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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09122014-192059


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
AIELLI, ELEONORA
URN
etd-09122014-192059
Titolo
Dalla "Programmazione" alla "Strategia" energetica nazionale
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Passalacqua, Michela
Parole chiave
  • programmazione energetica
  • PEN
  • Smart City
  • SEN
  • Strategia Energetica Nazionale
Data inizio appello
10/10/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
La politica energetica rappresenta uno degli elementi strategici fondamentali per lo sviluppo di ogni Paese. Ciò è vero tanto più oggi, poiché viviamo in un tempo che ci presenta sfide cruciali per il nostro futuro e per quello delle generazioni che verranno. Una di queste grandi sfide è di certo rappresentata dall’energia, specialmente se si considera che sarà necessario conciliare le legittime esigenze dello sviluppo economico con quelle, altrettanto ineludibili, dell’ambiente.
Il presente lavoro si propone di analizzare l’evoluzione dell’intervento pubblico nel settore dell’energia, che iniziò negli anni Cinquanta con l’istituzione dell’Ente nazionale idrocarburi (ENI) e la redazione, nel 1975, del primo Piano Energetico Nazionale.
L’obiettivo perseguito, in questa prima fase, mirava essenzialmente a rendere l’approvvigionamento di energia più ampio e sicuro attraverso la creazione di strutture finalizzate alla gestione della politica energetica, ma, con l’affermarsi di nuovi obiettivi, come la sicurezza degli approvvigionamenti e la tutela dell’ambiente, si creò la necessità di una radicale modifica della strumentazione giuridica con l’adozione della prima programmazione energetica.
Fu la crisi energetica del 1973 ad evidenziare l’esigenza di affrontare i problemi del settore in modo organico, e da quel momento ci fu un susseguirsi di Piani nazionali per la regolazione dell’energia, che inizialmente si caratterizzavano per un’opzione decisa ed univoca in favore delle centrali nucleari. Emerse subito la vulnerabilità di un sistema economico monopolizzato da un’unica fonte di energia, anche se la scelta a favore del nucleare venne confermata come unica fonte capace di garantire una relativa autonomia ad un paese praticamente privo di risorse energetiche proprie.
Solo nell’aprile 1986, con l’esplosione della centrale di Chernobyl, si assistette ad un rapido ripensamento sulla strategia energetica attuata fino a quel momento e il Consiglio dei Ministri, il 10 agosto 1988, approvò l’ultimo Piano energetico nazionale, con il quale le energie rinnovabili iniziarono a giocare un ruolo decisivo.
Con tale piano poteva dirsi conclusa la vicenda della pianificazione energetica nazionale, fino a quando il carattere stringente degli obiettivi delineati dall’Unione europea, nel comparto delle fonti rinnovabili, ha imposto un intervento pubblico diretto a garantire il raggiungimento degli obiettivi di carattere ambientale e politico-strategico, fissati a livello comunitario. Questa esigenza nasce dalla convinzione che i meccanismi di mercato, presenti in tale settore, non possono garantire il raggiungimento dei fondamentali interessi generali, di sostenibilità ambientale e di autosufficienza dell’approvvigionamento, indicati dal diritto europeo.
La politica energetica si pone, quindi, ai vertici dell’agenda comunitaria, ed è così che le Istituzioni europee sviluppano una serie di documenti programmatici finalizzati alla disciplina del settore, ma ciò può tradursi in una reale e concreta implementazione delle fonti rinnovabili solo con una fattiva collaborazione da parte degli Stati membri.
Così, dopo più di un ventennio, riemerge la necessità di un’attività di indirizzo e programmazione da parte dei poteri pubblici sotto la nuova denominazione Strategia Energetica Nazionale, approvata l’8 marzo 2013. Si tratta di una programmazione che deve assumere, concretizzare e perseguire le priorità esplicitate dalla disciplina europea, indicando gli adempimenti e le misure operative adeguate a conseguirle. Ha la funzione di tracciare la direzione di sviluppo del settore, le principali scelte strategiche e le priorità, in modo da orientare le decisioni e le scelte della classe politica per gli anni a venire, pur sapendo di agire in un contesto di libero mercato caratterizzato da logiche di sviluppo non controllabili centralmente.
In tale situazione la domanda di energia primaria ha cominciato a diminuire grazie alla contrazione dell’apporto da fonti fossili e alla crescita dell’utilizzo di energie rinnovabili (pari al 10% secondo il rapporto ENEA 2013), ma questi risultati non sono giustificati soltanto dall’attuale quadro normativo, ma dall’ulteriore spinta che deriva anche dal sistema di incentivazione previsto a livello nazionale, ma anche europeo.
Emerge, così, l’importanza di analizzare il sistema di sostegno economico, che nasce già nel 1992 con il provvedimento CIP6/92 e giunge a meccanismi di incentivazione più complessi, quali i certificati verdi o i Titoli di Efficienza Energetica, utilizzati anche nell’Unione Europea.
Numerosi sono gli attori che intervengono in questo lungo percorso che conduce a quella che è l’attuale disciplina della politica energetica nazionale. Il governo ha, senz’altro, il ruolo centrale, quello di attore protagonista, ma le amministrazioni locali, nel corso degli anni, si sono viste assegnare crescenti competenze ed hanno sperimentato un’ampia serie di strumenti finalizzati al loro concreto esercizio. La concertazione tra regioni, province e comuni è un processo che si è reso necessario per l’attuazione di una pianificazione energetica uniforme, già a partire dalla l. 9/1991. La vicinanza ed il contatto diretto con i consumatori finali consentono agli enti locali di svolgere una politica energetica più concreta, la cui opera si integra sinergicamente con le misure prese a livello centrale.
Anche a livello internazionale, è stato rilanciato l’impegno degli enti locali per il loro ruolo chiave nell’attuazione della politica energetica, sia durante il Vertice per lo sviluppo sostenibile, tenutosi a Johannesburg nel 2002, sia con l’iniziativa del Patto dei Sindaci intrapresa dalla Commissione europea, nel 2008, e finalizzata a coinvolgere attivamente le città europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale.
Gli enti locali, per realizzare l’obiettivo cui è diretto il Patto, devono predisporre misure idonee al perseguimento dell’efficienza energetica e alla promozione, produzione ed utilizzo delle fonti rinnovabili, attraverso la realizzazione di interventi concreti in materia di energia sostenibile.
Ed è proprio la sostenibilità l’elemento chiave che delinea la politica energetica di questi ultimi anni, i cui risultati positivi cominciano a vedersi solo nel momento in cui ci si rende conto che lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo e l’impatto che le attività umane hanno sull’ambiente non possono avvenire in maniera indiscriminata, ma vanno controllate in modo da minimizzare le loro conseguenze nocive.
Per ottenere ciò è necessaria la creazione di una rete su scala europea ed internazionale ed una politica di integrazione dei rispettivi obiettivi all’interno di un quadro strategico più ampio, capace di rispondere alle esigenze della transizione in atto, contemplando non solo l’aspetto più propriamente economico e politico, ma anche e soprattutto quello ambientale. E per fare questo le città dovranno essere pronte ad innovarsi, superando molte barriere e acquisendo nuove capacità; l’obiettivo sarà quello di realizzare realtà sociali orientandone lo sviluppo verso una forma di crescita sostenibile: creando quelle che sono definite Smart City.
Le Smart Cities sono le città del futuro, che sviluppano le novità tecnologiche e costituiscono uno spazio fisico perfettamente integrato con i soggetti che la abitano, diventando un modello urbano in grado di offrire un’elevata qualità della vita e favorendo la crescita personale, sociale ed economica del cittadino.
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