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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07212007-190145


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
El Houssi, Leila
URN
etd-07212007-190145
Titolo
L’antifascismo italiano in Tunisia tra le due guerre 1919-1939
Settore scientifico disciplinare
SPS/06
Corso di studi
STORIA, ISTITUZIONI E RELAZIONI INTERNAZIONALI DEI PAESI EXTRAEUROPEI
Relatori
Relatore Prof. Del Vecchio, Edoardo
Parole chiave
  • Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
19/04/2007
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/04/2047
Riassunto
Nel cercare di mettere alla prova la veridicità o meno dell'immagine diffusa, che dipinge la numerosa collettività italiana in Tunisia durante il periodo fascista, sottomessa totalmente al regime di Roma, si è tentato, attraverso questo lavoro, di fornire una trattazione approfondita dell'antifascismo italiano nel paese nordafricano, dal 1919 al 1939. A cavallo tra le due guerre, la presenza costante della comunità italiana, nel paese nordafricano, fece nascere in seno al regime fascista la volontà, più apparente che reale, di fare della Tunisia, una ‹‹terra irredenta». Rilevante in questo contesto apparve l’emergere di un forte antifascismo militante che si organizzò in Tunisia grazie ad elementi della locale comunità italiana. Fu quello dell’affermazione e della strutturazione dell’antifascismo, che pose le sue basi già dagli anni venti per poi consolidarsi dal 1930. Si incontravano da un lato, alcuni membri dell’élite borghese liberale di appartenenza massonica, che rifiutavano il regime fascista e dall'altra esponenti della classe operaia organizzata in partiti della sinistra, sia socialista sia comunista. L’opposizione giungeva soprattutto dai discendenti dei Grana o Qrana, l'élite livornese, spesso di origine ebraica, che aveva svolto per secoli ruoli decisivi nella vita della comunità. Nel tentativo di isolare l'antifascismo dall'elemento autoctono il fascismo italiano perpetrò un’opera di ‹‹fascistizzazione» istituzionale e andò alla ricerca, nei primi anni trenta, di un’intesa con il movimento nazionalista tunisino. Il timore di un’affermazione dell’antifascismo italiano, vista la nascita della sezione della LIDU tunisina, che s’impegnò nella difesa dei perseguitati politici e nell’attiva propaganda politica antifascista, indusse il regime all'uso della violenza perpetrato dall'OVRA. Attentati, minacce, provocazioni, aggressioni e vere e proprie spedizioni punitive distingueranno, negli anni trenta, l'azione fascista nei confronti dei propri oppositori. Un esempio di questa atmosfera fu l’ omicidio del giovane falegname comunista Giuseppe Miceli, nel settembre del 1937. Il tentativo del regime era di attestare la necessità di affermare l'identità fascismo-italianità.
La necessità di spezzare questa falsa identità divenne per il movimento antifascista un obiettivo imperante. Con l'arrivo dei comunisti Velio Spano e Giorgio Amendola che, giunsero alla fine del 1938 fondando il nuovo quotidiano Il Giornale, la colonna antifascista italiana in Tunisia ebbe una legittimazione internazionale. Tuttavia, nel 1939, con la firma del patto ‹‹Ribbentrop- Molotov» l'assetto della ‹‹piattaforma largamente democratica» dell'unione antifascista entrerà in profonda crisi e i comunisti verranno espulsi dalla LIDU.
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