
Il risultato fu quello di non distinguere più i risultati dell’attività con i soci da quella con i terzi e, conseguentemente, di ricorrere al ristorno come ad una semplice modalità di divisione degli utili, seppure diversa da quella dei dividendi.
Tale prassi è stata esercitata sino alla riforma del diritto societario, incrociando provvedimenti normativi importanti per il ristorno, anche sotto il profilo definitorio, nonostante alcuni di essi fossero finalizzati a dettare una disciplina fiscale.
Ad esempio, per le cooperative di lavoro, l’art. 11 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e l’art. 47, primo comma, lettera a) del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (oggi art. 50) indicavano il ristorno come integrazione o maggiorazione della remunerazione delle prestazioni lavorative dei soci rispetto ai “salari correnti”. Successivamente, la legge 3 aprile 2001, n. 142 ha qualificato l’istituto in esame come “trattamento economico ulteriore” rispetto ai livelli retributivi stabiliti dal CCNL di settore, richiamato dal regolamento interno della cooperativa, o ai compensi relativi a prestazioni lavorative di carattere autonomo.
L’art. 12 D.P.R. n. 601/1973, così come modificato dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388, facendo invece riferimento ai soci delle cooperative di consumo e ai soci che conferiscono beni o servizi alle cooperative, indica il ristorno come “somma ripartita tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggio compenso per i conferimenti effettuati”.
Tradizionalmente il ristorno è stato attribuito ai soci attraverso l’erogazione diretta o indiretta di somme di denaro. Ciò anche perché non vi era altra modalità, almeno fino a quando non è stato esplicitamente previsto il meccanismo dell’imputazione del ristorno ad incremento del capitale sociale (art. 6, comma 23, della legge n. 388/2000 e art. 3 della legge n. 142/2001).
Il punto di svolta è stato, come vedremo, il D.L. 15 aprile 2002, n. 63 (convertito in legge 15 giugno 2002, n. 112), provvedimento di carattere fiscale, emanato dopo l’approvazione della legge delega n. 366/2001 e, più precisamente, durante i lavori della Commissione Vietti.
Nonostante l’art. 6 di tale decreto (noto come decreto Tremonti) fosse sostanzialmente finalizzato ad aumentare l’imposizione fiscale a carico delle cooperative, seppure in via transitoria (la vigenza di tale provvedimento era limitata al biennio 2002/2003), alcune norme ivi contenute erano chiaramente rivolte al futuro e tra queste quella riferita al ristorno.
Troviamo conferma di tale assunto nella legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005), all’art. 1, comma 460.
Saranno in particolare alcune circolari emanate dall’Agenzia delle Entrate, esplicative della norma in esame, a dare un contributo importante alla disciplina complessiva del ristorno.
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