Tesi etd-09022013-162439 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
MORI UBALDINI, FRANCESCA
URN
etd-09022013-162439
Titolo
Rapporti tra A. simplex e manifestazioni allergiche: confronto tra metodiche che rilevano la sensibilizzazione verso antigeni del parassita.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Bruschi, Fabrizio
Parole chiave
- allergia ad anisakis
- anisakidosi gastro allergica
- anisakis
- diagnosi di anisakidosi
- immunoCAP
- Western Blot
Data inizio appello
24/09/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’anisakidosi è una parassitosi umana dovuta all’ingestione accidentale di larve di anisakidi attraverso il consumo di prodotti ittici crudi o poco cotti. Questi nematodi utilizzano piccoli crostacei, plancton e varie specie di pesci come ospiti paratenici e hanno come ospiti definitivi i mammiferi marini, mentre l’uomo si configura come ospite accidentale.
Anche se circa il 90% delle segnalazioni di anisakidosi proviene dal Giappone (dove il consumo di carne di pesce cruda è diffusissimo) questa zoonosi rappresenta un problema di sanità pubblica in crescente diffusione in tutto il mondo, sia per l’aumentata consapevolezza clinica di tale patologia, sia per la globalizzazione nel consumo di generi alimentari che si è verificata negli ultimi anni nel mondo occidentale.
Una volta ingerita la larva vitale L3 penetra le pareti gastrointestinali e rilascia i propri prodotti metabolici; l’esposizione antigenica provoca la sensibilizzazione dell’ospite e lo sviluppo di una risposta allergica di tipo Th2. La presentazione clinica tipica prende il nome di anisakidosi gastro-allergica e prevede la comparsa di un granuloma eosinofilico, di sintomi di natura gastrointestinale e sintomi di tipo allergico anche molto gravi, fino allo shock anafilattico.
Nel corso degli anni è stato però evidenziato che anche l’ingestione pesce cotto può provocare la comparsa di una sintomatologia per molti versi sovrapponibile a quella delle allergie alimentari; la cottura della carne, infatti, uccide il parassita ma non diminuisce la potenza di alcuni allergeni termostabili.
Le reazioni di ipersensibilità associate all’ingestione di larve morte di anisakidi sono probabilmente una forma di presentazione clinica più diffusa dell’infezione stessa, e questo pone a rischio il consumo di prodotti precedentemente considerati sicuri.
In primo luogo, questa tesi descrive la patogenesi , i meccanismi immunopatologici e le manifestazioni cliniche associate all’esposizione agli anisakidi, sia per quanto riguarda l’infezione con larve vitali, sia per quanto concerne le altre vie di esposizione antigenica.
La diagnosi di anisakidosi e di allergia ad Anisakis si basa, oltre che su un’anamnesi e un prick-test positivi, su analisi sierologiche che valutano la presenza di IgE specifiche anti-Anisakis.
L’interpretazione di questi test è però complicata dal fatto che gli antigeni maggiori di Anisakis possiedono un’intensa cross-reattività sia verso nematodi ad esso strettamente correlati, sia verso parassiti dell’ordine degli Ascaridi, e infine verso alcuni allergeni ambientali o alimentari. Specialmente per questo motivo, i test diagnostici ad oggi disponibili hanno una bassa specificità, risultando in un’alta incidenza di falsi positivi.
L’obiettivo sperimentale del seguente lavoro è quello di confrontare la sensibilità e la specificità di due metodiche diagnostiche utilizzabili per la diagnosi, ovvero una metodica di ImmunoCAP e una metodica di Western Blot.
Un gruppo di sieri risultati positivi all’immunoCAP per la presenza di IgE specifiche anti-Anisakis è stato successivamente testato tramite Western Blot; i risultati emersi vengono dunque comparati e discussi.
Anche se circa il 90% delle segnalazioni di anisakidosi proviene dal Giappone (dove il consumo di carne di pesce cruda è diffusissimo) questa zoonosi rappresenta un problema di sanità pubblica in crescente diffusione in tutto il mondo, sia per l’aumentata consapevolezza clinica di tale patologia, sia per la globalizzazione nel consumo di generi alimentari che si è verificata negli ultimi anni nel mondo occidentale.
Una volta ingerita la larva vitale L3 penetra le pareti gastrointestinali e rilascia i propri prodotti metabolici; l’esposizione antigenica provoca la sensibilizzazione dell’ospite e lo sviluppo di una risposta allergica di tipo Th2. La presentazione clinica tipica prende il nome di anisakidosi gastro-allergica e prevede la comparsa di un granuloma eosinofilico, di sintomi di natura gastrointestinale e sintomi di tipo allergico anche molto gravi, fino allo shock anafilattico.
Nel corso degli anni è stato però evidenziato che anche l’ingestione pesce cotto può provocare la comparsa di una sintomatologia per molti versi sovrapponibile a quella delle allergie alimentari; la cottura della carne, infatti, uccide il parassita ma non diminuisce la potenza di alcuni allergeni termostabili.
Le reazioni di ipersensibilità associate all’ingestione di larve morte di anisakidi sono probabilmente una forma di presentazione clinica più diffusa dell’infezione stessa, e questo pone a rischio il consumo di prodotti precedentemente considerati sicuri.
In primo luogo, questa tesi descrive la patogenesi , i meccanismi immunopatologici e le manifestazioni cliniche associate all’esposizione agli anisakidi, sia per quanto riguarda l’infezione con larve vitali, sia per quanto concerne le altre vie di esposizione antigenica.
La diagnosi di anisakidosi e di allergia ad Anisakis si basa, oltre che su un’anamnesi e un prick-test positivi, su analisi sierologiche che valutano la presenza di IgE specifiche anti-Anisakis.
L’interpretazione di questi test è però complicata dal fatto che gli antigeni maggiori di Anisakis possiedono un’intensa cross-reattività sia verso nematodi ad esso strettamente correlati, sia verso parassiti dell’ordine degli Ascaridi, e infine verso alcuni allergeni ambientali o alimentari. Specialmente per questo motivo, i test diagnostici ad oggi disponibili hanno una bassa specificità, risultando in un’alta incidenza di falsi positivi.
L’obiettivo sperimentale del seguente lavoro è quello di confrontare la sensibilità e la specificità di due metodiche diagnostiche utilizzabili per la diagnosi, ovvero una metodica di ImmunoCAP e una metodica di Western Blot.
Un gruppo di sieri risultati positivi all’immunoCAP per la presenza di IgE specifiche anti-Anisakis è stato successivamente testato tramite Western Blot; i risultati emersi vengono dunque comparati e discussi.
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