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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07252011-114601


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
VENTURELLI, SILVIA
URN
etd-07252011-114601
Titolo
Saggio di commento a Platone, Ippia minore.
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
SCIENZE DELL'ANTICHITA'
Relatori
relatore Tulli, Mauro
Parole chiave
  • movimento sofistico (sophistic movement)
  • esegesi omerica (ancient literary criticism)
  • paradosso morale (socratic paradox)
  • elenchos
  • analogia tecnica (craft analogy)
Data inizio appello
19/09/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/09/2051
Riassunto
L’Ippia minore costituisce un caso anomalo nell’ambito dei dialoghi aporetici e pressoché unico nell’opera di Platone: vi è infatti sviluppata e condotta a termine una dimostrazione che dà luogo a risultati evidentemente sbagliati ed inaccettabili, concludendosi con l’affermazione che la persona buona commette il male volontariamente.
Sebbene siano state avanzate le più svariate interpretazioni del dialogo (cap. II), la sua lettura più fedele appare comunque quella tradizionalmente affermatasi nella scuola storica, secondo la quale nel carattere paradossale è da vedersi una dimostrazione per assurdo del principio socratico dell’involontarietà del male, e attraverso il suo svolgimento Platone intenderebbe mettere in luce l’insufficienza morale del sapere del sofista Ippia di Elide, che vanta il possesso di un insieme enciclopedico e paratattico di competenze tecniche. Per confermare questa visione, appare fondamentale un’analisi dell’argomentazione che ne consideri lo sviluppo in quanto elenchos (cap. III): solo così non vi possono essere dubbi sul senso generale, perché il refutandum, cioè la tesi secondo cui è possibile commettere ingiustizia per scienza e quindi volontariamente, si trova esplicitamente asserito ed attribuito all’interlocutore, e si può quindi vedere come la dimostrazione proceda poi senza alcuna fallacia come sua reductio ad absurdum, in cui vien fatta emergere la limitatezza delle discipline professate dal sofista e la necessità di concepire invece la virtù come una scienza superiore che riguarda l’anima in quanto tale.
Parte integrante della confutazione deve essere considerata anche la sezione centrale dedicata ad Omero (cap. IV), in cui Socrate mostra direttamente le paradossali conseguenze dell’ammettere che una persona, esemplificata dall’immagine che Ippia ha di Odisseo, possa ingannare e compiere il male volontariamente, e in cui rovescia anche il giudizio inizialmente espresso dall’altro secondo cui Achille è il migliore degli Achei, rivelando come l’eroe agisca invece senza la guida della conoscenza del bene (una critica che tocca punti importanti dell’analisi platonica del personaggio: Appendice).
Nel complesso, pur restando un unicum per lo sviluppo interamente paradossale di cui solo alla fine Socrate dichiara di non condividere i risultati, il dialogo trova precisi paralleli formali nello Ione e nel Protagora, nei quali si può ravvisare la stessa costruzione agonistica in cui il confronto tra le posizioni dei contendenti è però sostituito dall’elenchos, con un particolare legame fra la struttura letteraria e quella logica che unisce le tre opere e le distingue dal resto dei dialoghi propriamente aporetici (cap. V).
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