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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07192012-132538


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
BATASTINI, VALENTINA
URN
etd-07192012-132538
Titolo
Tre figure d'artista. Mario Soldati fra letteratura, cinema e pittura.
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
LINGUA E LETTERATURA ITALIANA
Relatori
relatore Prof. Ciccuto, Marcello
Parole chiave
  • Mario Soldati
  • Malombra
  • Piccolo mondo antico
  • America primo amore
  • pittura
  • Boccaccio Boccaccino
  • Fontanesi
Data inizio appello
17/09/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/09/2052
Riassunto
Non è facile descrivere la figura intellettuale di Mario Soldati, la cui vita attraversa tutto il Novecento, dal primo all’ultimo decennio. Può essere definito un letterato, un regista, un giornalista, uno studioso di storia dell’arte, un critico. Tuttavia restringere la sua figura in questi termini potrebbe essere riduttivo e potrebbe portare ad una visione superficiale della sua vita e della sua attività.
Personaggio eclettico e dotato di un costante dinamismo creativo, ha firmato una produzione copiosa e versatile: la varietà degli oggetti culturali realizzati (romanzi e racconti, saggi, reportages, elzeviri, opere a dispense, film, documentari, pubblicità) testimonia una inconsueta disposizione a muoversi tra una pluralità di generi, livelli, ruoli. Propone una nuova figura di intellettuale, che oggi ai nostri occhi appare estremamente moderna, capace di adattarsi ai cambiamenti culturali che stavano avvenendo nel suo secolo.
Questa mutevolezza è dovuta in parte a una predisposizione naturale, in parte a una serie di contesti in cui si è trovato a studiare, lavorare, vivere.
A questo proposito, particolarmente importante è l’intenso e variegato rapporto che Soldati ha avuto con la televisione. Tale rapporto ha inizio proprio con la nascita della televisione italiana il 3 gennaio 1954: in questa prima giornata di programmazione viene messo in onda, alle ore 17.30, il film soldatiano Le miserie del signor Travet del 1945. Comincia allora una lunga collaborazione che proseguirà con la messa in onda di altri suoi film, con l’“ospitata” al Musichiere del 1960, che gli conferirà una prestigiosa investitura di popolarità, ma soprattutto con la sua attività di brillante e instancabile intrattenitore culturale. Insomma Mario Soldati è il primo letterato italiano che diventa divo televisivo. Secondo A. Grasso la televisione ha consacrato Soldati come ‹‹personaggio››, nel senso in cui lo intendiamo oggi: eroe trasversale dei media, testimone disponibile […] uno degli aspetti più sorprendenti di Soldati è la sua coscienza ‹‹mediologica››: aveva afferrato come pochi i meccanismi di funzionamento della televisione e lo dimostra quando […] teorizza sul mezzo.
Sullo stesso tema sono particolarmente significativi due interventi di Soldati stesso.
Il 10 novembre 1962, sulle pagine del ‹‹Il Giorno››, per sostenere il primato della televisione, Soldati scrive: “preferisco mille volte il match visto per televisione al match dal vero”, conoscendone già il risultato. Questa affermazione è definita da A. Grasso “teorema Soldati”.
Nell’aprile 1976, su ‹‹La Stampa››, Soldati attacca duramente i telegiornali, accusandoli di grigiore, di monotonia e di insensibilità al gusto dello spettacolo, intuendo in questo modo la linea evolutiva del giornalismo televisivo italiano, che negli anni successivi risulterà vincente.
Secondo A. Grasso, Soldati è forse “il primo grande media-man della cultura italiana”, in quanto “ha lasciato opere memorabili sia alla letteratura, che al cinema, che alla televisione”.
Il dinamismo di Soldati non è soltanto creativo, ma anche fisico. Fu infatti un instancabile viaggiatore attraverso l’Italia, l’Europa, il mondo: Torino, New York, Roma, Corconio, Milano, Tellaro, ma anche Francia, Africa, Giappone. Il desiderio di non sentirsi legato a un luogo, ma la volontà di essere sempre in viaggio, viaggio che è: “piacere dell’evasione della contraddizione. Il piacere profondo e vitale di cambiare, di espandersi oltre una famiglia, una classe, un paese, una razza”.
Ogni spostamento rappresenta un momento importante della sua vita e ogni città in cui vive è un luogo di passaggio dove si delinea la sua multiforme attività professionale: Torino, la città natale e della sua formazione culturale; New York, come possibilità di iniziare una nuova vita da cittadino americano e scrittore italiano in lingua inglese; Roma, come luogo di apprendistato cinematografico; Corconio, come luogo di “esilio”, di riflessione e ripresa della scrittura; Milano, capitale dell’editoria libraria e periodica, dove si dedicherà alla scrittura a tempo pieno; infine Tellaro, luogo tranquillo dove dedicarsi, in vecchiaia, agli interessi più cari.
I viaggi diventano materia da raccontare nei suoi libri, nei suoi film, nelle sue rubriche giornalistiche, nelle sue inchieste televisive.
Questo suo viaggiare lo mette in contatto con molte persone di ogni ordine e grado, dall’intellettuale raffinato, al politico importante, alla gente del popolo. Con ciascuno di loro ama parlare e discutere. Il suo modo di confrontarsi a volte duro e polemico ha il fine di suscitare atteggiamenti reattivi, di scuotere il suo pubblico e risvegliarlo dall’indifferenza, che è il peggiore dei mali, spingendolo a farsi una propria opinione senza aderire passivamente a quelle prestabilite.
I suoi scritti e le sue rubriche mostrano una forte tensione morale e civile, manifestata però senza atteggiamenti oracolari. Soldati si prende il diritto di dire quello che pensa, ma lo riconosce anche agli altri. Vuole essere, come dice in una sua rubrica, un “bastian contrario”, in bilico tra provocazione e buon senso.
Forse per questi suoi atteggiamenti, il talento di Mario Soldati non è stato del tutto riconosciuto dalla critica passata; è una figura che attende ancora oggi di essere rivalutata e che sta godendo solo ora di una ripresa di interesse.
Questa tesi si propone l’obiettivo di superare la visione superficiale dell’attività soldatiana, tipica di molta parte della critica, analizzando e rivalutando aspetti del dinamismo intellettuale di Soldati, finora non sufficientemente studiati e approfonditi, soprattutto nelle loro reciproche interferenze: ci si soffermerà in particolare sulla sua intensa attività giovanile di studioso e critico d’arte, che rimarrà sempre per Soldati un punto di riferimento, un’impronta non transitoria nelle molteplici attività cui si dedicherà nel corso della sua lunga vita. Infatti la cinematografia di Soldati è strettamente legata all’arte da lui più amata e studiata, cioè la pittura, tanto da ricadere negli anni Quaranta sotto l’accusa di “calligrafismo” o “pittoricismo”, sempre respinta dall’interessato. Ma l’attenzione nei confronti dell’espressione pittorica ricorre anche lungo tutta la produzione letteraria soldatiana, come filtro di lettura e come elemento organizzatore della visione: colpisce in particolare il fatto che figure di pittori e di storici dell’arte compaiano in più di un’occasione nei suoi romanzi. Rivelatore di questa centralità della pittura nelle sue varie attività professionali è il rocambolesco episodio -più volte raccontato da entrambi i protagonisti- della copertina di America primo amore, richiesta da Soldati nel 1934 all’amico letterato e pittore Carlo Levi e da quest’ultimo completata appena in tempo, prima del suo arresto e del conseguente confino: tale copertina può essere assunta come simbolo dei rapporti tra il Soldati narratore e la pittura. Un analogo valore simbolico delle continue interferenze tra pittura e cinema ha la presenza di un quadro del pittore veneziano Hayez sulle pareti del palazzo del conte d’Ormengo nel film Malombra.
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