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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09132008-130459


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
BUCCI, LEANDRO
Indirizzo email
lissan3@msn.com
URN
etd-09132008-130459
Titolo
Caratterizzazione geochimica delle acque sotterranee finalizzata alla individuazione di marker del percolato della discarica "Le Strillaie" - Grosseto
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE E TECNOLOGIE PER L'AMBIENTE ED IL TERRITORIO
Relatori
Relatore Dott. Falcone, Gemma
Relatore Dott. Guidi, Massimo
Parole chiave
  • Strillaie
  • trizio
  • PZ2
  • PZ6
Data inizio appello
03/10/2008
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
03/10/2048
Riassunto
Il presente lavoro si propone di approfondire lo stato di contaminazione delle acque sotterranee della discarica di RSU “Le Strillaie” (Grosseto) individuandone le possibili cause e le sorgenti di inquinamento. Tale discarica è stata oggetto di numerose campagne di monitoraggio volte a evidenziare la contaminazione indotta sul territorio. In particolare, a partire dal 2001, è stato elaborato dalla TEA di Pisa il Piano della Caratterizzazione dell’area come prevede il D.M. 471/99. A seguito dei risultati del Piano di Caratterizzazione la discarica è rientrata tra i siti di Interesse Nazionale (D.Lgs 152/06).
Per meglio evidenziare le dinamiche e le cause che possono aver determinato lo stato di contaminazione attuale, si è proceduto innanzitutto a inquadrare e caratterizzare il sito in cui si colloca la discarica dal punto di vista fisiografico-geomorfologico, idrogeologico e idrochimico, servendosi dei numerosi studi e caratterizzazioni fatte nel tempo sull’aerea in oggetto. Si è inoltre ricostruito l’assetto gestionale della discarica in tutti i suoi aspetti: smaltimento dei rifiuti, gestione del percolato, bonifica dei siti individuati come S.I.N..
Si è proceduto poi all’analisi degli studi effettuati fino ad oggi su tale area, da cui è risultato un quadro geologico ed idrochimico abbastanza complesso. Infatti la presenza di un cuneo salino che contamina con acqua di mare gli acquiferi superficiali, l'esistenza di argille di origine marina che danno luogo ad acque ricche di cloruri, l'intercalazione di strati di torbe ricche di materia organica, che determinano la presenza di condizioni redox e favoriscono la riduzione di solfati con ossidazione di materia organica, tutto ciò rende difficile l'utilizzo meccanico dei tradizionali traccianti di percolato, quali cloruri, COD, ammoniaca.
Per capire con certezza se ci sono, o ci sono state, contaminazioni delle acque da parte del percolato, si è quindi deciso, con il presente lavoro, di usare un marker caratteristico del percolato, che possa segnalare inconfutabilmente eventuali contaminazioni sui campioni considerati. Un importante aiuto in questo senso ci viene da un diverso tipo di trattamento dei dati chimici, che faccia uso di tecniche di statistica multivariata, e dall'utilizzo degli isotopi dell’acqua :18O, Deuterio e Trizio. I primi due (18O e D) vengono usati per identificare eventuali processi di miscelazione con acque di mare, evaporazione intensa, e comunque danno informazioni sull’origine delle acque in generale. Forti variazioni del contenuto di deuterio nelle acque sotterranee, quindi, oltre ad individuare la provenienza dell’acqua che penetra in discarica ed eventuali contaminazioni di percolato, può indicarne le quantità penetrate in falda [Fuganti et al., 2003].
Nel presente lavoro, tuttavia, non è stato possibile ricavare informazioni utili dal confronto delle concentrazioni di 18O e D, in quanto, per problemi interni ai laboratori del C.N.R. di Pisa, non sono ancora disponibili le analisi del deuterio, mentre si sono potute fare alcune considerazioni dal confronto dei valori di 18O con le concentrazioni di cloruri.
Il Trizio, invece, può essere impiegato come tracciante caratteristico di inquinamento da percolato, dato che il suo contento in questo liquido è centinaia di volte superiore a quello presente nelle acque naturali ( 3-5 UT) [A.Tazioli, G.Boschi, A.Carlini, 2002]. Il trizio, facendo parte della molecola d’acqua, ne segue il flusso e non risente né di rallentamenti o assorbimenti, né dei processi fisico-chimici e quindi dà informazioni molto più certe e utili dei soli dati idrochimici delle acque. A tal proposito nel maggio del 2008, contemporaneamente alla campagna di monitoraggio trimestrale della discarica “Le Strillaie”, è stato effettuato un campionamento su tutti i punti di monitoraggio delle acque di falda e del percolato da sottoporre a determinazione isotopica per 18O, 2H e 3H. Sono stati inoltre rivalutati i dati dei parametri idrochimici classici delle campagne precedenti, allo scopo di verificare l'esistenza di anomalie che permettano la identificazione di contaminazioni delle acque sotterranee da parte del percolato.
Le concentrazioni di trizio nei vari campioni di percolato non sono tra loro uguali, ma si differenziano innanzitutto in base all’età del liquido. I percolati “vecchi” campionati presentano valori che oscillano da 250-350 UT nelle VR, a 65 UT nel PZD1. Ciò è sicuramente dovuto al decadimento isotopico avvenuto in circa 30 anni. I percolati “giovani”, prelevati da vasche coltivate dal 2000 al 2002, presentano valori molto diversi fra vasche dedicate all’umido (sottovaglio) e vasche dedicate al secco (sovvallo). Nelle prime la concentrazione di trizio del percolato è di 1664 UT, mentre il percolato delle vasche del secco è di 157 UT. Tale differenza è dovuta alla merceologia del rifiuto stoccato, dato che il trizio è contenuto in materiali in genere più pesanti che vanno quindi a finire nella frazione del sottovaglio (rifiuti ospedalieri di medicina nucleare, vernici luminescenti, display e altri oggetti contenenti cristalli liquidi, sorgenti e apparecchiature luminose tipo GTLSs/GTLDs).
Tali differenze di concentrazioni tuttavia non permettono di definire un valore rappresentativo del percolato della discarica, e quindi di ricavare modelli di possibili percentuali di contaminazione e/o di individuare puntualmente le sorgenti contaminanti.
I dati di trizio hanno comunque mostrato una contaminazione evidente solo sul piezometro (PZ2) che presenta una concentrazione di trizio di 40,2 UT. Dal confronto con i tenori di trizio nei vari percolati, e dall’incrocio con altri dati idrogeologici e gestionali del sito, si suppone una contaminazione dovuta a sversamenti dalle vicine vasche di raccolta (VR2 e VR1) del percolato della vecchia discarica.
Le evidenze di contaminazione sul PZ6 mostrate dai tradizionali parametri chimici (valori estremamente elevati di ammoniaca, correlazione positiva della stessa con l'alcalinità e quella negativa con i solfati), non sono invece confermate dalle concentrazioni di trizio rilevate nello stesso piezometro (3,3 UT). Ciò non significa che non vi sia inquinamento da percolato, ma solo che tale inquinamento e avvenuto nei primi anni di attività (anni ’70). Nei 30 anni successivi, fino ad oggi, il percolato ha dimezzato per ben due volte la concentrazione di trizio originaria, fino a portarla a valori molto bassi, del tipo di quelli rilevati nei pozzi interni al corpo della vecchia discarica (PZD=65 UT). Oltre al decadimento, un contributo importante per l’abbattimento delle concentrazioni iniziali di trizio, lo ha fornito anche il fattore diluizione con altre acque, prima fra tutte l’acqua di falda stessa. La sommatoria di questi due fattori ha fatto si che attualmente le concentrazioni di trizio nel PZ6 siano molto basse rispetto a quelle attese da una contaminazione da percolato.
Non si può tuttavia escludere una contaminazione più recente, fra il 2003 e il 2005, come risulta dai dati chimici (alte concentrazioni di ammoniaca, correlate positivamente all'alcalinità e negativamente ai solfati). Tale contaminazione, avvenuta probabilmente durante le operazioni di bonifica, sarebbe avvenuta con un percolato molto vecchio, probabilmente analogo quello campionato nei PZD1 (65 UT), ma molto diluito dalle acque piovane prima ancora di entrare in falda. Si può ipotizzare quindi in questo caso la sommatoria di un doppio effetto di diluizione: quello da acqua piovana e quello da acqua di falda. Anche in questo caso la concentrazione finale di trizio in falda risulterebbe estremamente bassa, paragonabile a quella delle acque meteoriche, e quindi non mostrante evidenze di contaminazioni da percolato.
I valori di trizio degli altri piezometri, indiziati di possibili contaminazioni con percolato (PZ3, PZ4, PZ12 e PZ11) sono più bassi di 5 U.T., cosa che fa supporre circolazioni molto lente e quindi interazioni con argille magari di origine marina.
Quello che appare certo dai dati isotopici è che, attualmente, non ci sono contaminazioni estese da parte del percolato raccolto nelle vasche realizzate in sormonto alla vecchia discarica, la cui impermeabilizzazione è sufficiente ad evitare il contatto fra il percolato e l’acqua di falda.
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