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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-08222017-101841


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
LEOPIZZI, CINZIA
URN
etd-08222017-101841
Titolo
La Banca Commerciale Italiana negli anni della Grande Crisi. Dal salvataggio finanziario alla riorganizzazione aziendale
Settore scientifico disciplinare
SECS-P/12
Corso di studi
SCIENZE POLITICHE
Relatori
tutor Prof. Cini, Marco
Parole chiave
  • Organizzazione bancaria
  • Banca Commerciale Italiana
  • Raffaele Mattioli
Data inizio appello
29/08/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’elaborato si propone di offrire un contributo scientifico alla ricostruzione storica delle soluzioni organizzative assunte dalla Banca Commerciale Italiana – Comit negli anni che precedettero e che immediatamente seguirono lo scoppio della Grande Crisi. A tal fine, lo studio e la ricerca documentaria sono stati orientati a ripercorrere le vicende economiche e finanziarie che coinvolsero il sistema bancario nazionale – in particolare, le maggiori banche miste italiane – anche attraverso la lettura delle carte prodotte in Comit tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Le fonti documentarie disponibili in argomento – ad uso interno o a valenza esterna perché destinate alla pubblicazione o ad essere trasmesse alle autorità istituzionali – sono state reperite nel patrimonio documentario Comit, conservato a Milano presso l’Archivio Storico Intesa Sanpaolo.
La presenza e le attività Comit all’estero sono state considerate solo in via marginale; un breve profilo descrittivo sull’insediamento oltreconfine – avviato sin dagli anni precedenti al conflitto – è riportato nel capitolo iniziale. Scelta suggerita anche dalla priorità riservata da Mattioli – in veste di amministratore delegato – alle questioni organizzative nazionali della banca, rinviando quelle estere ad una fase successiva.
L’intero elaborato si sviluppa nella trattazione storica e nella ricostruzione documentaria degli avvenimenti e delle soluzioni operative ed organizzative adottate in Comit; la scelta di innestare la produzione documentaria al testo argomentativo o narrativo è stata adottata ogni qual volta l’integrazione servisse ad arricchire e maggiormente esplicare il tentativo di ricostruzione. I contributi offerti dalla produzione bibliografica sul periodo compreso fra il Primo conflitto mondiale e gli anni Trenta del secolo scorso – richiamati in via strumentale nella descrizione di partenza, in cui storicamente collocare la trattazione successiva – hanno contestualizzato, nella parte iniziale dell’elaborato, l’assemblaggio documentario tentato nella ricostruzione delle vicende Comit.
La struttura della tesi riflette pertanto il lavoro di studio e di approfondimento documentario svolto lungo l’intero percorso di ricerca. L’elaborato articola l’analisi degli argomenti trattati per piani di approfondimento successivi: da una visione introduttiva e di portata generale sulle vicende economiche nazionali collocabili fra la Grande Guerra e la Grande Crisi, si passa alla ricostruzione degli interventi discussi e adottati in Comit sulla struttura – centrale e periferica – della banca e sull’adeguamento delle mansioni di filiale. L’impostazione adottata si propone di avvicinare il lettore alle questioni oggetto di studio attraverso una lettura storica progressiva. Lungo l’elaborato, ricostruzione storica e descrizione tecnica si intrecciano: la trattazione delle scelte adottate dalla banca negli anni in esame, destinate ad ulteriori e successivi interventi di riforma, trova una propria collocazione narrativa.
Richiamate le tappe che segnarono il crescente interessamento delle principali banche nazionali nella copertura finanziaria di una produzione industriale accelerata dalla Grande Guerra, ricostruiti i tentativi di scalata industriale generati dalla carenza di capitale di rischio e finalizzati ad acquisire il controllo degli istituti di credito e dunque delle disponibilità necessarie a finanziare la riconversione, l’elaborato si addentra nella trattazione delle scelte adottate in Comit nel conseguimento degli obiettivi di risanamento economico e di ristrutturazione organizzativa imposti dall’intervento pubblico. Il percorso di riforma operativa e organizzativa della banca – avviato da Giuseppe Toeplitz, allora amministratore delegato unico Comit – fu, dal marzo 1933, fattivamente disposto dall’Amministrazione Mattioli Facconi e dal suo entourage (fra tutti, Giovanni Malagodi).
Ricostruite in via preliminare le scelte di politica creditizia Comit e gli avvenimenti che ne condizionarono la struttura patrimoniale e la presenza nel capitale dell’industria nazionale, sono stati ripercorsi gli interventi dapprima istituzionali, a seguire interni, che puntarono al risanamento e al progressivo adeguamento organizzativo della banca al rinnovato esercizio del credito ordinario, rilanciato dalle convenzioni siglate nella prima metà degli anni Trenta con le autorità di governo e le istituzioni finanziarie.
La parte iniziale dell’elaborato – riconducibile al primo capitolo – ripercorre le vicende economiche preliminari alla Grande Crisi partendo da una ricostruzione di ampio respiro sui rapporti di interessenza fra il sistema bancario nazionale e l’imprenditoria italiana. Il legame fra industria e istituti di credito, in Italia, era stato ridisegnato dal Primo conflitto mondiale e fu mantenuto anche in seguito, dinanzi alle esigenze dettate dalla riconversione produttiva. La crisi economica aveva inoltre contribuito ad immobilizzare lo stato patrimoniale delle banche nei finanziamenti concessi alle imprese con esposizioni creditizie e partecipazioni al capitale di rischio: premesse storiche improntate al generale coinvolgimento del mercato dei capitali nazionale – incentrato sulle banche – nel finanziamento dell’industria italiana sia negli anni che precedettero la Grande Guerra, sia in quelli immediatamente successivi, da cui scaturirono le difficoltà finanziarie delle principali banche commerciali nazionali. In Italia, l’avvento della Grande Crisi stimolò i processi di riforma funzionale e strutturale delle maggiori banche miste, incoraggiandone l’adeguamento organizzativo interno.
Al contempo, l’elaborato ricostruisce i momenti che segnarono una prima stagione di interventismo pubblico sul mercato dei capitali nazionale e che, sin dagli anni precedenti il conflitto, portò alla costituzione di organismi paralleli agli istituti di credito: dal Consorzio Sovvenzioni su Valori Industriali, alla Sezione Speciale Autonoma dello stesso; dall’Istituto di Liquidazione all’Istituto per la Ricostruzione Industriale – Iri, passando per l’Istituto Mobiliare Italiano – Imi e gli Enti Beneduce.
Peraltro, gli anni del dopoguerra furono anche quelli dell’ascesa del Fascismo e dell’adozione, da parte del Regime, di una politica economica autarchica: da un lato, l’industria nazionale avrebbe dovuto convertire la propria attività produttiva; dall’altro, sarebbe stata chiamata ad accrescere le dimensioni aziendali e a rafforzare i comparti industriali ritenuti di rilevanza strategica per le finalità politiche perseguite dal Capo del Governo.
Con l’avvento della nuova stagione di interventismo pubblico, introdotta dalla Grande Crisi, fu alleggerito il patrimonio dei principali istituti di credito e le partecipazioni industriali furono trasferite alle holding di smobilizzo: nel 1931 il portafoglio Comit fu ceduto alla Società Finanziaria Industriale Italiana – Sofindit, controllata da imprese vicine alla banca, e nel 1933 all’Istituto per la Ricostruzione Industriale – Iri, interamente statale. Per altri versi, queste operazioni di scorporo risposero alla progressiva conversione operativa degli istituti di credito, che avrebbero abbandonato il modello di banca mista per ripristinare l’esercizio del credito commerciale e dunque a breve.
Il secondo capitolo delinea, in termini più dettagliati, la posizione assunta da Comit sul piano istituzionale e completa la descrizione del panorama storico introdotto nel primo capitolo: con uno sguardo puntuale sulle convenzioni sottoscritte nei primi anni Trenta dalle autorità finanziarie e di Governo, viene tracciato il contesto ufficiale entro il quale collocare la riorganizzazione della banca. In questo senso, è stato dato spazio ai progetti dell’ottobre 1931, preliminari alla costituzione dell’Imi e dell’Iri: la Prima marche à suivre – che restò disattesa e priva di seguito – e la Seconda marche à suivre, progetto su cui Comit, Governo e Banca d’Italia raggiunsero l’accordo formalizzato nella convenzione del 31 ottobre 1931. Nella stessa sede fu disposto lo smobilizzo patrimoniale Comit con la cessione a Sofindit del portafoglio industriale.
Il capitolo si chiude con la convenzione conclusiva della fase istituzionale, siglata il 13 marzo 1934, tra i cui firmatari si aggiunse il neo costituito Istituto per la Ricostruzione Industriale. La convenzione – preparata sulla base del bilancio Comit al 30 giugno 1933 – fu preceduta da uno studio condotto da Mattioli – sugli stessi dati – per il risanamento della banca, inoltrato il 16 ottobre al gruppo dirigente Iri.
Lavoro – quello dell’Amministratore Delegato – di cui Menichella si avvalse nello studio sul risanamento del sistema bancario nazionale del 5 dicembre 1933. Passata in rassegna la situazione corrente degli istituti di credito, il dirigente Iri concluse che le imprese industriali – sino a quel momento controllate da Comit, Credito Italiano e Banco di Roma – avrebbero dovuto assumere una gestione separata da quella bancaria: le maggiori banche del tempo avrebbero così ridimensionato la propria politica operativa entro i confini del credito ordinario, liberandosi dalle interessenze nell’industria nazionale. Nelle considerazioni finali, Menichella sancì la svolta operativa, e dunque organizzativa, delle principali banche italiane, di cui l’Iri avrebbe assunto il controllo.
La seconda parte della tesi è incentrata sulle misure di risanamento finanziario e di adeguamento dell’impianto organizzativo ed operativo Comit ai principi della semplificazione esecutiva e della buona amministrazione. Questioni introdotte sin dal terzo capitolo, in cui si descrive sommariamente la struttura originaria della banca quale premessa agli argomenti sollevati all’inizio degli anni Trenta dall’amministratore delegato in carica, Giuseppe Toeplitz. In questa fase, è stato dunque riservato uno spazio introduttivo ai contributi prodotti dai direttori centrali Comit, sollecitati da Toeplitz al confronto sui limiti organizzativi della Direzione Centrale.
Gli interventi di risanamento furono orientati su più fronti. Tra le misure di contenimento dei costi, le soluzioni adottate riguardarono in primo luogo l’organico, quale voce prevalente di spesa. Al contempo, nuove politiche del lavoro indirizzarono verso una formazione che ne favorisse la flessibilità operativa: a fronte di un personale ridotto, gli elementi mantenuti e quelli di nuova assunzione sarebbero stati istruiti in modo da potenziarne l’efficienza e favorirne la rotazione tra mansioni e uffici. Formazione professionale per altri versi riconducibile alla riforma funzionale e organizzativa della periferia Comit, laddove i servizi esecutivi di filiale furono accorpati in un unico Ufficio Esecutivo, accantonando la specializzazione per mansioni di servizi, uffici e personale preposto.
Ulteriori economie di spesa furono conseguite con il ridimensionamento strutturale degli edifici di filiale adibiti al lavoro amministrativo. Anche la struttura direttiva centrale – articolata per servizi e relativi uffici – sarebbe stata snellita: i servizi ridotti e gli uffici accorpati.
Al contempo, il decentramento del lavoro produttivo enfatizzò il rilanciato ruolo decisionale delle direzioni locali, senza trascurare la sorveglianza esercitata dalla Direzione Centrale. Le filiali, ripartire per zone, sarebbero state sottoposte al monitoraggio dei funzionari assegnati alle aree geografiche di pertinenza. Periodicamente, gli uffici centrali preposti avrebbero apprezzato il profilo operativo di filiale avvalendosi della compilazione di questionari sulle attività svolte dalle singole unità, tenuto conto del contesto economico offerto dalla piazza di inserimento e delle attitudini personali dei dirigenti locali. Peraltro, le informazioni pervenute alla Direzione Centrale sarebbero state rielaborate e accorpate sino a tracciare un profilo rappresentativo di ciascuna zona di ripartizione e, complessivamente, dell’intera periferia nazionale della banca, consentendo di comparare lo stato di salute e le attività di ciascuna filiale con l’andamento di zona o nazionale.
All’impiego dei questionari, quale strumento di valutazione e infine di decisione, avrebbero fatto ricorso anche le filiali nell’esercizio del lavoro produttivo, in particolare attraverso l’utilizzo dei moduli 253 e 254 per la valutazione delle istanze di credito.
Al contempo e sempre in periferia, il controllo contabile e la gestione delle pratiche amministrative furono demandati ad appositi centri preposti allo svolgimento di procedure sino a quel momento espletate in filiale. Lo snellimento delle pratiche fu associato ad un adeguamento dei supporti utilizzati: l’impiego di una rinnovata modulistica e delle macchine contabili nell’esercizio accentrato del lavoro di massa avrebbe rappresentato una fattiva applicazione del principio di semplificazione esecutiva delle mansioni.
In definitiva, se da un lato le filiali furono alleggerite del lavoro contabile e amministrativo – accentramento – dall’altro le direzioni locali iniziarono ad assumere un ruolo di maggiore responsabilità nelle scelte produttive – decentramento.
La parte conclusiva del lavoro introduce alcune riflessioni sul modello esemplificativo offerto da Comit nel corso degli anni Trenta, a cui si richiamarono le produzioni manualistiche del tempo in materia di organizzazione aziendale delle banche commerciali, anche alla luce della riforma operativa ufficialmente sancita dalla legislazione bancaria del 1936. I lavori sul tema cui l’elaborato rimanda furono curati dai funzionari Comit – Domenico Boffito, Ettore Boncinelli e Alberto Ferrari – e pubblicati tra gli anni Trenta e i primi anni Quaranta; fa eccezione la relazione del Presidente Monti (Innocenzo Monti, Struttura e Organizzazione di una Azienda di Credito a Carattere Nazionale, «Quaderno Rosso dell’Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa», 1977/n. 4), redatta nel 1977 con uno sguardo retrospettivo verso la riorganizzazione avviata negli anni Trenta.
L’impianto adottato da Comit acquisì valenza emblematica nel processo di razionalizzazione e standardizzazione organizzativa ed esecutiva degli istituti di credito ordinario a filiali multiple. Orientato al potenziamento delle attività di produzione e sviluppo ed improntato all’autonomia decisionale delle direzioni locali, il lavoro di filiale sarebbe stato tuttavia uniformato dalle direttive prescritte nelle monografie trasmesse dalla Direzione Centrale: la diramazione di testi organizzativi avrebbe contribuito a standardizzare le procedure, sebbene i termini applicativi restassero condizionati dal profilo cangiante delle realtà locali in cui le filiali avrebbero esercitato il lavoro di produzione, curato la propaganda ed espletato mansioni esecutive.
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