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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-08232016-212020


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
OREFICE, GIULIA
URN
etd-08232016-212020
Titolo
Derivati finanziari e causa contrattuale
Settore scientifico disciplinare
IUS/01
Corso di studi
SCIENZE GIURIDICHE
Relatori
tutor Prof.ssa Navarretta, Emanuela
relatore Prof. Macario, Francesco
Parole chiave
  • giurisprudenza derivati
  • funzione
  • derivati finanziari
  • contratto derivato
  • causa
Data inizio appello
30/08/2016
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
30/08/2086
Riassunto
La presente tesi tratta dell tematica dei derivati finanziari, letta alla luce delle sue applicazioni giurisprudenziali, in relazione al complesso elemento della causa contrattuale, declinata nel paradigma della causa concreta. In particolare, si esamina il fenomeno della finanza derivata, analizzando la struttura di tali strumenti finanziari, la normativa nazionale ed europea di armonizzazione e le pronunce dell’organo giudiziario in materia. Coniugare la causa del contratto, cioè l’elemento strutturalmente e funzionalmente “essenziale” più criptico di tutta la teoria negoziale, legato a dissertazioni al limite del ragionamento filosofico, con la pragmaticità e la scientificità sottesa allo studio dei vari modelli di “derivato” potrebbe sembrare azzardato, qualora si volesse valutare più in profondità l’interrelazionarsi della teoria generale con la normativa speciale del settore e della figura negoziale in esame.
Tanto più che già di per sé la contrattazione in derivati e in generale il settore dell’intermediazione finanziaria vive di una doppia anima, dovendo bilanciare esigenze in parte contrapposte, tra la tutela degli interessi del cliente – investitore, solitamente elemento debole del contratto, e quelli del mercato, mosso da dinamiche e logiche economiche su larga scala che impediscono di considerare in via primaria le necessità del singolo.
Si sono analizzate, pertanto, le molteplici decisioni anche di merito sulla nullità del derivato per mancanza di causa in concreto: tali pronunce hanno offerto lo spunto per chiedersi quali siano le ragioni che hanno condotto la giurisprudenza a richiamare l’invalidità del contratto di intermediazione finanziaria sotto la peculiare forma della nullità per mancanza dell’elemento causale “in concreto”.
In altre parole ci si è chiesti la ragione dell’utilizzo di un elemento così sfuggente e complesso, qual è la ratio a fondamento di questa scelta, se sia stata dettata da ragioni dogmatiche, ontologiche e strutturali, di convenienza o di metodo e quali siano le motivazioni, ancora più a monte, e dunque a livello di tecnica legislativa, nella ricostruzione di tali invalidità negoziali in termini di nullità, piuttosto che alla luce di altri diversi istituti, quale ad esempio quello dell’annullabilità. Tanto più che, a ben vedere, sia le recenti spinte europee verso una codificazione unitaria ed armonizzata del diritto civile che la tendenza del nuovo mercato globale, flessibile e dinamico sembrano propendere per un diritto contrattuale che non contempli l’elemento causale, tanto che si è parlato di vera e propria “morte della causa”.
Il fenomeno della contrattazione in derivati è stato poi esaminato anche alla luce dei suoi riflessi sulla finanza locale. Nello specifico, si è dedicato un apposito capitolo ad approfondire l’utilizzo che gli Enti locali hanno fatto di questo strumento soprattutto in passato, producendo importanti distorsioni e squilibri nei conti pubblici.
Si sono, dunque, cercati di porre in luce, attraverso una ricostruzione storica del fenomeno che ha tenuto in debita considerazione l’evoluzione normativa sul punto, nonché l’analisi giurisprudenziale in materia e la nuova contabilizzazione in bilancio, posta la recente riforma sull’armonizzazione contabile, i punti più critici dello strumento e la profonda complessità della sua struttura che ne hanno impedito molto spesso un uso ragionato, adeguato e consapevole da parte dell’Amministrazione locale.
Non è mancata, infine, l’analisi delle principali problematiche connesse allo strumento finanziario in esame che si sono succedute negli anni, tra cui la già menzionata questione della nullità del derivato per mancanza di causa in concreto, i problemi collegati alla rinegoziazione, all’upfront e al Mtm negativo, l’utilizzo distorto a fini speculativi e non di copertura del derivato, nonché gli aspetti più propriamente pubblicistici ad esso legati, in termini, ad esempio, di necessità o meno del ricorso all’evidenza pubblica nella contrattazione, o le connesse questioni di giurisdizione a seguito dell’annullamento in autotutela successivo alla negoziazione.
Ci si è chiesto allora se il richiamo alla causa nel settore dei derivati finanziari rispecchi effettivamente la verifica della sussistenza genetica di un elemento essenziale del negozio o sia solo mezzo e strumento – veicolo – per attivare determinate reazioni dell’ordinamento.
Ebbene, per quanto sin qui considerato, si è proceduto in un primo tempo ad analizzare separatamente, da un lato, l’evolversi della contrattazione in derivati ed i risvolti europei in materia e, dall’altro, il concetto di causa nel contratto, per poi esaminarli nelle loro dinamiche relazionali, in quanto, come si è detto, il diritto è ed appartiene alla storia e nella storia trova la sua prima ragion d’essere.
Invero, l’attuale valorizzazione della forma scritta, nell’ambito del recente fenomeno del neoformalismo negoziale, sebbene funga da veicolo di trasparenza nella contrattazione, soprattutto laddove vi sia asimmetria informativa o, comunque, di potere contrattuale che incida concretamente sull’equilibrio negoziale, rischia di condurre ad una deriva puramente formalistica che finirebbe per trascurare gli elementi sostanziali e dunque contenutistici del sinallagma.
Tanto più che il dibattito sorto negli ultimi anni intorno ad una deriva formalistica del diritto dei contratti ha condotto una certa parte del pensiero dottrinale a discorrere di un fenomeno definibile come “nichilismo giuridico”, che fa pensare a un diritto annichilito, piegato al trionfo della tecnologia, frammentario, senza valori, punti di riferimento, relegato ad una funzione servente. Tuttavia è necessario superare la staticità, la definitività, la mortificazione che il nichilismo porta con sé, convertendolo in una spinta attiva e in un punto di partenza per nuovi approfondimenti giuridici.
Quindi lo sforzo che si richiede al giurista oggi - lo spunto positivo per il suo operare, in un contesto così frammentario - è quello di non perdere mai di vista, con spirito critico, la funzione esegetica e creatrice del diritto, tramite una rivalutazione della ricerca, a cui si sente di non poter e di non dover rinunciare.
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