logo SBA

ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06292016-202229


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
PARRINELLO, MARTA
URN
etd-06292016-202229
Titolo
Epatite gigantocellulare associata ad anemia emolitica autoimmune: ruolo della terapia con Rituximab
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Peroni, Diego
Parole chiave
  • anemia emolitica autoimmune
  • epatite gigantocellulare
  • età pediatrica
  • rituximab
Data inizio appello
19/07/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione. L’epatite gigantocellulare associata ad anemia emolitica autoimmune (GCH-AHA) è una rara patologia esclusiva dell’infanzia (esordisce nei primi due anni di vita). Nella letteratura in lingua inglese ne sono riportati circa 50 casi. È caratterizzata dall’associazione di un’emolisi autoimmune con una severa malattia epatica, che istologicamente presenta una trasformazione degli epatociti in sincizi plurinucleati. È considerata una patologia rara, risulta infatti associata ad una mortalità di circa il 30% nonostante una terapia immunosoppressiva aggressiva.
La sua patogenesi non è ancora del tutto chiara, ma si ipotizza un’origine autoimmune, verosimilmente anticorpo-mediata.
La terapia di prima linea prevede l’uso di steroidi ad alti dosaggi e azatioprina come terapia d’attacco per bloccare la risposta infiammatoria. Una volta ottenuta la remissione si dovrebbe gradualmente scalare la dose degli steroidi. Molto spesso però la patologia tende a recidivare.
La necessità di un multiplo trattamento immunosoppressore e l’uso precoce di dosi elevate di steroidi, espone i bambini con GCH-AHA a gravi effetti collaterali. Negli anni quindi si è presentata l’esigenza di individuare delle terapie in grado di ottenere e mantenere la remissione della malattia e allo stesso tempo che permettano di ridurre le dosi dei corticosteroidi.
Scopo dello studio. Questo studio si pone come obiettivo quello di dimostrare l’utilità e l’efficacia del Rituximab, anticorpo monoclonale anti-CD20, nel trattamento delle forme di GCH-AHA non responsive a terapia di prima linea. In letteratura esistono altri studi in cui è dimostrata la validità di questo farmaco che ha permesso di ottenere e mantenere una remissione completa e di ridurre e in alcuni casi sospendere, i corticosteroidi, senza rilevanti effetti collaterali.
Nel nostro studio sono descritti tre casi: due bambine seguite dall’Ambulatorio di Gastroenterologia ed epatologia pediatrica di Pisa e un bambino seguito invece dalla Clinica Universitaria di Trieste. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a trattamento con Rituximab soltanto come terapia di seconda linea.
Risultati. La storia clinica dei tre pazienti in esame è piuttosto eterogenea. L’età media di insorgenza è di 7,5 mesi e le modalità d’esordio variabili ma sovrapponibili ai dati presenti in letteratura.
I nostri pazienti sono stati sottoposti a terapia cortisonica rispettivamente per: 8 anni e 9 mesi, 5 anni e 2 anni e 6 mesi. In tutti è quindi possibile riconoscere gli importanti effetti collaterali degli steroidi: eccesso ponderale, arresto della crescita, ipertensione arteriosa, irsutismo e cataratta.
Nel primo caso la malattia è esordita all’età di sei mesi con anemia emolitica autoimmune seguita il mese dopo dal coinvolgimento epatico. All’esordio, data la severità del quadro, è stata posta d’emblée una triplice terapia con due immunosoppressori (azatioprina e ciclosporina) e prednisone (3 mg/Kg/die).
La paziente è stata sottoposta a due cicli di terapia con Rituximab: il primo (3 dosi) all’età di 2 anni e 8 mesi che ha permesso di ottenere una remissione per circa 25 mesi e di ridurre la dose di prednisone (da 2 mg/Kg/die a 1,87 mg/48h). Il secondo ciclo (2 dosi distanziate da 5 mesi) è stato effettuato dopo circa 3 anni dal primo e ha indotto una remissione che persiste tutt’oggi con prednisone a 0,1 mg/Kg/48h e azatioprina a 2 mg/Kg/die.
Il secondo caso è quello di una bambina con esordio a 11 mesi con comparsa di febbre e iporessia. In una prima fase la malattia è stata tenuta sotto controllo con prednisone e azatioprina e poi è stato necessario introdurre la ciclosporina. È stata poi trattata con 6 dosi di Rituximab, somministrate in un periodo di circa 9 mesi, ottenendo una remissione dall’epatocitolisi. Questo trattamento ha permesso di ridurre la dose del prednisone fino a 2.5 mg/die, ma si è associata ad una nuova poussé di malattia con neutro e piastrinopenia, trattata con somministrazione di immunoglobuline endovena ( 2 mg/kg). Una ulteriore dose di Rituximab attualmente permette una remissione completa associata a 0.26 mg/kg a giorni alterni di Prednisone e 1.31 mg/kg/die di Azatioprina.
Il terzo paziente è un bambino con esordio all’età di 8 mesi con anemia emolitica severa e ipertransaminasemia senza deficit di sintesi. Inizialmente la malattia è stata controllata con corticosteroidi, ciclosporina e poi anche con immunoglobuline endovena a cicli mensili. In seguito ad una importante anemizzazione è stato avviato un primo ciclo di quattro dosi di Rituximab. A questo ciclo sono seguite altre due somministrazioni del farmaco pochi mesi dopo che hanno permesso la sospensione degli steroidi, pur continuando la somministrazione di immunoglobuline endovena a scopo di mantenimento della remissione. Una ricaduta con anemia emolitica ha indotto alla reintroduzione degli steroidi ma anche all’esecuzione di altre due somministrazioni di Rituximab. Grazie a queste ulteriori dosi è stato possibile ridurre fino a sospendere la terapia steroidea e ottenere una completa remissione.
Conclusioni. In tre pazienti con GCH-AHA refrattaria farmaco-resistente, la somministrazione di Rituximab (375 mg/m²) ha permesso di ottenere e mantenere una remissione di malattia con dosi di prednisone inferiori a 0,3 mg/Kg/die. L’unico effetto indesiderato è rappresentato da una ipogammaglobulinemia persistente ma asintomatica.
Il numero di dosi di Rituximab che permette di ottenere questi risultati è variabile da paziente a paziente e deve essere individualizzato (in questo caso rispettivamente 5, 7 e 8).
Questi dati suggeriscono che nelle forme severe di GCH-AHA, non responsive al trattamento di prima linea con prednisone a azatioprina, l’uso del Rituximab permette di ridurre ed eventualmente sospendere la terapia corticosteroidea.
File