Tesi etd-06282022-113502 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
DIOTALEVI, LUCA
URN
etd-06282022-113502
Titolo
IL RUOLO DEL DNA CIRCOLANTE MEDIANTE BIOPSIA LIQUIDA COME MARCATORE DI MALATTIA MINIMA RESIDUA DOPO RESEZIONE CURATIVA DI METASTASI EPATICHE IN PAZIENTI CON TUMORE DEL COLON RETTO METASTATICO
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Cremolini, Chiara
correlatore Dott.ssa Marmorino, Federica
correlatore Dott.ssa Marmorino, Federica
Parole chiave
- ctDNA
- marker prognostico
- metastasi
- oncologia
- os
- prognosi
- relapse free survival
- tumore
Data inizio appello
12/07/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/07/2092
Riassunto
Il cancro del colon-retto è una neoplasia di frequente riscontro a livello globale; se precocemente diagnosticato, le probabilità di guarigione sono molto elevate, mentre i pazienti con cancro colorettale metastatico (mCCR) presentano prospettive di cura molto più limitate, nelle quali hanno un ruolo prioritario l’operabilità delle lesioni e la terapia sistemica con chemioterapici e farmaci biologici per il controllo della malattia e l’allungamento della sopravvivenza.
Quando possibile, la resezione chirurgica è l’unica chance di cura in un sottogruppo di pazienti selezionati con tumore del colon-retto e metastasi limitate al fegato (LL-mCCR). L’avanzamento delle tecniche chirurgiche, la disponibilità di trattamenti sistemici più attivi e gli approcci multidisciplinari hanno consentito di espandere la percentuale di pazienti con LL-mCCR sottoposti a chirurgia con intento curativo. Tuttavia, in questo setting, la maggior parte delle recidive di malattia, dovute alla presenza di malattia minima residua (Minimal Residual Disease – MRD) non evidenziabile alle indagini radiologiche post-operatorie, si verifica entro i primi tre anni dopo la resezione con tassi di recidiva a 3 anni fino al 60%-80%.
Ad oggi, sono ancora sconosciute caratteristiche cliniche convalidate o biomarcatori molecolari in grado di identificare pazienti ad alto rischio di recidiva dopo resezione curativa. Inoltre, un problema di enorme impatto clinico è l’inadeguatezza dei programmi di follow-up successivi alla chirurgia nel cogliere precocemente la recidiva di malattia in questo sottogruppo di pazienti.
La possibilità di rilevare la presenza di MRD post-chirurgica permetterebbe di selezionare adeguatamente i pazienti sulla base del rischio di recidiva di malattia, fornendo all’oncologo un importante strumento per individuare quali pazienti potrebbero beneficiare maggiormente di un trattamento chemioterapico post-operatorio ed eventualmente di un programma di follow-up radiologico post-operatorio più intensivo.
In questo contesto assume rilevanza la biopsia liquida, che offre la possibilità di analizzare i fattori circolanti derivati dal tumore, tra cui il circulating tumour DNA (ctDNA), una frazione libera di DNA tumorale, caratterizzato da alterazioni tumore-specifiche, ricercabile su campioni plasmatici dei pazienti.
Questa promettente applicazione della biopsia liquida, mediante la rilevazione di ctDNA, consentirebbe di studiare la presenza di MRD e la probabilità di recidiva della malattia nei pazienti sottoposti a resezione radicale del tumore.
Diversi studi hanno analizzato il ruolo prognostico del ctDNA e la sua correlazione con la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) in pazienti affetti da tumore del colon-retto resecato, dimostrando un tasso di recidiva più elevato ed una RFS più breve nei pazienti positivi per la presenza di ctDNA rispetto ai pazienti ctDNA negativi.
Negli studi a nostra disposizione i saggi maggiormente utilizzati per l’analisi del ctDNA sono I) la PCR digitale personalizzata (ddPCR), test economico e veloce da eseguire ma limitato dal rilevamento di un piccolo numero di mutazioni geniche e non in grado di rilevare mutazioni non note a priori; o II) le nuove metodiche di next generation sequencing (NGS), che consentono di individuare in una singola analisi un pannello più ampio di geni.
L’attuale paradigma divide le strategie utilizzate in: 1) approccio tumour-informed, in cui alterazioni molecolari precedentemente identificate nel tessuto tumorale sono utilizzate come marcatori per rilevare il ctDNA plasmatico o 2) strategia tumour-uninformed, dedicata all’analisi diretta sul plasma ricercando le mutazioni presenti senza avere la guida delle mutazioni del tessuto tumorale.
Il primo approccio riduce sicuramente i falsi positivi, limitando l’errore di considerare di pertinenza del tumore mutazioni non tumorali, ma tuttavia allunga i tempi dovendo eseguire l’analisi iniziale sul tessuto tumorale e non consente di rilevare l’eterogenicità tumorale.
Tuttavia, nonostante il ruolo rivoluzionario che la biopsia liquida avrà nella gestione dei pazienti oncologici, il suo uso routinario nella patologia colorettale è messo in discussione dalla sensibilità non ottimale dei test disponibili relativa a concentrazioni molto basse di ctDNA nei campioni plasmatici e dalla mancanza attuale di una metodica validata e standardizzata per analizzare le mutazioni tumorali specifiche presenti nel ctDNA.
Sulla base di queste considerazioni, il rilevamento di MRD può anche avere un'applicazione importante nei pazienti resecati con LL-mCCR al fine di definire i pazienti che sono veramente guariti con un intervento chirurgico da quelli che hanno un rischio maggiore di recidiva futura.
Questo lavoro di tesi mira a valutare il ruolo prognostico del ctDNA postoperatorio in termini di RFS in pazienti con LL-mCCR sottoposti a resezione curativa delle metastasi epatiche ed a confrontare i risultati ottenuti con l'analisi del ctDNA mediante ddPCR basata sulla caratterizzazione molecolare del tessuto (coorte 1) con i risultati ottenuti da una strategia tumour-uninformed mediante analisi NGS (coorte 2).
I criteri di inclusione della coorte 1 erano i seguenti: diagnosi istologica di LL-mCCR radicalmente resecato, nessuna evidenza di malattia alla TC post-operatoria (svolta entro 30 giorni dall’intervento chirurgico), disponibilità di campioni di plasma prelevati entro 60 giorni dalla chirurgia (e prima dello svolgimento di eventuale terapia adiuvante) e disponibilità dello status delle alterazioni geniche su campioni istologici di tessuto tumorale.
I pazienti erano considerati ctDNA + se la stessa mutazione ottenuta sul tessuto veniva riscontrata anche nel plasma raccolto a seguito della chirurgia.
All’interno della coorte 1 sono stati inclusi 76 pazienti con LL-mCCR sottoposti a chirurgia curativa. Di questi pazienti, in 39 è stata rilevata la presenza di ctDNA (pazienti ctDNA+) e 37 pazienti sono stati classificati ctDNA-. Dopo un follow-up mediano di 77 mesi, 33 dei 39 soggetti ctDNA+ e 20 dei 37 soggetti ctDNA- sono andati incontro a recidiva, e la nostra analisi dimostra che coloro che erano ctDNA+ avevano un rischio significativamente più alto di sviluppare recidiva (85% vs 54%, p=0,008).
La ddPCR ha mostrato una sensibilità del 62,3%, una specificità del 73,9%, un valore predittivo positivo (VPP) del 84,6% e un valore predittivo negativo (VPN) del 46%. Con riferimento all’endpoint primario dello studio, nella coorte 1, il gruppo di pazienti ctDNA+ otteneva RFS inferiori rispetto al gruppo ctDNA - con una differenza statisticamente significativa. In particolare, la RFS mediana per i pazienti ctDNA+ era di 12,7 mesi versus 27,4 mesi per i ctDNA- (HR= 2.09; 95%CI, 1.20-3.66; p=0.008). Anche all’analisi univariata e multivariata lo status positivo del ctDNA postoperatorio resta correlato ad una RFS minore. Tra gli endpoints secondari, abbiamo valutato l’overall survival (OS) post-operatoria, dimostrando che nel gruppo ctDNA + è risultata minore rispetto a quella dei pazienti negativi, seppur non si raggiunga una significatività statistica. In particolare, la OS post-operatoria mediana è stata di 78.8 mesi per i soggetti ctDNA+ versus una OS non raggiunta per i soggetti ctDNA- (HR 1.65; 95% CI, 0.78–3.47; p=0.183).
Nella parte successiva di questa tesi ci si è concentrati sull’analisi della correlazione tra RFS con lo status del ctDNA, utilizzando però una strategia tumor-uninformed basata sull’analisi del campione plasmatico tramite saggio NGS che analizzava un ampio pannello di geni specifici per il cancro colorettale, considerando ctDNA+ i pazienti che presentassero almeno una mutazione.
All’interno della coorte 2 sono stati inclusi 54 pazienti con LL-mCCR sottoposti a chirurgia curativa. I criteri di inclusione erano simili ai precedenti: diagnosi istologica di LL-mCCR radicalmente resecato, nessuna evidenza di malattia alla TC post-operatoria (svolta entro 30 giorni dall’intervento chirurgico). Nei pazienti candidati a chemioterapia adiuvante i campioni di plasma sono stati ottenuti prima del suo inizio, al fine di evitare eventuali effetti confondenti.
Il ctDNA è stato rilevato in 17 (31,5%) su 54 campioni. Durante il follow- up mediano di 70 mesi, 14 dei 17 soggetti ctDNA+ (82%) e 21 dei 37 soggetti ctDNA- (57%) sono andati incontro a recidiva e si è visto che coloro che erano ctDNA+ avevano un rischio numericamente più alto di sviluppare recidiva (82% vs 57%, p=0,123), ma in assenza di una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. La tecnologia NGS per la ricerca di mutazioni in modalità tumor-uninformed ha mostrato una sensibilità del 40%, una specificità del 84%, e un VPP e un VPN rispettivamente del 82% e 43%.
In termini di endpoint primario, anche per la coorte 2, la rilevazione di ctDNA postoperatorio era associata a RFS significativamente minore: la mediana di RFS per i pazienti ctDNA+ era di 9,08 mesi versus 27,4 mesi per i ctDNA- (HR 2.82; 95% CI, 1.21–6.55; p=0.015). Il valore prognostico del ctDNA si conferma anche nelle analisi uni e multivariate relative alla coorte 2.
Con riferimento all’endpoint secondario di OS post-operatoria, abbiamo dimostrato che il gruppo ctDNA+ raggiunge OS post-operatorie significativamente minori rispetto ai soggetti ctDNA-, vediamo infatti come la OS mediana è stata di 80.4 mesi per i soggetti ctDNA- contro una OS di 51.9 mesi per i soggetti ctDNA+ (HR 2.86; 95% CI, 1.10–7.41; p=0.007).
In definitiva, quindi, è possibile notare come le strategie di rilevazione del ctDNA siano correlate in entrambi i casi alla RFS, confermando il potenziale ruolo prognostico negativo del ctDNA nei pazienti con LL-mCCR radicalmente operati.
Nonostante non sia possibile un confronto statistico formale tra i test e le metodiche utilizzate, essendo i pazienti differenti, è possibile comunque notare come la strategia tumour-infomed abbia una buona sensibilità e specificità ed utilizzando la ddPCR, più economica e rapida nell’esecuzione rispetto alle strategie di NGS, potrebbe essere preferita come metodica di analisi postoperatoria nella routine clinica come strumento di selezione dei pazienti.
Quando possibile, la resezione chirurgica è l’unica chance di cura in un sottogruppo di pazienti selezionati con tumore del colon-retto e metastasi limitate al fegato (LL-mCCR). L’avanzamento delle tecniche chirurgiche, la disponibilità di trattamenti sistemici più attivi e gli approcci multidisciplinari hanno consentito di espandere la percentuale di pazienti con LL-mCCR sottoposti a chirurgia con intento curativo. Tuttavia, in questo setting, la maggior parte delle recidive di malattia, dovute alla presenza di malattia minima residua (Minimal Residual Disease – MRD) non evidenziabile alle indagini radiologiche post-operatorie, si verifica entro i primi tre anni dopo la resezione con tassi di recidiva a 3 anni fino al 60%-80%.
Ad oggi, sono ancora sconosciute caratteristiche cliniche convalidate o biomarcatori molecolari in grado di identificare pazienti ad alto rischio di recidiva dopo resezione curativa. Inoltre, un problema di enorme impatto clinico è l’inadeguatezza dei programmi di follow-up successivi alla chirurgia nel cogliere precocemente la recidiva di malattia in questo sottogruppo di pazienti.
La possibilità di rilevare la presenza di MRD post-chirurgica permetterebbe di selezionare adeguatamente i pazienti sulla base del rischio di recidiva di malattia, fornendo all’oncologo un importante strumento per individuare quali pazienti potrebbero beneficiare maggiormente di un trattamento chemioterapico post-operatorio ed eventualmente di un programma di follow-up radiologico post-operatorio più intensivo.
In questo contesto assume rilevanza la biopsia liquida, che offre la possibilità di analizzare i fattori circolanti derivati dal tumore, tra cui il circulating tumour DNA (ctDNA), una frazione libera di DNA tumorale, caratterizzato da alterazioni tumore-specifiche, ricercabile su campioni plasmatici dei pazienti.
Questa promettente applicazione della biopsia liquida, mediante la rilevazione di ctDNA, consentirebbe di studiare la presenza di MRD e la probabilità di recidiva della malattia nei pazienti sottoposti a resezione radicale del tumore.
Diversi studi hanno analizzato il ruolo prognostico del ctDNA e la sua correlazione con la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) in pazienti affetti da tumore del colon-retto resecato, dimostrando un tasso di recidiva più elevato ed una RFS più breve nei pazienti positivi per la presenza di ctDNA rispetto ai pazienti ctDNA negativi.
Negli studi a nostra disposizione i saggi maggiormente utilizzati per l’analisi del ctDNA sono I) la PCR digitale personalizzata (ddPCR), test economico e veloce da eseguire ma limitato dal rilevamento di un piccolo numero di mutazioni geniche e non in grado di rilevare mutazioni non note a priori; o II) le nuove metodiche di next generation sequencing (NGS), che consentono di individuare in una singola analisi un pannello più ampio di geni.
L’attuale paradigma divide le strategie utilizzate in: 1) approccio tumour-informed, in cui alterazioni molecolari precedentemente identificate nel tessuto tumorale sono utilizzate come marcatori per rilevare il ctDNA plasmatico o 2) strategia tumour-uninformed, dedicata all’analisi diretta sul plasma ricercando le mutazioni presenti senza avere la guida delle mutazioni del tessuto tumorale.
Il primo approccio riduce sicuramente i falsi positivi, limitando l’errore di considerare di pertinenza del tumore mutazioni non tumorali, ma tuttavia allunga i tempi dovendo eseguire l’analisi iniziale sul tessuto tumorale e non consente di rilevare l’eterogenicità tumorale.
Tuttavia, nonostante il ruolo rivoluzionario che la biopsia liquida avrà nella gestione dei pazienti oncologici, il suo uso routinario nella patologia colorettale è messo in discussione dalla sensibilità non ottimale dei test disponibili relativa a concentrazioni molto basse di ctDNA nei campioni plasmatici e dalla mancanza attuale di una metodica validata e standardizzata per analizzare le mutazioni tumorali specifiche presenti nel ctDNA.
Sulla base di queste considerazioni, il rilevamento di MRD può anche avere un'applicazione importante nei pazienti resecati con LL-mCCR al fine di definire i pazienti che sono veramente guariti con un intervento chirurgico da quelli che hanno un rischio maggiore di recidiva futura.
Questo lavoro di tesi mira a valutare il ruolo prognostico del ctDNA postoperatorio in termini di RFS in pazienti con LL-mCCR sottoposti a resezione curativa delle metastasi epatiche ed a confrontare i risultati ottenuti con l'analisi del ctDNA mediante ddPCR basata sulla caratterizzazione molecolare del tessuto (coorte 1) con i risultati ottenuti da una strategia tumour-uninformed mediante analisi NGS (coorte 2).
I criteri di inclusione della coorte 1 erano i seguenti: diagnosi istologica di LL-mCCR radicalmente resecato, nessuna evidenza di malattia alla TC post-operatoria (svolta entro 30 giorni dall’intervento chirurgico), disponibilità di campioni di plasma prelevati entro 60 giorni dalla chirurgia (e prima dello svolgimento di eventuale terapia adiuvante) e disponibilità dello status delle alterazioni geniche su campioni istologici di tessuto tumorale.
I pazienti erano considerati ctDNA + se la stessa mutazione ottenuta sul tessuto veniva riscontrata anche nel plasma raccolto a seguito della chirurgia.
All’interno della coorte 1 sono stati inclusi 76 pazienti con LL-mCCR sottoposti a chirurgia curativa. Di questi pazienti, in 39 è stata rilevata la presenza di ctDNA (pazienti ctDNA+) e 37 pazienti sono stati classificati ctDNA-. Dopo un follow-up mediano di 77 mesi, 33 dei 39 soggetti ctDNA+ e 20 dei 37 soggetti ctDNA- sono andati incontro a recidiva, e la nostra analisi dimostra che coloro che erano ctDNA+ avevano un rischio significativamente più alto di sviluppare recidiva (85% vs 54%, p=0,008).
La ddPCR ha mostrato una sensibilità del 62,3%, una specificità del 73,9%, un valore predittivo positivo (VPP) del 84,6% e un valore predittivo negativo (VPN) del 46%. Con riferimento all’endpoint primario dello studio, nella coorte 1, il gruppo di pazienti ctDNA+ otteneva RFS inferiori rispetto al gruppo ctDNA - con una differenza statisticamente significativa. In particolare, la RFS mediana per i pazienti ctDNA+ era di 12,7 mesi versus 27,4 mesi per i ctDNA- (HR= 2.09; 95%CI, 1.20-3.66; p=0.008). Anche all’analisi univariata e multivariata lo status positivo del ctDNA postoperatorio resta correlato ad una RFS minore. Tra gli endpoints secondari, abbiamo valutato l’overall survival (OS) post-operatoria, dimostrando che nel gruppo ctDNA + è risultata minore rispetto a quella dei pazienti negativi, seppur non si raggiunga una significatività statistica. In particolare, la OS post-operatoria mediana è stata di 78.8 mesi per i soggetti ctDNA+ versus una OS non raggiunta per i soggetti ctDNA- (HR 1.65; 95% CI, 0.78–3.47; p=0.183).
Nella parte successiva di questa tesi ci si è concentrati sull’analisi della correlazione tra RFS con lo status del ctDNA, utilizzando però una strategia tumor-uninformed basata sull’analisi del campione plasmatico tramite saggio NGS che analizzava un ampio pannello di geni specifici per il cancro colorettale, considerando ctDNA+ i pazienti che presentassero almeno una mutazione.
All’interno della coorte 2 sono stati inclusi 54 pazienti con LL-mCCR sottoposti a chirurgia curativa. I criteri di inclusione erano simili ai precedenti: diagnosi istologica di LL-mCCR radicalmente resecato, nessuna evidenza di malattia alla TC post-operatoria (svolta entro 30 giorni dall’intervento chirurgico). Nei pazienti candidati a chemioterapia adiuvante i campioni di plasma sono stati ottenuti prima del suo inizio, al fine di evitare eventuali effetti confondenti.
Il ctDNA è stato rilevato in 17 (31,5%) su 54 campioni. Durante il follow- up mediano di 70 mesi, 14 dei 17 soggetti ctDNA+ (82%) e 21 dei 37 soggetti ctDNA- (57%) sono andati incontro a recidiva e si è visto che coloro che erano ctDNA+ avevano un rischio numericamente più alto di sviluppare recidiva (82% vs 57%, p=0,123), ma in assenza di una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi. La tecnologia NGS per la ricerca di mutazioni in modalità tumor-uninformed ha mostrato una sensibilità del 40%, una specificità del 84%, e un VPP e un VPN rispettivamente del 82% e 43%.
In termini di endpoint primario, anche per la coorte 2, la rilevazione di ctDNA postoperatorio era associata a RFS significativamente minore: la mediana di RFS per i pazienti ctDNA+ era di 9,08 mesi versus 27,4 mesi per i ctDNA- (HR 2.82; 95% CI, 1.21–6.55; p=0.015). Il valore prognostico del ctDNA si conferma anche nelle analisi uni e multivariate relative alla coorte 2.
Con riferimento all’endpoint secondario di OS post-operatoria, abbiamo dimostrato che il gruppo ctDNA+ raggiunge OS post-operatorie significativamente minori rispetto ai soggetti ctDNA-, vediamo infatti come la OS mediana è stata di 80.4 mesi per i soggetti ctDNA- contro una OS di 51.9 mesi per i soggetti ctDNA+ (HR 2.86; 95% CI, 1.10–7.41; p=0.007).
In definitiva, quindi, è possibile notare come le strategie di rilevazione del ctDNA siano correlate in entrambi i casi alla RFS, confermando il potenziale ruolo prognostico negativo del ctDNA nei pazienti con LL-mCCR radicalmente operati.
Nonostante non sia possibile un confronto statistico formale tra i test e le metodiche utilizzate, essendo i pazienti differenti, è possibile comunque notare come la strategia tumour-infomed abbia una buona sensibilità e specificità ed utilizzando la ddPCR, più economica e rapida nell’esecuzione rispetto alle strategie di NGS, potrebbe essere preferita come metodica di analisi postoperatoria nella routine clinica come strumento di selezione dei pazienti.
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