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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07072013-101058


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
MOCELLIN, DAVIDE MARIA
URN
etd-07072013-101058
Titolo
La rivascolarizzazione nelle arteriopatie obliteranti croniche degli arti inferiori dal 2005 ad oggi: valutazione clinica ed economica
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Ferrari, Mauro
Parole chiave
  • rivascolarizzazione
  • arteriopatie
Data inizio appello
23/07/2013
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
23/07/2053
Riassunto
ARGOMENTO: L’arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP) comprende le entità nosologiche caratterizzate dall’ostruzione del flusso sanguigno nelle arterie degli arti inferiori. La causa di questo fenomeno è la patologia aterosclerotica, che nei soggetti interessati ha spesso una localizzazione multidistrettuale, infatti si riscontra spesso la concomitanza di altre malattie cardiovascolari. La prevalenza dell’AOCP risulta essere del 6-9% nei paesi occidentali, ma solo il 22% dei soggetti manifesta sintomi.
Difatti, la classificazione di Leriche-Fontaine prevede quattro stadi progressivi di malattia: stadio I asintomatico, II claudicatio intermittens, III dolore a riposo, IV lesioni trofiche. Gli ultimi due stadi sono definiti di ischemia critica e se non trattati possono portare alla perdita dell’arto. La terapia chirurgica consiste nella rivascolarizzazione del vaso steno-occluso, che può avvenire con tecnica tradizionale, endovascolare o ibrida.
OBIETTIVI DELLO STUDIO: Alla luce dell’attuale congiuntura economica e delle ultime innovazioni
tecnologiche in termini di rivascolarizzazione transluminale, è stata analizzata l’evoluzione della chirurgia vascolare nel trattamento dei pazienti con AOCP dal 2005 al 2012. In particolare, sono stati presi in esame i risultati postoperatori ed i costi sanitari diretti relativi agli interventi eseguiti in chirurgia tradizionale, endovascolare e ibrida.
MATERIALI E METODI: Il lavoro si qualifica come uno studio longitudinale retrospettivo, in quanto la raccolta dei dati è stata effettuata per mezzo delle cartelle cliniche dei pazienti trattati per AOCP nella U.O.
Chirurgia vascolare di Pisa dal 2005 al 2012. La coorte è composta da 1073 soggetti su cui sono state eseguite 1603 procedure di cui: 27,07% in chirurgia tradizionale, 36,93% in chirurgia endovascolare, 13,27% per mezzo di tecnica ibrida, 12,41% amputazioni maggiori, cioè di gamba o coscia. Il rapporto fra le metodiche tradizionali e quelle endovascolari si è invertito durante il periodo di esame, per cui nel 2012 queste ultime risultano essere le più utilizzate. Le comorbilità riscontrate nei pazienti e il numero di distretti rivascolarizzati per ogni intervento sono aumentati negli anni considerati.
RISULTATI: La durata degli interventi ha subito solo leggere variazioni, mentre la degenza media, e specialmente quella successiva a procedure percutanee, si è fortemente ridotta. Il tasso di infruttuosità degli interventi endovascolari è diminuito, mentre è aumentato quello delle riocclusioni precoci e delle amputazioni dopo queste procedure. Alla dimissione, l’ABI in seguito ai tre diversi tipi di procedura è sovrapponibile, ma i soggetti trattati con tecnica tradizionale e ibrida avevano un indice di partenza molto più basso. La percentuale di amputazioni si è complessivamente ridotta, passando dal 17% al 12%. Il costo totale dell’ospedalizzazione è lievemente diminuito per le procedure tradizionali e ibride, mentre è notevolmente calato per la chirurgia endovascolare, principalmente grazie alla riduzione delle giornate di degenza. In quest’ambito la spesa per i device si è mantenuta stabile, a causa di un maggior utilizzo di cateteri a palloncino e un minor impiego di stent. La spesa media per intervento è mediamente diminuita ma l’aumento del numero di pazienti trattati ha causato un incremento della spesa complessiva.
CONCLUSIONI: La diffusione della chirurgia endovascolare ha permesso di candidare alla rivascolarizzazione un numero sempre maggiore di pazienti, riducendo il tasso di perdite d’arto ed i costi per ogni ospedalizzazione. La maggior dimestichezza con questa tecnica e l’utilizzo di device sempre più performanti ha però portato ad eseguire interventi progressivamente più complessi, gravati da un tasso di insuccesso maggiore. Per tali ragioni non è ipotizzabile che la chirurgia endovascolare soppianti completamente quella tradizionale, ma le due metodiche sono destinate a convivere, almeno per i prossimi anni.
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