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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-07142016-142317


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CORETTI, FRANCESCA
URN
etd-07142016-142317
Titolo
Analisi esplorativa di un nuovo iter diagnostico-terapeutico in pazienti con endocardite su elettrocateteri da stimolazione/defibrillazione
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Dott.ssa Bongiorni, Maria Grazia
Parole chiave
  • dispositivi cardiaci impiantabili
  • endocardite infettiva
  • antibioticoterapia
  • estrazione elettrocateteri
Data inizio appello
20/09/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Negli ultimi anni è stato osservato un notevole aumento dell’utilizzo dei dispositivi cardiaci impiantabili quali pacemaker permanenti, defibrillatori e dispositivi di resincronizzazione cardiaca; questo è stato accompagnato, inevitabilmente, da una crescita del numero delle complicanze ad essi associate tra cui, una delle più frequenti e gravi, è costituita dalle infezioni.
L’infezione può essere limitata alla tasca del generatore, può essere caratterizzata dalla presenza di batteriemia, che a sua volta può costituire la causa o la conseguenza di una colonizzazione del dispositivo impiantato da parte di microrganismi, o può manifestarsi come un’endocardite infettiva franca con vegetazioni.
Recentemente, come ribadito anche nelle linee guida della Società Europea di Cardiologia del 2015, il trattamento considerato più efficace sia nel caso di un’infezione di tasca che nel caso di endocardite infettiva in pazienti portatori di un dispositivo cardiaco impiantabile è la rimozione del dispositivo in tutte le sue componenti associata ad una terapia antibiotica di lunga durata.
La rimozione del dispositivo in toto è spesso indicata anche in pazienti con un’infezione occulta, la quale si manifesta con emocolture positive ottenute in giorni differenti, in assenza di una chiara sede di infezione intracardiaca, sugli elettrocateteri o in qualsiasi altra sede corporea.
La rimozione può essere effettuata per via transvenosa o mediante un intervento di cardiochirurgia.
Indipendentemente dal tipo di approccio utilizzato, l’intervento svolto in modalità endovascolare è gravato da minori complicanze rispetto a quello cardochirurgico e per questo motivo, a meno di altre indicazioni alla chirurgia o della presenza di vegetazioni di grandi dimensioni, viene ad esso preferito. Generalmente in presenza di vegetazioni di dimensioni maggiori di 20 mm di diametro la scelta della modalità di rimozione viene valutata sulla base delle caratteristiche del singolo paziente.
Successivamente alla procedura di rimozione, se vengono confermate le indicazioni all’impianto, dopo un adeguato controllo di tutti i siti di infezione, si provvederà all’impianto di un nuovo dispositivo, il quale generalmente viene posizionato controlateralmente.
Questo studio retrospettivo si propone in primis di analizzare la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia a breve e medio termine di un nuovo iter diagnostico/terapeutico per il trattamento di pazienti con endocardite infettiva associata a dispositivi cardiaci impiantabili, fondato su un approccio graduale e individualizzato sulla base delle caratteristiche del singolo paziente; si propone, inoltre, di verificare la presenza di variabili predittrici di eventi di outcome, quali la mortalità o altri eventi clinicamente rilevanti tali da richiedere l’ospedalizzazione del paziente successivamente alla rimozione del dispositivo infetto.
Nello studio sono stati inclusi 35 pazienti ricoverati tra gennaio 2014 e aprile 2016 presso l’U.O. Cardiologia 2 dell’ospedale Cisanello di Pisa con diagnosi di endocardite infettiva associata a dispositivi cardiaci impiantabili. I pazienti hanno effettuato almeno una volta l’ecografia intracardiaca, gold standard di sensibilità e di specificità per la valutazione delle caratteristiche e delle dimensioni delle vegetazioni, e sono stati successivamente sottoposti a procedura di rimozione del dispositivo cardiaco di cui erano portatori.
Le più recenti linee guida, che sostengono l’importanza di un trattamento combinato basato sulla completa rimozione del dispositivo (sia del generatore che degli elettrocateteri) accompagnata da una terapia antibiotica di durata non inferiore a due settimane dopo la procedura di rimozione, non definiscono con precisione l’importanza di effettuare una terapia antibiotica anche prima della procedura stessa.
Il nuovo iter diagnostico/terapeutico oggetto di questo studio conferisce, invece, grande importanza all’utilizzo di una terapia medica basata sulla somministrazione di antibiotici (scelti sulla base dell’antibiogramma) e spesso anche di anticoagulanti di durata di almeno 2 settimane prima della procedura di rimozione. Ciò con l’intento di ridurre sia le dimensioni delle vegetazioni e quindi il rischio di sviluppo di embolia polmonare massiva in seguito alla procedura di rimozione, sia la carica batterica delle vegetazioni, dei tessuti circostanti e della tasca del generatore e quindi il rischio di sviluppo di sepsi post-estrazione.
La terapia medica precedente la rimozione del dispositivo, in presenza di condizioni di stabilità emodinamica, viene proseguita fin quando le dimensioni delle vegetazioni non si riducono a livello tale da rendere più sicura la procedura stessa minimizzando sia il rischio di sepsi sia di embolia polmonare massiva.
Dopo l’estrazione i pazienti vengono sottoposti, come indicato dalle linee guida, ad una terapia antibiotica prolungata.
Tutti i pazienti arruolati nello studio avevano vegetazioni correlate agli elettrocateteri documentate con metodiche di imaging e valutate anche mediante ecografia intracardiaca; il 57,14% presentava vegetazioni di dimensioni maggiori di 20 mm. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia antibiotica prima della rimozione del dispositivo: solo nell’11,43% dei casi questa ha avuto una durata inferiore a quattro settimane, mentre nel 68,57% dei casi è stata effettuata per un periodo maggiore di otto settimane.
La rimozione del dispositivo è avvenuta nell’88,57% dei casi per via percutanea, nell’8,57% dei casi per via cardiochirurgica in seguito alla non riuscita dell’intervento effettuato per via percutanea e nel 2,86% dei casi il dispositivo è stato rimosso direttamente mediante cardiochirurgia per mancata riduzione delle dimensioni delle vegetazioni nonostante una prolungata terapia antibiotica e anticoagulante.
Tra i pazienti in cui la rimozione del generatore e degli elettrocateteri è avvenuta mediante una procedura percutanea in un caso si è verificata una complicanza maggiore, mentre in tre pazienti si sono verificate complicanze minori.
Indipendentemente dal tipo di procedura di rimozione, è stata osservata una mortalità intraospedaliera dell’8,57% mentre nessun paziente è deceduto nei 30 giorni successivi alla dimissione. La mortalità totale al termine del follow-up post-rimozione, durato in media 11,91±8,38 mesi, è stata complessivamente del 17,14%. Tra i pazienti dimessi dopo la procedura di rimozione un solo paziente è deceduto per cause correlate all’infezione.
Sono state, quindi, prese in considerazione alcune variabili sia clinico-anamnestiche, sia inerenti il dispositivo, sia inerenti l’infezione potenzialmente predittrici di morte o di eventi durante il follow-up e sono state analizzate mediante un’analisi statistica univariata con l’obiettivo di individuare le caratteristiche identificative di una categoria di pazienti più fragili.
Da questo studio è emerso che l’utilizzo di una terapia medica, anche prolungata, personalizzata sul singolo paziente, basata sulla somministrazione di antibiotici e anticoagulanti, effettuata prima della procedura di rimozione del dispositivo, costituisce una modalità di trattamento dei pazienti con endocardite infettiva associata a dispositivi cardiaci impiantabili dotata di fattibilità, efficacia e sicurezza che potrebbe aiutare a ridurre la mortalità intraospedaliera, a breve e a medio termine dopo la procedura di rimozione.

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