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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07282017-171522


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
VIVA, SERENA
URN
etd-07282017-171522
Titolo
L'evoluzione delle necropoli nell'Italia centrale tra Tardoantico e basso Medioevo. Un caso di studio: la necropoli di San Genesio (San Miniato, PI)
Settore scientifico disciplinare
L-ANT/10
Corso di studi
SCIENZE DELL'ANTICHITA' E ARCHEOLOGIA
Relatori
tutor Prof. Cantini, Federico
Parole chiave
  • metodologia
  • archeologia medievale
  • archeologia funeraria
  • antropologia
  • Toscana
Data inizio appello
25/08/2017
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/08/2026
Riassunto
Il lavoro di tesi consiste nello studio diacronico dell’evoluzione delle necropoli dal Tardoantico al basso Medioevo, prendendo come modello il caso della necropoli del sito archeologico di San Genesio (San Miniato, PI).
La presente ricerca, muovendo da un doppio approccio archeologico e antropologico, indispensabile per questo tipo di contesto, è volta all'analisi dei contesti cimiteriali nel tentativo di rispondere a problemi interpretativi generali e questioni specifiche.
Lo studio delle inumazioni a partire dall'analisi sul campo ha permesso di effettuare considerazioni di grande importanza, grazie alle quali gruppi e singole tombe sono stati interpretati in modo da consentirne l’inserimento in precise fasi cronologiche oppure permettere il riferimento a un gruppo etnico piuttosto che ad un altro.
Le osservazioni tafonomiche hanno permesso di ricostruire rituali o modi di seppellire altrimenti poco o per nulla visibili archeologicamente. Ne è un esempio il caso del cimitero di seconda metà VI secolo, in cui nessuno dei rari elementi di corredo rimandava direttamente a tradizioni alloctone; nonostante ciò, grazie all’analisi antropologica e tafonomica degli inumati, è stato possibile individuare un nucleo di sepolture gote, caratterizzate dalla presenza di cassa lignea o tronco scavato che è stato possibile comprendere soltanto grazie allo studio della posizione dello scheletro. È stato inoltre affrontato il problema dell’interpretazione delle tombe a fossa, chiedendoci quante di quelle che consideriamo delle semplici terragne fossero, in origine, sepolture di altro tipo, problema certamente importante dal punto di vista del rito e della sua evoluzione. Lo scavo microstratigrafico delle tombe a cappuccina ha permesso di capire in che modo queste tombe si colmassero di sedimento e, l’osservazione delle connessioni anatomiche degli scheletri al loro interno, di capire, in base alle fasi della scheletrizzazione, in quanto tempo si riempissero. Infine, dall'osservazione degli scheletri all'interno di tombe polisome, è stato possibile comprendere in che modo fossero utilizzate queste tombe caratterizzate da deposizioni differite nel tempo.
Nella fase successiva, ossia quella dello studio antropologico in laboratorio, non ci si è limitati all'applicazione acritica dei metodi antropologici tradizionali, ma si è cercato di capire quali fossero i metodi più adatti al nostro materiale scheletrico, per ricavarne più dati possibili e soprattutto più vicini alla realtà biologica del campione.
Prima delle analisi antropologiche è stata effettuata una valutazione preventiva dello stato di conservazione quantitativo e qualitativo di tutti gli scheletri. In questo modo è stato possibile prevedere quali periodi avrebbero fornito più informazioni antropologiche. Successivamente sono state eseguite determinazioni di sesso, età alla morte, statura in vita, stress aspecifici, stress funzionali, patologie e traumi. Tutti gli elementi raccolti hanno permesso di avere un quadro generale delle comunità presenti nel sito, delineando un profilo demografico per ogni periodo cronologico considerando il sex ratio, motivando la presenza, o più spesso l’assenza, di individui immaturi, analizzando l’incidenza dei traumi in rapporto al contesto rurale o urbano, ecc.
Dal confronto tra i campioni delle diverse cronologie abbiamo seguito l’evoluzione biologica dei gruppi umani che hanno popolato questi luoghi nell'arco di sette secoli. Questa lunga diacronia e l’alto numero di sepolture studiate rendono l’analisi antropologica particolarmente interessante e spesso statisticamente significativa.
I risultati dello studio mostrano dati di un popolamento che per mortalità, dimensioni corporee, abitudini alimentari, patologie, si inquadra bene nel panorama medievale dell’Italia centrale, e per alcuni tratti anche europeo. All'interno del campione è stato possibile cogliere un’evoluzione tra la popolazione di metà-fine VI secolo, quella relativa ai secoli tra il VII e X e infine quella di fine X-XIII secolo. Anche se nel complesso appaiono conformi al quadro generale di un tipico contesto medievale, dal punto di vista antropologico i singoli periodi si differenziano tanto da poter delineare dinamiche socioeconomiche diverse. Per il periodo tra metà-fine VI e inizi X secolo si rilevano caratteristiche del contesto rurale, caratterizzato da un’alimentazione basata sui cereali e ricca di proteine di origine animale, anche se non accessibili a tutte le categorie di individui. Questo non basta però a spiegare alcuni tratti antropologici riscontrati in particolare sugli individui del VI secolo, quando i grandi mutamenti economici e sociali, l’instabilità e la violenza causata da eventi bellici hanno lasciato un segno tangibile sulle ossa. Infine il campione scheletrico relativo agli ultimi secoli, da fine X al XIII, mostra chiaramente il passaggio da un’economia rurale ad un contesto urbano, con il mantenimento di discreti livelli alimentari, l’aumento del consumo dei cereali e una probabile ripresa della crescita demografica nel sito, testimoniata dalla più alta densità delle inumazioni.
Grazie al campione numericamente rilevante, sono stati riconosciuti singoli casi tafonomici e patologici in grado di svelare aspetti insoliti o raramente riscontrati in contesti archeologici. Ne sono un esempio il caso dell’espulsione fetale post mortem, o quello della sepoltura atipica; l’individuo con il cranio deformato artificialmente, che ha confermato la tesi della presenza di un nucleo di tombe gote; un caso di brucellosi ha permesso di ipotizzare l’endemicità di questa patologia nel sito durante il basso medioevo; infine un presunto caso di trapanazione cranica attesterebbe l’esistenza di questa pratica chirurgica a San Genesio.
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