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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-08302017-153243


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
ANASTASI, MARGHERITA
URN
etd-08302017-153243
Titolo
Vulnerabilita', classificazione sismica e interventi di miglioramento: applicazione ad un aggregato strutturale di un borgo storico.
Dipartimento
INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE
Corso di studi
INGEGNERIA DELLE COSTRUZIONI CIVILI
Relatori
relatore Prof.ssa Beconcini, Maria Luisa
Parole chiave
  • linee guida 2017
  • rischio sismico
  • costi d'intervento
Data inizio appello
10/10/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto

Come spesso accade nel nostro paese il verificarsi di un evento disastroso come quello del sisma in centro Italia riaccende i riflettori su temi caldi quali, in questo caso, il rischio sismico e la vulnerabilità sismica del costruito.
E' noto infatti come l'elevata vulnerabilità del nostro patrimonio edilizio costituisca oggi la causa prima degli enormi costi che la collettività deve affrontare dopo ogni evento calamitoso.
Dalle analisi effettuate negli ultimi anni a valle dei numerosi eventi sismici verificatisi, risulta infatti, negli ultimi 50 anni, una spesa annua di oltre tre miliardi di euro per attività emergenziali ed interventi di ricostruzione. Nello stesso periodo si sono inoltre registrate circa 5.000 vittime.
Le più recenti Norme Tecniche sulle Costruzioni, d'altra parte, affrontano da tempo la problematica legata al rischio sismico sia sotto il profilo della mitigazione dei danni attesi sia della salvaguardia della vita umana.
Oggi, l'enorme fabbisogno necessario per l'adeguamento sismico delle costruzioni esistenti, a fronte di limitate risorse, pone il problema se intervenire su molte costruzioni migliorandone le condizioni, con interventi di rafforzamento locale e/o di miglioramento, piuttosto che spendere le risorse a disposizione per adeguare poche costruzioni ai livelli di sicurezza del nuovo. Non vi è dubbio che è preferibile percorrere la prima opzione, la quale consente, riducendo le vulnerabilità più elevate, di conseguire una più marcata riduzione del rischio sismico sull'intero territorio nazionale, riducendo nel contempo anche il numero atteso di morti e feriti.

Il rischio sismico è un indicatore che ci permette di valutare l’insieme dei possibili effetti, in termini di danni attesi che un terremoto può produrre in un determinato intervallo di tempo, in una determinata area, in relazione alla sua probabilità di accadimento ed al relativo grado di intensità (severità del terremoto). Esso è il risultato dell’interazione tra l’evento naturale (terremoto) e le principali caratteristiche di beni e vite esposte. Il rischio sismico è legato, quindi, anche agli effetti oltre che alla pericolosità; infatti esso dipende da tre fattori: la Vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio, vale a dire la predisposizione di ciò che esiste sul territorio a subire danni per causa di un certo terremoto; la Pericolosità sismica, intesa come la tendenza del territorio ad essere soggetto ad eventi sismici di una determinata intensità, e la sua Esposizione o “valore” di ciò che esiste sul territorio: presenza di vite umane, di patrimonio edilizio, di attività produttive, di patrimonio storico-artistico etc; dunque schematicamente il rischio sismico di un territorio può essere valutato come combinazione di pericolosità (P), vulnerabilità (V) ed esposizione (E): R = P x V x E.
Fino agli anni ’90 il nostro paese non aveva attivato alcuna strategia di prevenzione contro la minaccia dei terremoti, se non quella di emanare norme tecniche per le costruzioni in zona sismica obbligatorie per qualsiasi nuova costruzione e, solo in alcuni casi, per gli interventi sulle costruzioni esistenti.
Solo da pochi anni, a seguito dei disastri che hanno messo in ginocchio il nostro paese, si è messa in atto una politica di prevenzione che parte proprio dalla valutazione della vulnerabilità del sistema edilizio esistente.
La vulnerabilità sismica è la predisposizione di una costruzione a subire danneggiamenti e crolli. Quanto più un edificio è vulnerabile (per tipologia, progettazione inadeguata, scadente qualità di materiali, modalità di costruzione e scarsa manutenzione), tanto maggiori saranno le conseguenze sulla struttura. Affinché gli edifici abbiano una bassa vulnerabilità la normativa attuale impone il rispetto di criteri antisismici, richiedendo che le strutture manifestino una risposta duttile alla sollecitazione tellurica.
Se da un lato non è possibile agire per modificare la pericolosità sismica di un territorio e ben poco si può fare per modificare l’esposizione al rischio sismico, dall’altro abbiamo invece molte possibilità di ridurre la vulnerabilità delle costruzioni e di attuare così politiche di prevenzione e messa in sicurezza degli edifici. La procedura di valutazione della sicurezza degli edifici esistenti proposta dalle Norme Tecniche ha proprio lo scopo di stimare la vulnerabilità di strutture esistenti e studiare gli interventi di ripristino più opportuni.
Qualsiasi percorso di intervento sul costruito fatto per innalzarne le prestazioni, aumentarne la sicurezza e diminuirne la vulnerabilità, non può che iniziare con l’esame dello stato attuale.
In Italia, la campagna di monitoraggio della vulnerabilità sismica si è avviata con l’entrata in vigore dell’O.P.C.M. 3274 del 20 marzo 2003, “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”, che richiedeva la verifica di sicurezza degli edifici pubblici strategici e rilevanti esistenti, progettati secondo norme tecniche antecedenti al 1984 e/o
situati in Comuni la cui classificazione sismica, sulla base dei moderni criteri di stima della pericolosità sismica di base, comportasse livelli dell’azione sismica superiori a quelli relativi all’epoca di costruzione.
Il 21 aprile 2010, è stata diffusa dal Dipartimento della Protezione Civile una “Circolare sullo stato delle verifiche sismiche previste dall’O.P.C.M. 3274/2003 e programmi futuri”, con la quale è stato indicato un obiettivo minimo, riassumibile nella compilazione della “Scheda di sintesi di livello 0 di edifici strategici ai fini della protezione civile o rilevanti in caso di collasso a seguito di evento sismico” e nella predisposizione di cronoprogrammi di ultimazione delle verifiche di sicurezza.
La Regione Toscana, alla quale la citata Ordinanza demandava l’adozione dei provvedimenti di attuazione di sua pertinenza, ha promulgato specifiche disposizioni al riguardo ed in particolare:

- D.G.R.T. n. 604 del 16/06/2003 “Indirizzi generali e prime disposizioni sulla riclassificazione sismica in applicazione dell’O.P.C.M. 3274/2003”;
- D.G.R.T. n. 1114 del 27/10/2003 “Programma regionale per l’avvio delle verifiche sismiche su edifici strategici e rilevanti ai sensi dell’O.P.C.M. 3274/2003”;
- L.R. n. 58 del 16/10/2009 “Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico”.

Questa tesi, insieme a quelle di altri tre studenti, Iacopo Lottini, Emmanuel Castagnino ed Erica Surano, fa parte di un progetto per la riqualificazione sismica del borgo storico di Benabbio, piccola frazione del comune di Bagni di Lucca (Lu), situato sulle montagne dell’appennino Tosco-Emiliano.
In generale, l’intero progetto, prevede la valutazione della vulnerabilità sismica di tutti gli edifici del paese, operazione che ha permesso di stilare una graduatoria in ordine d’urgenza di intervento e ricavare una stima globale dei costi.
In termini tecnici, quindi, con la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture, abbiamo ricavato un indicatore che mette in relazione la capacità di resistenza della struttura e la richiesta, in termini di resistenza e/o spostamento, del sisma.
Le procedure utilizzate per la valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici sono state condotte con diversi gradi di approfondimento e complessità di calcolo: da stime più qualitative, basate sul rilievo mediante schede delle principali caratteristiche degli elementi costitutivi dell’edificio, a complesse analisi numeriche mediante metodi di calcolo lineari e non lineari. Naturalmente tutte le procedure di valutazione della vulnerabilità degli edifici esistenti basate sulla compilazione di schede cartacee hanno condotto a considerazioni preliminari ed i risultati con esse ottenuti possono essere utilizzati al più per stabilire un ordine di priorità sui possibili interventi di adeguamento o miglioramento; mentre, la stima della vulnerabilità sismica globale di una struttura, ai fini della redazione di un progetto strutturale di miglioramento/adeguamento sismico è stata conseguita mediante l’esecuzione di calcoli strutturali coerenti con i metodi di analisi previsti dalle Norme Tecniche per le Costruzioni.

La tesi in oggetto prevede uno studio più approfondito, mediante analisi numeriche, di un aggregato strutturale, ovvero di un insieme non omogeneo di edifici (unità edilizio-strutturali) interconnessi tra loro con un collegamento più o meno strutturalmente efficace determinato dalla loro storia evolutiva, che possono interagire sotto un’azione sismica.
All’interno di un aggregato edilizio sono solitamente riconoscibili gli elementi originari ed omogenei che lo hanno generato, da cui ha preso il via il processo di accrescimento edilizio, fino alla saturazione completa degli spazi liberi o degli affacci su strada.
Nel caso dei centri storici l’aggregato, dove non siano presenti disconnessioni tra i diversi edifici, coincide con il termine urbanistico di isolato, la cui soluzione di continuità dal resto del tessuto urbano è costituita dalla presenza di strade e piazze.
Le problematiche ricorrenti nello studio delle strutture in aggregato sono più complesse rispetto a quelle relative alle singole unità strutturali. In primo luogo la disomogeneità nelle strutture portanti in muratura, quale risultato del processo di “assemblaggio” nel tempo. A questo si accompagna la compresenza di diversi materiali, spesso con caratteristiche di rigidezza e resistenza molto difformi tra loro: è il caso, ad esempio, di interventi che hanno visto la realizzazione di elementi strutturali in cemento armato su edifici preesistenti in muratura. Ricorrono, inoltre, alterazioni strutturali incongrue, come porzioni realizzate in epoche diverse (ampliamenti, sopraelevazioni, etc.), le quali sono a volte strutturalmente collegate alle strutture preesistenti, altre volte parzialmente separate attraverso giunti strutturali o pareti doppie in aderenza.
Gli interventi di riattamento o ristrutturazione in generale, comportano spesso l’inserimento di cordoli o intonaci armati ed altri elementi che, pur non modificando le volumetrie, influiscono sul comportamento strutturale dell’edificio nel suo complesso o su porzioni di esso.
Tali fattori determinano due livelli di difficoltà. In primo luogo l’individuazione dell’aggregato stesso in quanto frutto di un processo di “assemblaggio” di più unità strutturali interagenti tra loro; in secondo luogo la conoscenza corretta ed univoca del sistema strutturale che lo compone.
L’individuazione dell’aggregato è seguita dall’individuazione al suo interno delle unità strutturali omogenee e degli elementi che determinano eventuali interazioni tra di esse. Infatti, l’interazione tra strutture eterogenee poste in adiacenza determina specifiche tipologie di danneggiamento, che si sommano o sovrappongono a quelle che più tipicamente contraddistinguono strutture omogenee non in aggregato.
Al fine di individuare univocamente un aggregato edilizio è pertanto necessario indicare quali siano gli spazi (strade, piazze, corti interne, giunti di separazione) che lo rendono strutturalmente indipendente dagli edifici nelle immediate vicinanze.
Da qui inizia la fase conoscitiva dell’aggregato stesso, a cui sono dedicati i capitoli che seguono, volta a districare dal punto di vista storico, geometrico, costruttivo e strutturale, le unità edilizie originarie della struttura, a cui si sono aggiunti nel tempo, per giustapposizione, altri edifici in affiancamento, ampliamenti ed interconnessioni che costituiscono i tratti distintivi dell’edilizia in aggregato.

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