Tesi etd-07122007-164535 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
Di Bello, Domenica
Indirizzo email
dbldnc@virgilio.it, d.dibello@museo.unipi.it
URN
etd-07122007-164535
Titolo
Biomarkers di esposizione a xenobiotici in specie ittiche di acque temperate ed antartiche
Settore scientifico disciplinare
BIO/05
Corso di studi
MEDICINA VETERINARIA
Relatori
Relatore Prof. Pretti, Carlo
Parole chiave
- Biormarkers
- Citocromo P450
- Dicentrarchus labrax
- enzimi di fase II
- Trematomus bernacchii
Data inizio appello
22/06/2007
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
22/06/2047
Riassunto
Gli organismi, in tutti i comparti ambientali e in particolar modo negli ecosistemi acquatici, sono esposti ad una serie di contaminanti (xenobiotici) o miscele di essi che possono manifestare il loro effetto tossico a differenti livelli dell’organizzazione biologica: a livello biochimico-cellulare questi effetti possono essere misurati attraverso l’impiego di biormarkers, misurazioni in cellule o in tessuti che indicano le modificazioni biochimiche o cellulari dovute alla presenza di agenti tossici. Gli effetti ai livelli gerarchici alti (organismo, popolazione), sono spesso preceduti da cambiamenti antecedenti a questi ultimi che tuttavia possono essere rilevati precocemente prima che gli effetti tossici abbiano raggiunto target critici attraverso i biomarkers, che possono essere così considerati precoci segnali di allarme.
Lo scopo della presente ricerca ha riguardato la valutazione dell’effetto di composti xenobiotici, appartenenti alla classe dei cosiddetti “endocrine disruptors” e degli idrocarburi poliaromatici, in specie ittiche (allevate ed allo stato selvatico) attraverso l’analisi di biomarkers di esposizione. Le specie oggetto dello studio sono state la spigola (Dicentrarchus labrax), una specie eurialina largamente utilizzata a scopo zootecnico ed una specie antartica tipica degli ambienti estremi, il Trematomus bernacchii.
Il sistema endocrino degli organismi è esposto ad una grande varietà di sostanze naturali di provenienza industriale che possono interferire con il sistema riproduttivo e creare effetti avversi, come l’alterazione dei sistemi enzimatici metabolizzanti gli xenobiotici. La prima parte dello studio ha riguardato gli effetti in vivo dell’esposizione a un estrogeno naturale (17β-estradiolo: E2), ad uno xenoestrogeno (4-nonilfenolo: NP, tensioattivo non ionico) e ad un anti-estrogeno (3,3’,4,4’,5-pentaclorobifenile: PCB 126) sugli enzimi epatici di fase I dipendenti dal citocromo P450 (CYP) e di fase II in spigole adulte di sesso maschile. Il trattamento con E2 ha causato una inibizione selettiva dose- e tempo-dipendente delle attività EROD (legata all’isoforma CYP1A) e glutatione S-transferasi (GST). Un andamento simile è stato riscontrato nei pesci trattati con lo xenoestrogeno 4-nonilfenolo, risultati confermati anche dai livelli di proteina immunoreattiva analizzati con metodica Western blot. Le spigole trattate con 10 o 100 µg/kg di PCB 126, un ligando AhR non ancora testato in vivo nei pesci per la valutazione della anti-estrogenicità, hanno mostrato un limitato incremento delle attività enzimatiche EROD e DT-diaforasi. Nei pesci co-trattati con 0.5 mg/kg E2 e 10 o 100 µg/kg PCB 126 i livelli di EROD e DT-diaforasi sono rientrati ai valori di controllo, probabilmente attraverso un meccanismo di cross-talking che coinvolge i recettori per gli estrogeni ed il recettore AhR o altri fattori di trascrizione che regolano l’espressione di questi enzimi. I risultati di questa prima parte dello studio suggeriscono che l’esposizione delle spigole a xenoestrogeni o antiestrogeni può alterare, addizionalmente ad altri processi fisiologici, la capacità detossificante verso gli xenobiotici, quali ad esempio farmaci che potrebbero essere comunemente impiegati nella pratica zootecnica. La seconda parte dello studio ha riguardato alcuni aspetti del metabolismo degli xenobiotici in una specie ittica sentinella per il monitoraggio degli ecosistemi Antartici, il T. bernacchii. A seguito dell’esposizione dei pesci ad un idrocarburo poliaromatico, il β-naftoflavone ( βNF), sono stati misurati a livello catalitico, trascrizionale e traduzionale i livelli basali e l’induzione tempo-dipendente delle isoforme CYP1A, CYP1B e CYP3A. Inoltre sono state misurate attività enzimatiche quali testosterone idrossilasi, (ω) e (ω-1)-acido laurico idrossilasi ed alcune attività di fase II correlate alla batteria genica del recettore AhR: DT-Diaforasi, glutatione S-transferasi e UDP -glucuronil transferasi. Le misurazioni sono state effettuate sul tessuto epatico ed extraepatico (branchie, intestino e cuore).L’esposizione ha causato un sensibile aumento delle attività CYP1A1-dipendenti (MEROD>EROD) ed un mantenimento di livelli elevati di mRNA nel tempo (indotto anche dopo 20 giorni). L’induzione del CYP1A1, anche se in misura minore rispetto al fegato, è stata evidente anche nelle branchie, ma totalmente assente sia nell’intestino che nel cuore.E’ stata inoltre ottenuta la prima sequenza nucleotidica dell’isoforma CYP1B1 in una specie Antartica, che ha rivelato una omologia dell’89% e 72% al CYP1B1 di platessa e al CYP 1B2 di carpa, rispettivamente. L’espressione costitutiva del CYP1B1 è limitata alle branchie ed è inducibile da βNF. I risultati ottenuti rappresentano un contributo addizionale alla caratterizzazione ecotossicologica di T. bernacchii ed un supporto per l’uso dei biomarkers per la valutazione di precoci effetti dell’inquinamento chimico in zone remote quali l’Antartide
Lo scopo della presente ricerca ha riguardato la valutazione dell’effetto di composti xenobiotici, appartenenti alla classe dei cosiddetti “endocrine disruptors” e degli idrocarburi poliaromatici, in specie ittiche (allevate ed allo stato selvatico) attraverso l’analisi di biomarkers di esposizione. Le specie oggetto dello studio sono state la spigola (Dicentrarchus labrax), una specie eurialina largamente utilizzata a scopo zootecnico ed una specie antartica tipica degli ambienti estremi, il Trematomus bernacchii.
Il sistema endocrino degli organismi è esposto ad una grande varietà di sostanze naturali di provenienza industriale che possono interferire con il sistema riproduttivo e creare effetti avversi, come l’alterazione dei sistemi enzimatici metabolizzanti gli xenobiotici. La prima parte dello studio ha riguardato gli effetti in vivo dell’esposizione a un estrogeno naturale (17β-estradiolo: E2), ad uno xenoestrogeno (4-nonilfenolo: NP, tensioattivo non ionico) e ad un anti-estrogeno (3,3’,4,4’,5-pentaclorobifenile: PCB 126) sugli enzimi epatici di fase I dipendenti dal citocromo P450 (CYP) e di fase II in spigole adulte di sesso maschile. Il trattamento con E2 ha causato una inibizione selettiva dose- e tempo-dipendente delle attività EROD (legata all’isoforma CYP1A) e glutatione S-transferasi (GST). Un andamento simile è stato riscontrato nei pesci trattati con lo xenoestrogeno 4-nonilfenolo, risultati confermati anche dai livelli di proteina immunoreattiva analizzati con metodica Western blot. Le spigole trattate con 10 o 100 µg/kg di PCB 126, un ligando AhR non ancora testato in vivo nei pesci per la valutazione della anti-estrogenicità, hanno mostrato un limitato incremento delle attività enzimatiche EROD e DT-diaforasi. Nei pesci co-trattati con 0.5 mg/kg E2 e 10 o 100 µg/kg PCB 126 i livelli di EROD e DT-diaforasi sono rientrati ai valori di controllo, probabilmente attraverso un meccanismo di cross-talking che coinvolge i recettori per gli estrogeni ed il recettore AhR o altri fattori di trascrizione che regolano l’espressione di questi enzimi. I risultati di questa prima parte dello studio suggeriscono che l’esposizione delle spigole a xenoestrogeni o antiestrogeni può alterare, addizionalmente ad altri processi fisiologici, la capacità detossificante verso gli xenobiotici, quali ad esempio farmaci che potrebbero essere comunemente impiegati nella pratica zootecnica. La seconda parte dello studio ha riguardato alcuni aspetti del metabolismo degli xenobiotici in una specie ittica sentinella per il monitoraggio degli ecosistemi Antartici, il T. bernacchii. A seguito dell’esposizione dei pesci ad un idrocarburo poliaromatico, il β-naftoflavone ( βNF), sono stati misurati a livello catalitico, trascrizionale e traduzionale i livelli basali e l’induzione tempo-dipendente delle isoforme CYP1A, CYP1B e CYP3A. Inoltre sono state misurate attività enzimatiche quali testosterone idrossilasi, (ω) e (ω-1)-acido laurico idrossilasi ed alcune attività di fase II correlate alla batteria genica del recettore AhR: DT-Diaforasi, glutatione S-transferasi e UDP -glucuronil transferasi. Le misurazioni sono state effettuate sul tessuto epatico ed extraepatico (branchie, intestino e cuore).L’esposizione ha causato un sensibile aumento delle attività CYP1A1-dipendenti (MEROD>EROD) ed un mantenimento di livelli elevati di mRNA nel tempo (indotto anche dopo 20 giorni). L’induzione del CYP1A1, anche se in misura minore rispetto al fegato, è stata evidente anche nelle branchie, ma totalmente assente sia nell’intestino che nel cuore.E’ stata inoltre ottenuta la prima sequenza nucleotidica dell’isoforma CYP1B1 in una specie Antartica, che ha rivelato una omologia dell’89% e 72% al CYP1B1 di platessa e al CYP 1B2 di carpa, rispettivamente. L’espressione costitutiva del CYP1B1 è limitata alle branchie ed è inducibile da βNF. I risultati ottenuti rappresentano un contributo addizionale alla caratterizzazione ecotossicologica di T. bernacchii ed un supporto per l’uso dei biomarkers per la valutazione di precoci effetti dell’inquinamento chimico in zone remote quali l’Antartide
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