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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09042014-212549


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BARICCI, FEDERICO
URN
etd-09042014-212549
Titolo
Ruzante, Dialogo facetissimo. Edizione critica e commento
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LETTERATURE E FILOLOGIE EUROPEE
Relatori
relatore Prof. Tavoni, Mirko
controrelatore Prof. D'Onghia, Luca
correlatore Prof. Ciociola, Claudio
Parole chiave
  • Alvise Cornaro
  • Ruzante
Data inizio appello
29/09/2014
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
29/09/2084
Riassunto
La tesi propone una nuova edizione critica del Dialogo facetissimo di Ruzante, condotta secondo i principi della textual bibliography e accompagnata da una traduzione in italiano, da un commento puntuale esegetico e letterario e da spogli linguistici.
Il Dialogo facetissimo, che il Lovarini intitolò Menego dal nome del protagonista, è per cronologia il primo dei tre dialoghi ruzantiani. La trasmissione del testo è interamente affidata a edizioni a stampa cinque e seicentesche, non essendoci giunto alcun testimone manoscritto. L’editio princeps fu stampata nel 1554 a Venezia da Stefano di Alessi (con riemissione nel 1555) e successivamente il testo seguì il destino editoriale della maggior parte delle opere ruzantiane, figurando nelle edizioni complessive, prima veneziane: Domenico de’ Farri (1561), Giovanni Bonadio (1565), poi vicentine: Giorgio Greco (1584), Eredi Perin (1598), Domenico Amadio (1617).
Le edizioni moderne di cui disponiamo sono quelle di Ludovico Zorzi (1967) e Giorgio Padoan (1981). Nel 1940 il Lovarini offrì una traduzione piuttosto libera del testo basandosi sull’edizione Greco, mentre fu Zorzi il primo a fare riferimento alla princeps, pur non fornendo alcuna indicazione in merito ai rapporti tra le edizioni a stampa. L’edizione Zorzi presenta numerosi problemi relativi all’interpretazione puntuale del testo e alla restituzione della grafia della princeps, benché le note relative all’inquadramento storico dell’opera rimangano di estremo interesse. L’edizione Padoan, infine, chiarisce i rapporti tra le diverse edizioni, giustificando il ricorso alla princeps, e migliora il testo in alcuni punti, ma si rivela piuttosto povera per quanto riguarda il commento al testo, per il quale si rende spesso necessario il ritorno all’edizione Zorzi.
Come si vede, nessuna delle precedenti edizioni risulta condotta secondo i principi della textual bibliography, che prevede la collazione di più esemplari della stessa edizione a stampa, né include una descrizione linguistica del testo, aspetto che dovrebbe costituire l’obiettivo principale delle nuove edizioni dell’opera di Ruzante, essendo auspicabile una nuova descrizione fonetica, morfologica e sintattica del dialetto pavano, che sostituisca l’ormai datato lavoro di Wendriner (1889). Le più recenti edizioni di opere ruzantiane, inoltre, come la Moschetta a cura di Luca D’Onghia (2010) e la Piovana e la Vaccaria a cura di Chiara Schiavon (2010), presentano una rinnovata attenzione all’interpretazione linguistica del testo e criteri editoriali più rigorosi che occorre applicare all’intero corpus delle opere del Beolco.
Il lavoro risulta diviso in quattro sezioni: 1. introduzione volta a ricostruire il contesto dell’opera e a metterne in luce alcuni aspetti di tipo letterario; 2. descrizione delle edizioni a stampa e ricostruzione dei loro rapporti reciproci; 3. nota al testo con l’illustrazione dei criteri editoriali seguiti; 4. edizione critica accompagnata da una traduzione letterale in italiano, note di commento linguistico e interpretativo e apparato critico.
L’introduzione affronta una serie di problematiche di carattere letterario, mirando a collocare attentamente il Dialogo nel contesto dell’intera produzione ruzantiana. Il primo aspetto su cui ci si è soffermati è quello della datazione dell’opera, indicata da una nota presente sul frontespizio della princeps («Recitato a Fosson alla caccia, l’anno della carestia, 1528»). Padoan propose di intendere more veneto tale data, riportandola quindi al 1529 (che il mese sia gennaio si deduce da un riferimento interno al testo), mentre Antonio Daniele, in un articolo del 2004, suggerì di fissare al 1528 la data della composizione e della recita dell’opera. Sono stati poi analizzati i rapporti del Dialogo facetissimo con il resto della produzione ruzantiana, in particolar modo con il Parlamento, la Moschetta, la Seconda oratione e la Lettera all’Alvarotto, valorizzando la revisione della cronologia relativa delle opere ruzantiane operata da Padoan, che, invertendo i rapporti tra i Due dialoghi (Parlamento e Bilora) e il Facetissimo, consente di leggere i frequenti e cospicui travasi testuali da un dialogo all’altro in modo assai diverso da quanto facevano Zorzi e Lovarini, persuasi che il nostro fosse in gran parte intessuto di momenti prelevati di peso dalla produzione precedente. In due capitoli dell’introduzione, il Dialogo facetissimo è stato analizzato come vero e proprio banco di prova per intere sezioni di opere successive, Parlamento e Moschetta in testa, conducendo un’analisi dell’evoluzione linguistica e drammatica alla quale vanno incontro tutti i passi in seguito riscritti.
La seconda sezione contiene una descrizione delle sei edizioni cinque e seicentesche e illustra i criteri editoriali che sono stati seguiti per l’edizione del testo. È stata fornita innanzitutto la collazione integrale di ciascuna edizione rispetto alla precedente, grazie alla quale è stato possibile dimostrare che ognuna di esse risulta descripta da quella immediatamente anteriore. Inoltre, sono stati collazionati 11 dei 17 esemplari noti dell’editio princeps, che in ragione di un errore a pagina 20 (l’inversione dei primi caratteri dei righi 1 e 2) possono essere divisi in due famiglie: la prima, dove tale errore è stato corretto, e la seconda, caratterizzata dalla presenza dell’errore.
Nella sezione successiva sono stati elencati i criteri editoriali seguiti per l’edizione del testo, che si caratterizzano rispetto a quelli degli editori precedenti per un maggiore rispetto degli usi grafici della princeps e per l’impiego più insistito e rigoroso di diacritici volti a facilitare l’interpretazione del testo.
L’edizione è seguita da due fasce d’apparato. Nella prima sono registrate le lezioni della princeps diverse da quelle messe a testo, mentre nella seconda si sono elencate le scelte divergenti dei precedenti editori.
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