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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09022013-102016


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
ANTICHI, DANIELE
URN
etd-09022013-102016
Titolo
Effect of intercropping on yield and quality of organic durum wheat
Settore scientifico disciplinare
AGR/02
Corso di studi
SCIENZA DELLE PRODUZIONI VEGETALI
Relatori
tutor Prof. Mazzoncini, Marco
relatore Prof. Bàrberi, Paolo
Parole chiave
  • leguminose
  • Intercropping
  • frumento duro
  • agricoltura sostenibile
Data inizio appello
30/09/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tecnica della consociazione rappresenta uno degli strumenti più promettenti a disposizione degli agricoltori biologici per il miglioramento quali-quantitativo delle rese colturali, contribuendo inoltre ad incrementare la loro stabilità nel tempo, nonché l’efficienza d’uso delle risorse dei sistemi colturali. Questi aspetti appaiono particolarmente rilevanti nell’attuale contesto di mitigazione dei cambiamenti climatici, nel quale l’agricoltura è chiamata a recitare un ruolo importante, attraverso il contenimento delle emissioni di gas serra ed un migliore uso delle risorse non rinnovabili. Una tipologia particolare di consociazione, denominata facilitative intercropping, si realizza mediante la coltivazione simultanea sulla stessa unità di superficie di una coltura cerealicola da reddito, come ad esempio il frumento, e di una coltura di copertura leguminosa, destinata unicamente a fornire servizi ecologici utili ai fini produttivi del cereale. In particolare, nell’ambito delle produzioni cerealicole organico-biologiche, ampio risalto è dato al contenimento della flora infestante e all’apporto di azoto di provenienza biologica, fissato dalla specie leguminosa mediante l’instaurarsi di una simbiosi radicale con i batteri del genere Rhizobium e, quindi, trasferito al cereale. La scarsa disponibilità di azoto in prossimità delle fasi determinanti per la quantità e la quantità delle produzioni, oltre all’eccessivo sviluppo della flora infestante, rappresentano infatti i principali fattori limitanti l’ottenimento di rese granellari soddisfacenti e di alto valore commerciale per il frumento duro coltivato in agricoltura biologica nei nostri ambienti.

Al fine di valutare gli effetti di questa tecnica, tra il 2009 ed il 2011 sono stati condotti due esperimenti in parallelo, realizzati presso la Stazione Sperimentale di Rottaia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Agro-ambientali dell’Università di Pisa.
Nel primo esperimento, condotto in campo su scala parcellare, sono state poste a confronto due diverse strategie di gestione (temporanea, con sovescio in coltura della leguminosa alla levata del cereale vs permanente, con il mantenimento della leguminosa fino alla raccolta) della consociazione tra il frumento duro e una delle tre diverse specie di leguminosa da granella esaminate (veccia vellutata, favino e pisello proteico). Complessivamente, le consociazioni temporanee, in particolare quelle con veccia e favino, si sono rivelate in grado di determinare rese superiori per quantità e qualità rispetto a quelle del frumento coltivato in purezza con la medesima disposizione spaziale a file larghe. Un incremento significativo dei valori del contenuto proteico, del tenore di glutine e dell’SDS è stato osservato solo nel secondo dei due anni, in entrambe le tipologie di consociazione. Le tesi gestite in modo permanente hanno determinato significativi cali produttivi del cereale, dovuti all’insorgere di fenomeni competitivi eccessivi tra le colture consociate. In particolare, il favino ha mostrato la maggiore abilità competitiva nei confronti del frumento, che si è manifestata con un forte ombreggiamento del cereale sin dalla fase di accestimento. L’analisi degli indici di competizione ha permesso di individuare proprio in questa elevata competizione interspecifica durante le prime fasi di sviluppo delle colture il fattore limitante lo sviluppo armonico delle specie consociate. Ciò nonostante, le colture permanenti hanno mostrato i valori più elevati di produzione di biomassa totale delle colture, oltre che i livelli più bassi di presenza delle infestanti, confermando le indicazioni riportate in bibliografia di un miglior uso delle risorse per unità di superficie. La forte competizione tra frumento e leguminose ha prodotto un livello maggiore di fissazione simbiontica dell’azoto atmosferico all’interno delle consociazioni, rispetto alle leguminose coltivate in purezza, confermando l’ipotesi dell’importanza dell’azoto come fattore limitante le rese nei sistemi cerealicoli.

In un secondo esperimento, condotto in vasche lisimetriche, la consociazione temporanea tra frumento duro e favino è stata posta a confronto con la coltura pura di frumento duro, coltivato anch’esso a file larghe e concimato con 80 unità di N proveniente da diverse fonti (nitrato ammonico frazionato in due interventi al 50% della dose ciascuno, sangue secco frazionato in due interventi al 50% della dose ciascuno, sangue secco distribuito in un unico intervento), oltre ad un testimone non fertilizzato. In questo caso, la consociazione non ha prodotto un incremento significativo né delle rese granellari, né della produzione complessiva di biomassa rispetto al testimone. Questo è stato dovuto principalmente alla natura del terreno, caratterizzato da una tessitura sabbiosa e da un ridotto tenore in sostanza organica, fattori che hanno influenzato negativamente la dinamica di mineralizzazione delle matrici organiche apportate al terreno (sia della leguminosa sovesciata, sia del concime a base di sangue secco). Le analisi delle acque di lisciviazione non hanno messo in evidenza particolari differenze tra i trattamenti in termini di presenza di nitrati né durante la permanenza delle colture in campo, né nel periodo in cui il terreno è stato mantenuto incolto a seguito della raccolta del frumento. Tuttavia, la stima del bilancio apparente dell’azoto ha messo in evidenza valori di surplus positivi per le tesi concimate e negativi per la tesi consociata, contribuendo a confermare l’ipotesi di un minor rischio di perdite di azoto per quest’ultima, in condizioni di bassa disponibilità dell’elemento, ma di elevata piovosità.
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