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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-08142010-223756


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
CIPRIANI, LUCA
URN
etd-08142010-223756
Titolo
Il cofanetto in osso del Museo dell'Opera del Duomo di Pisa. Aspetti tipologici, iconografici e tecnici dell'arte profana a Bisanzio
Dipartimento
INTERFACOLTA'
Corso di studi
STORIA DELL'ARTE
Relatori
relatore Prof. Collareta, Marco
Parole chiave
  • costantinopoli
  • cofanetto
  • ivrea
  • pisa
  • iconografia
  • tipologia
  • tecnica
  • avorio
  • osso
  • intaglio
  • secc. X-XII
Data inizio appello
20/09/2010
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
20/09/2050
Riassunto
Il cofanetto conservato presso il Museo dell’Opera del Duomo di Pisa è un’opera di manifattura bizantina, che rientra nella tipologia detta “a rosette” per la presenza di un particolare decorativo che caratterizza cofanetti del medesimo genere, vale a dire bordi con medaglioni entro i quali sono contenuti dei fiori a sei oppure otto petali, comunemente definiti, appunto, “rosette”.
Per molto tempo le componenti del cofanetto sono state ritenute placche d’avorio, e a tutt’oggi il cartellino indicativo che descrive il pezzo in mostra al museo lo definisce proprio così. Ad occhi inesperti, infatti, e spesso in mancanza di una visione diretta di un oggetto intagliato, è molto difficile operare una distinzione tra i due materiali; tale difficoltà risulta particolarmente emblematica per l’argomento che ci accingiamo a trattare. È fondamentale, infatti, premettere che quello pisano è un cofanetto realizzato interamente con placche in osso applicate ad un’anima di legno.
“L’osso come materiale per la produzione di oggetti d’arte fu usato generalmente nel Medioevo come surrogato dell’avorio, materiale più raro, di più difficile reperibilità e quindi più prezioso: questa situazione specifica condiziona il relativo giudizio storico-artistico.”
Con queste parole si apre la voce “Osso” dell’Enciclopedia dell’Arte Medievale, ed è proprio con questo concetto – vale a dire lo stretto legame che unisce avorio e osso nella produzione di oggetti di pregio – che si intende dare inizio alla trattazione dell’argomento in esame. La lavorazione dell’osso per produzioni artistiche e per oggetti pregiati d’uso quotidiano, infatti, rappresenta l’effetto diretto della difficoltà nel reperimento della dentina, materiale più prestigioso, del conseguente aumento nel costo di intagli eburnei e, come vedremo, della numerosa richiesta di repliche “a buon mercato” di archetipi più pregiati in avorio.
È il prestigio dell’avorio, infatti, ad avviare il motore della produzione, più o meno seriale delle cassette a rosette, per le quali, dunque, non stupirà l’uso dell’osso nella maggior parte dei casi.
Per questo motivo ci sembra opportuno iniziare questo lavoro attraverso un’attenta analisi, nel primo capitolo, del materiale. Prenderemo a modello l’avorio in quanto, come detto, rappresenta un “material status symbol” . Verrà presentata la sua struttura e verranno sottolineate le differenze con quella dell’osso. Proprio la struttura, infatti, rappresenta la vera discriminante tra i due materiali . Si vedranno inoltre le tecniche implicate nella scultura eburnea e la diffusione della dentina nella Costantinopoli dell’età media.
Il favore goduto dalla dentina e la sua difficile reperibilità facevano sì che lavori in avorio acquistassero un valore elevato. La concezione ufficiale dell’arte, che riceveva la massima approvazione quando questa si metteva al servizio della religione, determinò probabilmente l’usanza di impiegare la piccola quantità di avorio che si riusciva ad importare nella capitale per la produzione di oggetti di culto o per il culto.
In avorio, infatti, venivano prodotti dittici o trittici d’altare, piccole statuette, icone a bassorilievo ecc.
Parte della dentina importata venne, tuttavia, utilizzata per la realizzazione di oggetti profani – ovviamente di lusso – come alcune delle cassette a rosette che tutt’oggi possiamo ammirare nei musei di tutto il mondo. In questo caso l’avorio veniva riservato alle parti figurate, mentre per quelle decorative veniva utilizzato l’osso.
Nel secondo capitolo verrà fatta, dunque, una panoramica della produzione bizantina dei cofanetti. Attraverso lo spoglio critico degli studi sul tema, che si sono susseguiti dall’inizio del secolo scorso fino ai giorni nostri, si vedrà come la questione riguardo a tali oggetti e alla loro decorazione sia ancora aperta.
Trattandosi, infatti, di oggetti a destinazione profana, la decorazione delle cassette comporta uno sguardo approfondito sulla cultura bizantina e sul suo declinarsi nella vita quotidiana: le figure o le scene intagliate sulle placche applicate sulle casette abbracciano tanto l’arte e la letteratura classica quanto quella contemporanea al periodo di realizzazione di tali oggetti. Essendo realizzate per la maggior parte in osso, inoltre, le cassette avevano un costo limitatamente ridotto, motivo per il quale il loro successo e la loro fortuna furono trasversali all’interno della società bizantina.
Gli artigiani e maestri intagliatori seppero accontentare, come si vedrà, le richieste di una clientela quanto mai eterogenea. Essi crearono, da una parte, oggetti unici e particolarmente pregiati che riscossero notevole fortuna; dall’altra parte furono attivi in una produzione di massa di cofanetti che si rifacevano spesso, dove più e dove meno fedelmente, agli esemplari più prestigiosi, riproducendone scene o singole figure. Non è raro trovare i medesimi personaggi o le medesime scene in cofanetti diversi.
Attraverso la classificazione dei temi trattati, che vanno dalla religione alla mitologia classica passando attraverso la letteratura e il teatro medio-bizantini, e analizzando la concezione della decorazione dei cofanetti sarà poi possibile passare, nel terzo capitolo, ad una puntuale descrizione del cofanetto pisano.
Verranno analizzate in maniera approfondita le singole placche, la materia, la tecnica dell’intaglio e i metodi di applicazione alla sottostante anima lignea, e infine l’iconografia dei soggetti o delle scene.
Sarà possibile mettere a confronto tale cofanetto con le altre produzioni eburnee profane bizantine, tentando di definire differenze e analogie all’interno del corpus dei cofanetti. Come si vedrà, infatti, riguardo al cofanetto pisano si noterà un cambiamento nella concezione decorativa e figurata dell’oggetto, che risulta esclusivamente ornamentale e non più istoriata. Difficile dire se tale trasformazione nella decorazione dei cofanetti sia dovuta alla distanza cronologica tra vari pezzi oppure se si tratta di oggetti realizzati per clientele socialmente distanti.
In ultima analisi, dopo uno spoglio della storia e della fortuna critica del cofanetto, si tenterà una sintesi che aggiorni quanto si può dire riguardo ad esso, alla luce di tutti gli studi sui cofanetti eburnei e attraverso confronti con pezzi più o meno vicini a quello pisano, in particolare con un cofanetto conservato presso la Cattedrale di Ivrea, che a ragione si ritiene prodotto dalla medesima bottega.
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