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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-08202011-124145


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
IACCARINO, SALVATORE
URN
etd-08202011-124145
Titolo
Discontinuita tettonico-metamorfiche nell'Higher Himalayan Crystalline: la Mangri shear zone, Himalaya centrale.
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE GEOLOGICHE
Relatori
relatore Prof. Carosi, Rodolfo
correlatore Dott. Langone, Antonio
correlatore Dott.ssa Montomoli, Chiara
Parole chiave
  • monazite
  • metamorfismo
  • Himalaya
  • geocronologia
  • Mugu Karnali
Data inizio appello
30/09/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
30/09/2051
Riassunto
L’area indagata in questo lavoro di tesi è la valle del Mugu Karnali, posta nel distretto nepalese del Mugu, nella regione del Dolpo (NW Nepal), una delle più remote e povere del Paese. Questa valle, essendo circa ortogonale rispetto alla direzione strutturale principale della catena interseca tutte le unità tettoniche (LH, HHC, TSS) che costituiscono l’Himalayan ed è un laboratorio naturale per lo studio di una sua sequenza completa. La valle è stata raggiunta da una spedizione geologica di ricercatori dell’Università di Pisa e di Padova nel 2009, che durante il lavoro di terreno hanno caratterizzato e campionato le differenti rocce che costituiscono le unità tettoniche e le discontinuità geologiche presenti. Uno dei risultati più importanti del lavoro di terreno è stata l’individuazione, all’interno del cristallino Himalayano, di un ampia (3–4 Km) fascia milonitica con spostamento della parte superiore verso SW, denominata Mangri Shear Zone (dal toponimo del villaggio più vicino), che costituisce l’oggetto principale di questo lavoro. Nella prima parte della tesi è descritta l’evoluzione della Catena Himalayana, concentrandosi sulla regione del Dolpo con la descrizione petrografica e microstrutturale di tutte le rocce campionate durante la spedizione. La seconda parte del lavoro è focalizzata sulla MSZ, con lo scopo di caratterizzare la petrologia delle fasi accessorie, la sua evoluzione termobarometrica e geocronologica, in modo da vincolare la sua storia P-T-t-D. A tale scopo sono stati selezionati tre campioni della MSZ (D09_51, D09_52 D09_48), per le analisi chimiche, geotermobarometeriche e geocronologiche. L’applicazione di un set di geotermobarometri internamente coerenti termodinamicamente indica che le rocce della MSZ hanno subito un metamorfismo progrado con picco metamorfico a temperatura di 690–725°C (± 25°C) e pressione di 7,5–9,5 kbar (± 1 kbar), nel campo della Ky, seguito da una fase retrograda di decompressione nel campo della sillimanite. Il P–T path ottenuto, è stato confrontato con quello ottenuto da un campione (D09_10) proveniente dalla sottostante Main Central Thrust Zone con picco metamorfico a 600-660°C (± 25°C) e 10,5–12,5 kbar (± 1 kbar) e fase retrogrado nel campo della Ky. I due percorsi sono quindi sensibilmente diversi.
Le monaziti presenti nei tre campioni della MSZ, sono state caratterizzate chimicamente e datate in situ mediante LA-ICPMS. Sono state discriminate due generazioni di monazite: (i) “Mnz 1” con contenuto basso di Y, in equilibrio con il granato ed età più antiche (~25 Ma), che riflette una fase metamorfica presto-retrograda, (ii) “Mnz 2” con contenuto alto in Y ed età più giovani (18-17 Ma), coesistente con lo xenotimo la cui genesi è interpretata come derivazione dal brekdown del granato durante la decompressione. Su quest’ultima generazione è stato applicato il termometro che si basa sulla lacuna di miscibilità delle HREE tra le due fasi coesistenti, che ha fornito valori di T compresi tra ~450–680°C (± 50 °C), cioè post picco metamorfico. L’attività della MSZ risulta così vincolata nell’arco temporale tra 25 e 17Ma).
Il P–T–t–D path ottenuto per la MSZ è molto simile alla Toijem Shear Zone (TSZ), descritta da Carosi et al., (2010), situata oltre 40 Km a SE dell’area studiata. Queste analogie dimostrano come l’HHC non sia da considerare come una singola unità tettonica esumata mediante un canale crostale (Channel flow model), ma indica che l’esumazione dell’HHC, almeno in questo settore della catena, si è sviluppata mediante l’attivazione di zone di taglio, che progressivamente sono migrate verso l’avampaese.
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