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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06292018-104417


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
VOLPI, FEDERICA
URN
etd-06292018-104417
Titolo
Studio dei pazienti con ictus ischemico iperacuto mediante tecniche TC non convenzionali
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Cosottini, Mirco
Parole chiave
  • ictus ischemico
  • TC perfusione
Data inizio appello
17/07/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/07/2088
Riassunto
Riassunto analitico

Background

L’ictus ischemico rappresenta la seconda causa di morte a livello globale e la prima causa di disabilità nella popolazione anziana. Attualmente sono disponibili terapie fibrinolitiche sistemiche e trattamenti endovascolari mediante trombectomia meccanica, che hanno dimostrato la loro efficacia all’interno di finestre terapeutiche (4,5 ore per la fibrinolisi endovenosa sistemica, 6 ore per la trombectomia meccanica).
La selezione del paziente che trae beneficio dai trattamenti di ricanalizzazione è affidata all’imaging: tra le tecniche di studio vi è la TC di perfusione cerebrale, utilizzabile per identificare il core ischemico (tessuto che è andato incontro a necrosi) e la penombra ischemica (tessuto ipoperfuso e potenzialmente salvabile in seguito a riperfusione).

Scopo della tesi

Valutazione dei parametri di perfusione TC come indicatori di volume finale di infarto in pazienti che verranno sottoposti a trattamento endovascolare.

Materiali e metodi

Sono stati inclusi nello studio 31 pazienti con ictus ischemico in fase iperacuta. Ogni paziente è stato sottoposto a valutazione diagnostica con TC senza mezzo di contrasto (MdC), angio-TC trifasica e TC di perfusione; successivamente sono stati trattati mediante trombectomia meccanica. Il risultato della ricanalizzazione è stato misurato con lo score TICI (3: completa ricanalizzazione; 0: assenza di ricanalizzazione). Le immagini di TC di perfusione sono state elaborate ottenendo le mappe di CBV (Cerebral Blood Volume) e MTT (Mean Transit Time) tramite due software differenti (A e B), mentre le mappe di CBF (Cerebral Blood Flow) e Tmax (time to the maximum of residue function) sono state ottenute solamente con il software A. Utilizzando il software A, il core ischemico è stato definito in modalità semiautomatica come volume a ridotto CBV o a ridotto CBF, e in modalità automatica come volume a ridotto CBF (CBF-auto). Il volume del tessuto ipoperfuso è stato definito in modalità semiautomatica come volume ad aumentato MTT o ad aumentato Tmax, e in modalità automatica come volume ad aumentato Tmax (Tmax-auto). La penombra ischemica è stata definita come differenza (mismatch) tra i parametri Tmax e CBF, Tmax-auto e CBF-auto, e come differenza tra i parametri MTT e CBV.
Il volume finale dell’infarto è stato definito come volume della malacia rilevata tramite esame TC senza mezzo di contrasto a 24 ore dal trattamento endovascolare.
Al fine di individuare quale parametro perfusionale fosse in grado di stimare meglio il volume finale di infarto, i volumi di core ischemico e del tessuto ipoperfuso, ottenuti mediante il software A, sono stati correlati al volume finale dell’infarto mediante test di Spearman, nei pazienti con diverse classi di ricanalizzazione. Per ogni classe di ricanalizzazione è stata poi calcolata la percentuale di tessuto potenzialmente salvabile andata incontro a necrosi, secondo la formula:

(Volume finale di infarto-Volume CBF)/(Volume Tmax-Volume CBF)
Il volume finale di infarto a 24 ore, nei pazienti ricanalizzati e non, è stato posto in correlazione con l’outcome clinico, calcolato mediante la scala mRS a 3 mesi. Anche in questo caso per la valutazione della correlazione è stato utilizzato il test di Spearman.
Il test di Wilcoxon per dati appaiati è stato utilizzato per confrontare i volumi di mismatch (Tmax-CBF) calcolati dal software A con le due modalità (semiautomatica e automatica) e per confrontare i volumi di mismatch (MTT-CBV) calcolati dai due diversi software.

Risultati

Tramite il software A con segmentazione semiautomatica sono stati ottenuti i volumi medi dei seguenti parametri: CBV=12535 mm3, CBF=15571 mm3, MTT=74127mm3 e Tmax=80518 mm3. I valori medi dei volumi ottenuti con segmentazione automatica sono: CBF-auto=16294 mm3 e Tmax-auto=81616 mm3.
Per 5 pazienti non è stato possibile ottenere la misura definitiva dell’infarto finale (volume finale di infarto a 24h). Di questi, 4 pazienti hanno sviluppato una emorragia intracranica sintomatica e 1 paziente ha subito un intervento di emicraniectomia decompressiva. Il volume medio finale dell’infarto misurato a 24h è pari a 41436 mm3.
Dei 26 pazienti per cui è stato possibile ottenere i volumi finali di infarto, 14 sono stati completamente ricanalizzati (TICI 3), 5 pazienti sono stati completamente ricanalizzati, ma il flusso ematico cerebrale alla ricanalizzazione risultava rallentato (TICI 2B), 5 pazienti sono stati ricanalizzati parzialmente e meno dei 2/3 del territorio vascolare risultava visualizzabile (TICI 2A), 2 pazienti non sono andati incontro a ricanalizzazione (TICI 0). Nessun paziente del campione è stato classificato come TICI 1 (parziale ricanalizzazione con minimo passaggio di mezzo di contrasto oltre la lesione occludente).
Nei pazienti TICI 3 e 2B, i volumi ottenuti dalla segmentazione semiautomatica delle mappe di CBV e CBF, e dalla segmentazione automatica della mappa CBF (CBF-auto), mostrano delle correlazioni statisticamente significative con i volumi finali di infarto. (CBV: r=0,64; p=0,002) (CBF:r=0,75; p=0,0002) (CBF-auto: r=0,55; p=0,01).
Nei pazienti TICI 0 e 2A, i volumi ottenuti dalla segmentazione semiautomatica delle mappe di MTT e Tmax, e dalla segmentazione automatica della mappa Tmax (Tmax-auto), mostrano delle correlazioni statisticamente significative con i volumi finali di infarto. (MTT: r=0,85; p=0,02) (Tmax: r=0,86 p=0,01) (Tmax-auto: r=0,75; p=0,05).
Le percentuali medie ottenute analizzando i volumi di tessuto necrotizzato rispetto a quello potenzialmente salvabile sono state del 2% nei TICI 3, del 49% nei TICI 2B, 116% nei TICI 2A, 176% nei TICI 0.
La correlazione tra il volume finale dell’infarto e l’outcome clinico valutato tramite scala mRS a 3 mesi, si riferisce a un pool di 19 pazienti, poiché per 7 di essi non è stato possibile risalire al dato clinico. La correlazione è risultata statisticamente significativa (r=0,77; p=0,0001). Nei pazienti correttamente ricanalizzati (TICI 3 e 2B; n=14), esiste una correlazione significativa tra i volumi di infarto finale e il parametro mRS a tre mesi (r= 0,63 con p= 0,01). Anche nei pazienti non correttamente ricanalizzati (TICI 0 e 2A; n=5) la correlazione tra i volumi finali di infarto e il parametro mRS a 3 mesi è significativa (r=0,87 con p=0,05).
Dal software B è stato possibile elaborare solo le mappe di CBV (volume medio=15736 mm3) e MTT (volume medio=88500 mm3).
I mismatch ottenuti come differenza dei volumi Tmax-CBF calcolati in modalità semiautomatica (volume medio=62344 mm3) e automatica (volume medio=62437 mm3) con il software A, non sono risultati significativamente differenti (p=0,41).
I mismatch ottenuti come differenza dei volumi MTT-CBV utilizzando il software A (volume medio=61592 mm3) e B (volume medio=72763 mm3) sono risultati significativamente differenti (p=0,01).

Discussione

L’indice di perfusione CBF, ottenuto in modalità semiautomatica, presenta la miglior correlazione con il volume finale di infarto, nei pazienti adeguatamente ricanalizzati (TICI 3 e 2B). Il CBF può essere inteso come indice di core ischemico e la TC perfusione pre-trattamento indica, con il CBF, quale area andrà inevitabilmente incontro a necrosi, indipendentemente dal trattamento effettuato.
L’indice di perfusione Tmax, ottenuto in modalità semiautomatica, presenta la correlazione migliore con il volume finale dell’infarto, ma solo nei pazienti in cui non c’è stata adeguata ricanalizzazione (TICI 0,2A). La TC di perfusione permette quindi di identificare l’estensione del tessuto potenzialmente salvabile, che andrà incontro a necrosi qualora la ricanalizzazione non fosse completa.
Gli indici di correlazione più bassi sono quelli che descrivono la relazione tra i volumi finali di infarto e i volumi di core ischemico e di tessuto ipoperfuso calcolati in modalità automatica. L’utilizzo delle soglie per la valutazione dei parametri di perfusione, in modalità completamente automatica, presenta dei limiti intrinseci derivati da una eccessiva semplificazione nella rappresentazione delle mappe perfusionali.
In base al grado di ricanalizzazione si è visto come la percentuale di tessuto perso, rispetto a quello potenzialmente salvabile, sia più bassa nei pazienti TICI 3, indice del fatto che una adeguata procedura di ricanalizzazione mediante trombectomia meccanica è auspicabile per ridurre il carico lesionale nel paziente con ictus ischemico.
L’outcome clinico valutato tramite mRS a tre mesi nei pazienti con ictus ischemico correla con il volume finale di infarto a 24 ore, a dimostrazione del fatto che all’aumentare del volume di necrosi consegue inevitabilmente un peggioramento del quadro clinico funzionale. La correlazione tra il volume ischemico e l’outcome è risultata modesta nei pazienti correttamente ricanalizzati (TICI 3 e 2B), indice del fatto che non è solamente l’estensione della malacia a impattare sull’outcome clinico, ma anche altri fattori possono concorrere. Tuttavia la migliore correlazione tra volume ischemico e outcome, ottenuta nei pazienti che non sono stati completamente ricanalizzati (TICI 0 e 2A), è indice del fatto che sebbene una ottima ricanalizzazione non sia garanzia di buon outcome, una pessima ricanalizzazione predispone ad un pessimo outcome.
Infine, la misura dei parametri perfusionali e quindi l’identificazione del core ischemico e della penombra ischemica si sono dimostrati riproducibili utilizzando lo stesso software, mentre non è stato possibile dimostrare altrettanto utilizzando software diversi.

Conclusioni

La TC di perfusione dà informazioni utili nella selezione del paziente con ictus ischemico iperacuto, fornendo, prima del trattamento, una stima del core ischemico e dell’estensione del tessuto potenzialmente salvabile.
Una ricanalizzazione ottimale del vaso occluso impedisce che il volume della lesione ischemica, apprezzabile con la TC di perfusione, progredisca, mentre una subottimale rivascolarizzazione provoca un incremento volumetrico della lesione stimabile con la TC perfusione.
Il volume di infarto finale può fornire una indicazione sul quello che sarà il risultato clinico a distanza, ma è opportuno tenere in considerazione il fatto che non è solo la dimensione della lesione ischemica a impattare sull’outcome clinico, bensì concorrono anche altri fattori.
Le misure della perfusione cerebrale, mediante TC di perfusione, sono limitate dal metodo utilizzato per la creazione delle mappe.



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