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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09182019-104050


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BARSOTTI, SARA
URN
etd-09182019-104050
Titolo
SUSSIDIARIETA' E PARTECIPAZIONE NELL'ESPERIENZA DEGLI ENTI LOCALI.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Fioritto, Alfredo
Parole chiave
  • sussidiarietà
  • partecipazione
  • enti locali
Data inizio appello
07/10/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
La sussidiarietà rappresenta un concetto che sin dai tempi più antichi ha suscitato un notevole interesse in ambito filosofico, politico e giuridico: il suo significato complesso connotato da accezioni positive e negative ha prodotto implicazioni tali da influenzare la storia socio-politica europea, se non mondiale.
Negli ultimi decenni questo interesse è accresciuto in seguito all'introduzione della sussidiarietà in molteplici fonti sovranazionali quale principio fondamentale, trovando conferma nelle disposizioni degli ordinamenti interni di molteplici Stati europei: in Italia la sussidiarietà ha infatti trovato un'ubicazione nel 2001 attraverso la riforma del Titolo V della Costituzione, in veste di vero e proprio principio regolatore dell'ordinamento.
Nonostante ciò, il principio di sussidiarietà e le sue possibili implicazioni continua a provocare un grande interesse, a partire dalle diverse opinioni dottrinali che a tutt'oggi vengono prodotte, fino a un vero e proprio coinvolgimento dell'opinione pubblica.
Obiettivo centrale del primo capitolo è dunque quello di analizzare in modo dettagliato, a partire proprio dalla sua introduzione nella Costituzione italiana, il principio di sussidiarietà, avendo particolare cura per l'elaborazione filosofico-politica che lo ha interessato nel corso dei secoli, fino all'analisi delle reazioni in ambito dottrinale e giurisprudenziale successive alla riforma costituzionale 3/2001.
Questa doppia impostazione avente come centro nevralgico la comparsa della sussidiarietà da un punto di vista di diritto sostanziale, permette di comprendere a fondo gli effetti che questo principio ha prodotto sui rapporti tra sfera pubblica e sfera privata e i plausibili sviluppi che esso possa originare nel futuro in ambito partecipativo.
La trattazione prosegue nel secondo capitolo con una analisi approfondita della giurisprudenza del giudice amministrativo in materia di sussidiarietà prodotta a seguito della riforma costituzionale del 2001, toccando una serie di ambiti quali il superamento del paradigma bipolare, l'erogazione di sovvenzioni finanziarie a soggetti “non profit” e a soggetti “for profit”, il cd. “diritto del Terzo settore” (includendo cenni alla recente riforma occorsa in materia con l'emanazione del Codice del Terzo settore), i criteri di organizzazione del Ministero della Salute, le questioni relative alla libertà di iniziativa economica e, parallelamente, alla libertà di scelta degli utenti e, infine, le istanze sorte relativamente ai temi della sicurezza privata e della tutela della fauna. L'analisi prosegue con una breve disamina, da un punto di vista normativo e dottrinale, della definizione tecnico-giuridica dei beni comuni, che a tutt'oggi risulta essere un tema capace di scatenare molteplici reazioni e dibattiti, concludendo con un commento alla storica sentenza del Consiglio di Stato 24 novembre 2017, n.26, giudicata da buona parte della dottrina quale espressiva del pieno assenso alla cd. “amministrazione condivisa”.
Si prosegue dunque con un'analisi degli elementi fondanti della coamministrazione, piena espressione pratica del principio di sussidiarietà orizzontale, per i cui valori l'Associazione Labsus, fondata dal Prof. Gregorio Arena, si sta battendo da anni, riportando, oltre alla storia e alla mission della suddetta, il Regolamento per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani adottato, in primis, dal Comune di Bologna, la cui esperienza è stata esemplare per gli Enti locali di tutta Italia, in un momento in cui peraltro era completamente assente la disciplina dedicata al Terzo settore.
Segue l'esame del concetto di “patto di collaborazione”, la cui iniziativa è totalmente demandata al cittadino singolo o in forma di aggregazione, che permette un raccordo tra la stesura del Regolamento e l'attivazione, da una parte, dell'azione del cittadino, dall'altro, dell'azione amministrativa volta a sostenere la sua iniziativa spontanea.
Vengono successivamente riportate le esperienze del Comune di Torino, del Comune di Genova e del Comune di Roma, in quanto si tratta delle prime grandi città che hanno seguito l'esempio di Bologna, pur apportando una serie di modifiche che hanno contribuito ad affinare la produzione regolamentare delineata dal capoluogo di Regione emiliano.
Da quanto si evince, in tutti i casi analizzati l'iniziativa ha avuto un discreto successo che cresce di anno in anno, con la proposizione di patti di collaborazione sempre più numerosi e variegati, segno inequivocabile, se si pensa anche all'esempio fornito dal Comune di Roma, di una vera e propria “rivoluzione dall'interno” che sta progressivamente avvicinando la cittadinanza e le Pubbliche Amministrazioni verso un rapporto sempre più alla pari e sempre meno bilaterale, in nome della cd. “cittadinanza attiva” e del principio di sussidiarietà orizzontale.
L'ultimo capitolo si concentra sull'esperienza relativamente recente in ambito sussidiario del Comune di Camaiore, sito in provincia di Lucca, la cui notevole ampiezza unitamente alla grande varietà di ambienti riscontrabile nel territorio hanno comportato l'esigenza di innescare un percorso percorso partecipativo che si è declinato nell'emanazione di due Regolamenti distinti, il Regolamento sulla partecipazione del 2014 e il Regolamento per la collaborazione tra cittadini e Amministrazione Comunale nella gestione e manutenzione di beni comunali per le attività di manutenzione obbligatoria. Di tali Regolamenti vengono evidenziati i principi e gli atti regolamentari ispiratori, con un'attenta osservazione degli elementi distintivi che hanno contribuito a rendere adatto il disposto normativo ad una realtà provinciale quale è quella camaiorese. Un occhio di riguardo è accordato all'esperienza particolare di tali regolamenti, di vengono enucleati gli aspetti critici e le difficoltà di attuazione e, di conseguenza, i tentativi di modifica, al fine di realizzare gli obiettivi preposti, in ottemperanza al principio di sussidiarietà orizzontale. L'esito dell'elaborato ha messo in luce il fatto che le esperienze poste in analisi e la concreta messa in pratica, o per meglio dire, l'effettivo raggiungimento di una capillare diffusione della cultura partecipativa non ha ottenuto risultati omogenei: se nelle grandi città o nei Comuni connotati da un tessuto sociale ed urbano composito si sono potuti notare dei risultati apprezzabili in termini statistici, lo stesso non si può dire delle realtà provinciali o delle comunità medio-piccole, pur con le dovute differenziazioni ed eccezioni.
Senza ombra di dubbio, e l'attività dell'Associazione LabSus ne è testimone, la recente crisi economica, connessa ad una forte e diffusa sfiducia nella classe politica e, più in generale, nei rapporti con le Istituzioni, hanno messo nuovamente in discussione il sistema valoriale, andando a ritoccare le modalità relazionali interne alla comunità e tornando in contatto con la natura empatica e socievole che Aristotele definiva essere propria dell'uomo: la diretta conseguenza sta in ciò che Feliciano Benvenuti ha definito libertà attiva1, ovverosia un cambio di rotta nel rapporto con l'ordine precostituito, con il quale il cittadino si sente di compartecipare nell'interesse della collettività. Dunque, essendo indubbio un forte richiamo da parte della società al valore sussidiario, che permea la cultura europea sin dall'antichità, è altrettanto evidente il fatto che “il nuovo cittadino” necessiti dei mezzi più adeguati per addivenire ad un lineare rapporto collaborativo con l'Amministrazione. Considerata la sua malleabilità, senz'altro la scelta dello strumento regolamentare si è rivelata in una fase iniziale più che sensata, tuttavia le incoerenti risposte ottenute denunciano un intoppo nell'ingranaggio.
Volendo fare una precisazione, è evidente come la dottrina necessiti ancora di fare chiarezza definitiva in punto di cultura partecipativa, poiché ancora si oscilla tra approccio idealistico e distaccato dalla realtà e un approccio più prudenziale ma che rischia di frenare il percorso: sicuramente la peculiarità del tema rende difficoltosa una risposta univoca, ma, volendo avanzare un'ipotesi, l'iter partecipativo potrebbe necessitare di un cambio di prospettiva, che tenga conto della crisi istituzionale delle Associazioni, le quali in molti casi non si sono rivelate il mezzo più adatto ad una costruttiva diffusione della cultura partecipativa, specialmente nelle piccole realtà.
In conclusione, è bene considerare come i progetti e i relativi Regolamenti sopra illustrati non rappresentino dei tentativi fallimentari, ma proprio come l'inizio di un iter dalla non facile risposta finalizzato a rinsaldare i rapporti sociali all'interno della comunità, la cui esigenza si fa sentire ormai da tempo.
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