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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09042014-150057


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
CHICCA, ANDREA
URN
etd-09042014-150057
Titolo
Dal servizio di leva alle missioni umanitarie: il mutamento dell'immagine dei militari nella cultura popolare dalla contestazione del 1968 fino alla strage di Nassiriya
Settore scientifico disciplinare
M-STO/04
Corso di studi
STORIA
Relatori
tutor Prof. Banti, Alberto Mario
Parole chiave
  • storia culturale
  • periodici
  • militari
  • film
  • esercito italiano
Data inizio appello
01/12/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione

Nella chiesa romana si onora il sacrificio di due alpini, morti a Kabul per fare il loro dovere e guadagnare un pugno di euro in più. Fuori invece va in scena l'ingorgo dello status symbol: decine e decine di auto blu, tutte con autista, che cercano di depositare le autorità al riparo dalla pioggia. E poi trovare un parcheggio.1

Alla morte di ogni soldato italiano in missione all'estero la basilica di Santa Maria degli Angeli, la chiesa utilizzata dallo stato per le sue funzioni, è gremita di politici di ogni colore: ministri, sottosegretari, onorevoli, segretari di partito: tutti devono essere presenti a un dolore privato che diventa anche un rituale pubblico
Ad ogni funerale di soldato italiano morto all'estero questa scena si ripete: la politica rinnova i suoi riti, e per mezzo dei suoi rappresentanti più autorevoli convince la nazione della giustezza di mantenere la pace nel mondo morendo nei deserti dell'Afghanistan o dell'Iraq perché gli interessi nazionali si troverebbero molto al di là dei nostri confini.
Ne sono un esempio i funerali delle vittime di Nassiriya nel 2003: i politici erano in prima fila, mentre alcuni familiari hanno trovato posto solo in piedi, verso l'uscita della chiesa.
Il lutto della nazione quando muoiono i soldati italiani all'estero è diventato un rituale canonizzato: le salme sono accolte all'aeroporto militare di Ciampino da qualche alta personalità, a volte persino il presidente della Repubblica, e portate alla basilica di Santa Maria degli Angeli per un rituale pubblico.

Si potrebbe ipotizzare che durante il servizio militare di leva non ci siano stati decessi, e che l'Italia non fosse quindi abituata a veder morire i propri militari; per questo ognuno di loro oggi diventa un eroe, anche se muore di malaria o mentre fa jogging.
In realtà molte persone sono morte o hanno subito menomazioni durante il servizio militare di leva, prima delle missioni di pace all'estero, iniziate stabilmente nel 1992. I molti decessi, a volte a causa dell'inefficienza della sanità militare, sono passati sotto silenzio, ma questo silenzio ha riguardato anche i pochi caduti nel mantenimento della pace internazionale. I caduti nell'eccidio di Kindu del 1961 ebbero la medaglia d'oro al valor militare alla memoria solo nel 1994, più di trent'anni dopo. Uno dei primi morti nelle missioni di peace-keeping, il capitano Carlo Olivieri, ha ricevuto una medaglia solo nel 1991, ben diciotto anni dopo il suo decesso, avvenuto all'inizio della guerra del Kippur. Non si sa se alte personalità fossero presenti ai funerali, ciò che è certo è che la sua morte venne ignorata dalla quasi totalità della stampa.
La costruzione delle nostre glorie militari come soldati e portatori di pace, quindi, non si è imposta subito all'opinione pubblica italiana, e non è stata, fino agli anni '90, uno dei pilastri del concetto di nazione.

Questa tesi si propone di indagare la presentazione che viene fatta dei militari in quasi quarant'anni di storia italiana, dal 1968, l'anno della contestazione, al 2003, l'anno della strage di Nassiriya; scopo è osservare quali siano le fondamenta di questo mito e quale fosse l'immagine dei soldati negli anni precedenti a questa costruzione.
Dal campo di ricerca della prima parte di questo lavoro è stata esclusa la stampa quotidiana e quella di approfondimento politico; si è preferito concentrarsi su periodici di costume a grande tiratura come "Oggi" e "Gente", e sul settimanale cattolico "Famiglia Cristiana". Nella seconda parte si è trattato di mezzi più propriamente popolari come i fumetti e il cinema.
Le testate utilizzate per la prima parte sono state scelte perché popolari, a grandissima tiratura, ufficialmente non politicizzate, e perché i loro lettori vi ricercavano principalmente notizie che non avevano niente a che fare con la vita militare. La persone che leggevano "Oggi" o "Gente" erano infatti interessate alle feste dei divi, agli amori della famiglia reale in esilio e alle vicende, spesso presenti, della famiglia Mussolini. Con la lettura di articoli sull'esercito, sui militari e sulla politica si esercitava un orientamento a favore della maggioranza di governo e si ribadiva, nonostante gli scandali, nonostante il nonnismo, nonostante i graduati autoritari, che il paese e le sue forze armate erano sani.
Le riviste prese in esame hanno grandi tirature, ma queste, anche se importanti, non danno la dimensione della circolazione delle copie dei tre settimanali presi in esame.
Questo genere di produzione editoriale infatti viene lasciato nelle sale d'aspetto dei medici e degli uffici e quindi ogni copia passa di mano molte volte prima di essere gettata. Il carattere, per “Oggi” e “Gente”, di periodici di costume, adatti, appunto, ad essere lasciati in luoghi pubblici per intrattenere le persone, fa sì che coloro che le sfogliano non siano solamente lettori intenzionali. Per “Famiglia Cristiana” il fatto che sia spesso comprata da parrocchie e oratori fa sì che il pubblico potenziale sia quello dei cattolici praticanti italiani, in diminuzione negli anni 2000, ma altissimo nei primi anni di diffusione della rivista.
Nel periodo preso in esame le copie vendute da “Oggi” e da “Gente” si sono mantenute stabilmente oltre le 600.000 per il settimanale della Rizzoli fino al 1990, e sopra le 500.000 per il periodico della Rusconi. Nel 1990 “Gente” vendeva 755.000 copie, contro le 613.000 di “Oggi”.2
“Famiglia Cristiana”, invece, si colloca ben al di sopra delle vendite dei giornali precedenti, superando durante gli anni '70 e fino ai '90 il milione di copie, anche grazie alla distribuzione tramite le parrocchie e l'associazionismo cattolico.3
“Oggi” e “Gente” hanno lo stesso pubblico di riferimento e si contendono i lettori: non sono settimanali femminili come “Anna”, “Gioia” o “Cosmopolitan”, ma hanno un pubblico in prevalenza femminile, benché vengano letti anche da maschi. Il pubblico dei giornali è vario, ma solitamente di cultura medio bassa e avanti con gli anni, come dimostrano i molti servizi sulle glorie delle guerre passate o, con gli anni '80 e l'esplosione del culto di Padre Pio, dei miracoli del frate di Pietralcina, soprattutto in “Gente”. Come nota Ugo Volli:

La lettura di un settimanale non è mai un “genere di prima necessità”, né sul piano informativo né su quello dell'intrattenimento e della condivisione dei gusti e degli interessi (che sono i motivi fondamentali del consumo di comunicazione di massa). Non si apprende da un settimanale né lo scoppio di un guerra, né l'ubicazione di una farmacia aperta o il programma di un cinema, né la propria identità sociale[...]
Le notizie che un settimanale può dare, se sono significative, in linea di massima sono state ricevute prima dalla televisione e poi dai quotidiani; si tratta dunque di una “terza lettura”, che si giustifica solo con un taglio particolare, con un'identificazione forte di valori e interessi.[...]
Le sorelle Carlucci, Clinton, il campionato di calcio, la Lega Nord, la ricerca biologica trovano posto su “Novella 2000”, su “Panorama” e su “Gente”; la differenza sta negli spazi, nell'ordinamento e nell'inquadratura delle notizie, nella conoscenza presupposta dal lettore.4

“Oggi” e “Gente” presentano caratteristiche simili e si possono collocare a metà tra “Panorama” e “Novella 2000”: vi sono articoli ed editoriali in cui si prende posizione sui fatti politici, ma la gran parte dei servizi è dedicata alle cronache mondane, ai consigli pratici e ai fatti di costume.
"Famiglia Cristiana" presenta alcune caratteristiche particolari, che la differenziano in parte dagli altri due periodici: era distribuito nelle parrocchie e spesso letto per i suoi articoli di argomento religioso; anche qui il servizio militare e il ruolo delle forze armate erano argomenti secondari, ma venivano così a conoscenza di un pubblico molto variegato per idee e convinzioni, dai cattolici conservatori al cattolicesimo democratico nato dopo il Concilio Vaticano II.
Tutte queste persone, che spesso dibattono nelle interessanti "Lettere" al settimanale, pur essendo espressione di un mondo molto diverso al suo interno, leggono gli stessi articoli sull'esercito e la leva, formandosi quindi un'opinione grazie al settimanale cattolico.
La scelta dei settimanali è quindi motivata dal fatto che questi siano una lettura di “terza scelta”, che rispecchia valori di appartenenza più che fornire notizie. Coloro che acquistano una copia di “Oggi” e “Gente”, cercano una lettura d'evasione e desiderano far parte di un mondo di dive, teste coronate, ricchi imprenditori. A lato dei servizi principali dei settimanali, nel presentare l'attualità politica e i problemi del paese, i direttori e i giornalisti ne danno una presentazione funzionale all'universo piccolo-borghese di riferimento dei lettori.
Un modo nuovo di presentare i militari in missione all'estero ha inizio con la morte di Filippo Montesi, giovane marò di leva caduto nel 1983 durante la missione di mantenimento della pace in Libano. Se la morte di Olivieri era avvenuta nel silenzio della stampa, Montesi riceve invece notevole attenzione mediatica, divenendo il prototipo del caduto nelle missioni all'estero.
Il rituale pubblico era ancora da perfezionare e i funerali si svolsero a Pesaro, vicino alla sua città natale; egli ricevette solo una semplice croce di guerra, a fronte di medaglie d'oro al valore dell'esercito che saranno concesse poi a morti di malattia. Ciò nonostante, per l'opinione pubblica è lui, e non Carlo Olivieri, il primo caduto in una missione di pace.
Con l'impegno internazionale dell'Italia all'estero, iniziato stabilmente con la guerra del Golfo, la retorica che si era usata in Libano per la morte di Montesi viene affinata e fatta propria dai media: stampa, televisione, radio. È infatti con la guerra del Golfo e in seguito con la missione in Somalia che la costruzione dell'italiano come portatore di pace e buon soldato si impone all'opinione pubblica; viene fatta propria anche dalla stampa periodica presa in esame, accanto ai fatti di costume.
Proprio perché queste testate trattano di tutt'altro vengono lette da un pubblico meno politicizzato e più suggestionabile da una storia confezionata con buona dose di sentimento, abnegazione al dovere e commozione.
Nassiriya è stata il punto di arrivo di questo processo: tutti i partiti politici, dai postfascisti ai postcomunisti, hanno aderito alla retorica nazionale di quei giorni, accettando senza riserve l'immagine del soldato come costruttore di pace.
I periodici, anche "Famiglia Cristiana" che era contraria alla guerra, hanno magnificato le virtù dei soldati italiani; il settimanale cattolico è giunto ad affermare in un articolo del presidente di Pax Christi, Tommaso Valentinetti, che colui che manifesta per la pace e il soldato in missione umanitaria percorrono lo stesso sentiero. Con Nassiriya si è imposto dunque un pensiero unico e un modo di guardare alle vittime che le ha per sempre canonizzate in una retorica funzionale ai disegni dello Stato.

Il secondo tipo di fonte preso in esame in questo lavoro sono i film, le fiction e i fumetti riguardanti la vita militare.
Il percorso, autonomo fino a un certo punto da quello dei settimanali, inizia poi a convergere con quello della carta stampata, e il paradigma del soldato di pace si impone anche nel cinema (nonostante i molti film nei quali l'esperienza della leva è messa alla berlina).
Per un certo periodo a determinati prodotti cinematografici ne corrispondono di grafici. Il fumetto, però, dopo gli anni '90 diviene sempre meno una forma di intrattenimento popolare e acquista il ruolo di mezzo di comunicazione colto, che si esprime attraverso la forma più raffinata della graphic-novel; da questo momento il cinema e la fiction restano i mezzi privilegiati con cui si forma l'immagine dei militari italiani.
Con gli anni '60 abbiamo molti film di guerra a basso costo a imitazione dei modelli americani: ambientati nella seconda guerra mondiale, con trame avventurose, vi si celebrano il valore e il coraggio. Questi lungometraggi hanno come specchio i fumetti di guerra, spesso pensati per il mercato inglese, disegnati in Italia o in Sudamerica (e poi riproposti in Italia su licenza). Si tratta, per tutte e due le fonti, di prodotti popolari, adatti a un pubblico non molto colto e con storie elementari e lineari.
Nei fumetti, di solito, l'universo femminile, è quasi assente, e le storie preferiscono concentrarsi sul valore e il coraggio maschili. Nei film sui militari, di cui un esempio sono i "musicarelli", le donne sono presenti, la storia d'amore è sempre casta e sottintende una morale sessuale tradizionale, derivata dalla mentalità contadina. Gli scherzi in caserma e il nonnismo sono assenti; l'aspetto deteriore della vita militare che viene presentato è invece quello della posizione di potere per ottenere piccoli vantaggi personali, spesso indirizzati ad ottenere lo status della classe sociale più elevata.
Con gli anni '70 e l'avvento della commedia scollacciata, i film diventano farse volgari, nelle quali è esagerato in modo comico il mondo militare, e la censura su alcune delle peggiori situazioni in caserma viene meno; vi sono gli scherzi tipici del nonnismo, viene presentato il sesso (in varie forme: riviste pornografiche, prostitute, apprezzamenti alle ragazze) come una delle ossessioni del servizio militare. Ciò accade in parallelo anche per i fumetti erotici a basso costo, che condividono il linguaggio e le aspirazioni dei soldati con le commedie.
La commedia di questo tipo inizia a decadere con l'inizio degli anni '80, ma i suoi cliché, i suoi registi, i suoi sceneggiatori, e in parte i suoi attori, entrano nelle nuove serie sui militari che riescono, utilizzando la struttura dei vecchi prodotti, a presentare i militari come seri ed efficienti.
All'inizio degli anni '90 il cambiamento nella presentazione dei militari avviene con i prodotti per la televisione: "College", "Classe di ferro" e "Aquile". Qui si riprendono i temi della commedia degli anni '70, depurati delle volgarità più evidenti e dei toni più caricaturali; si presentano i militari come buontemponi dediti agli scherzi, ma efficienti quando si tratta di svolgere compiti seri.
Lo slittamento nella presentazione dei militari è poi diventato definitivo negli anni 2000: vengono abbandonati i cliché della commedia e, tramite prodotti di largo consumo come le fiction, l'immagine dell'italiano portatore di pace viene canonizzata e resa accessibile a un pubblico più vasto di quello che occupa gli schermi cinematografici.
I prodotti più seri e ragionati, interessanti anche da un punto di vista cinematografico, non raggiungono gli ascolti e le cifre dei film per la televisione, e quindi restano confinati a un mercato di appassionati o quasi.
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