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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-07072011-150336


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione
Autore
VANNI, ALESSANDRA
URN
etd-07072011-150336
Titolo
CPFA e shock settico
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
ANESTESIA E RIANIMAZIONE
Relatori
correlatore Dott. Forfori, Francesco
relatore Prof. Giunta, Francesco
Parole chiave
  • CPFA
  • shock settico
  • sepsi
Data inizio appello
29/07/2011
Consultabilità
Completa
Riassunto
RIASSUNTO
La sepsi rappresenta la principale causa di morbilità e mortalità nelle terapie intensive, con percentuali di mortalità variabili dal 20% al 70% a seconda della severità del quadro clinico e del coinvolgimento sistemico. I processi fisiopatologici alla base di questa entità clinica sono il risultato dell’interazione tra meccanismi che determinano una liberazione di mediatori a prevalente azione pro-infiammatoria come TNF-α, IL-1, IL-6, IL-8, e citochine ad azione anti-infiammatoria come IL-10 e IL-4. I mediatori dell'infiammazione determinano danno endoteliale, inducono vasoparalisi, e sono responsabili della scomparsa di permeabilità selettiva con importanti ripercussioni sull’assetto emodinamico. L’impiego dei trattamenti di depurazione extracorporea vede il suo razionale nella rimozione, non molecola-specifica, di vari mediatori. Lo scopo di questo studio è valutare l’impatto sulla morbilità e sulla mortalità, in soggetti con shock settico ricoverati in terapia intensiva, di una tecnica di depurazione extracorporea che associa alla plasma filtrazione e allo scambio diffusivo-convettivo, l’adsorbimento su cartuccia. Questa tecnica viene definita con l’acronimo CPFA (Coupled Plasma Filtration Adsorption). Per questo scopo sono stati analizzati retrospettivamente 19 pazienti, 13 uomini e 6 donne, età media 66 anni, ricoverati in shock settico nel periodo Gennaio 2009 - Giugno 2011 presso la 4° U.O. Anestesia e Rianimazione Univ. sottoposti a tale trattamento. Per lo studio sono stati considerati i parametri emodinamici, respiratori, renali, ematochimici, il punteggio SAPS II all’ingresso in terapia intensiva, ed il punteggio SOFA giornaliero. Tutti i pazienti sono stati trattati seguendo le linee guida della Surviving Sepsis Campaign oltre all’uso della CPFA.
Tutti i dati sono stati statisticamente analizzati. Dai risultati emerge che la mortalità al 28° giorno risulta del 10,53% a fronte di una predetta probabilità media di morte intraospedaliera del 75%, stimata secondo il sistema di classificazione SAPS II, un significativo miglioramento del SOFA score (12,21±3,26 vs 5,06±3,68), indice del danno multiorgano, e un miglioramento significativo di alcuni parametri emodinamici sistemici come la pressione arteriosa media (72,84±16,28 vs 96,41±11,99 mmHg), con progressiva riduzione fino alla sospensione della terapia con ammine vasoattive. Inoltre è stato constatato un incremento del rapporto tra pressione arteriosa dell’O2 e la frazione di ossigeno inspirata (PaO2/FiO2: 207,2±65,62 vs 279,24±87,73), indice della funzione respiratoria, e un miglioramento significativo per alcuni indici di funzionalità renale (creatininemia: 2,15±0,88 vs 1,19±0,73 mg/dL). In fine è stato notato un rientro nei range di normalità della conta leucocitaria, sia nei pazienti che avevano all’ammissione valori superiori (>12x103/mm3: 14,65±7,39 vs 11,45±8,18 alla dimissione), o inferiori alla norma (<5x103/mm3: 2,31±1,4 vs 8,25±1,2 alla dimissione).
L’uso della CPFA sembra pertanto migliorare l’outcome dei pazienti con shock settico.

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