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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06262017-112910


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
PAPADIA, FRANCESCA
URN
etd-06262017-112910
Titolo
CARATTERIZZAZIONE DELL'ESSUDATO FINALIZZATA ALLO SVILUPPO DI BIOSENSORI NEL MANAGEMENT DELLE ULCERE CRONICHE
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
PATOLOGIA CLINICA
Relatori
relatore Prof. Paolicchi, Aldo
relatore Dott.ssa Dini, Valentina
Parole chiave
  • Wound healing
  • ulcere croniche
  • biosensori
  • essudato
Data inizio appello
14/07/2017
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/07/2087
Riassunto
Le ferite sono una soluzione di continuo nella normale struttura e funzione della cute e dei tessuti molli sottostanti.
La guarigione delle ferite è un complesso processo, dinamico e interattivo, che coinvolge molti fattori e molti tipi di cellule, tra cui mediatori solubili, cellule ematiche, fibroblasti, cellule endoteliali, e componenti strutturali di matrice; ognuno di essi è importante per la progressione verso la fase proliferativa/profibrotica della riparazione tissutale. Il fisiologico processo di guarigione si articola in diverse fasi sequenziali che si sovrappongono nello spazio e nel tempo, rappresentate dalla coagulazione, dall’infiammazione, dalla formazione di tessuto di granulazione e dal rimodellamento tissutale.
Lo sviluppo di ulcere croniche è il risultato di un’alterata regolazione di uno o più eventi molecolari e di processi biologici coinvolti nella normale guarigione. Nello specifico un’elevata espressione di citochine proinfiammatorie, unita ad una cronica attivazione di alcune metalloproteasi (MMP-2, MMP-9), inducono un’eccessiva degradazione della matrice con alterazione del signaling di membrana. Un biomarker emergente coinvolto in questo processo di non guarigione è l’NGAL (Neutrophil gelatinase-associated lipocalin), una proteina rilasciata dai neutrofili attivati, che regola l’attività enzimatica delle metalloproteasi.
La valutazione clinica delle ferite croniche viene effettuata sulla base del Wound Bed Score validato da Falanga, un sistema classificativo che prende in considerazione le caratteristiche del letto e della cute perilesionale. I parametri presi in esame sono: guarigione dei bordi, presenza di escara, profondità dell’ulcera/ presenza di tessuto di granulazione, essudazione, edema, dermatite perilesionale, callo e/o fibrosi perilesionale, arrossamento del letto di ferita. A ciascun parametro viene attribuito un punteggio che può andare da 0 a 2: la somma di tutti i punteggi definisce lo score totale, che potrà avere quindi un valore compreso tra 0 (punteggio minimo ovvero peggiore) e 16 (punteggio massimo ovvero migliore).
OBIETTIVI: In questo studio si è scelto di correlare al Wound Bed Score (WBS) una valutazione biochimica, immunoistochimica e microbiologica dell’environment delle ferite croniche finalizzata allo sviluppo di sensori di pH e Temepratura che, accoppiati ad un dispositivo a pressione negativa, hanno permesso il monitoraggio delle condizioni cliniche delle ferite croniche nel tempo. Tale valutazione è rientrata nell’ambito dello studio del progetto europeo Swan i-Care al quale ho preso parte. Lo studio si configura come uno studio preliminare volto inoltre a migliorare la comprensione dei meccanismi di guarigione di ferita e individuare biomarker altamente indicative dell’andamento di questo processo, da affiancare al WBS nella pratica clinica, così da aumentarne sensibilità especificità.
MATERIALI E METODI: La prima parte dello studio ha riguardato la caratterizzazione dell’essudato ed, a riguardo, sono stati selezionati 10 pazienti di età compresa tra 64 e 85 anni. Tutti presentavano ulcere croniche localizzate nell’arto inferiore, di differente durata (range: 6 mesi- 20 anni) ed eziologia. Le ulcere sono state trattate con medicazioni avanzate e bendaggio compressivo. In un caso, rappresentato da un paziente affetto da pioderma gangrenoso, il trattamento ha previsto anche terapia corticosteroidea per via orale.
Per ciascuna ferita è stata eseguita una valutazione clinica e attribuito un punteggio secondo il WBS. Dei 10 pazienti, n=4 presentavano un punteggio di WBS compreso tra 0 e 5, n=3 tra 6 e 11 e n= 3 tra 12 e16.
Successivamente sono stati raccolti i campioni di essudato tramite sigillazione del letto della ferita con una pellicola di poliuretano senza l’interposizione di nessuna medicazione. Il letto è stato quindi collegato a una fiala a due uscite in serie, fabbricata ad hoc e a un dispositivo a pressione negative (-125 mmHg).
Per una migliore comprensione delle modificazioni correlate al processo di wound healing, sono stati inoltre prelevati campioni bioptici dai bordi e dal letto di ferita per l’esecuzione di analisi immunoistochimiche e citologiche. I prelievi sono stati effettuati tramite punch biopsy e curettage.
Sui campioni di essudato raccolto è stato determinato il contenuto proteico mediante analisi densitometrica (metodo di Lowry modificato), valutata l’attività enzimatica delle metalloproteasi, in particolare della MMP-2 e MMP-9 mediante tecnica zimografica, e determinati i livelli di espressione delle proteine NGAL e integrina α2/β1 mediante analisi Western blot.
Per le valutazioni immunoistochimiche sono stati scelti quattro marcatori tissutali (CD68 PK1, CD32, fractalchina, periostina). I primi due specifici per la popolazione macrofagica, in particolare per il sottotipo M1; i secondi marcatori di riepitelizzazione, proliferazione e differenziamento dei fibroblasti.
Tutti i parametri ottenuti sono stati messi in correlazione attraverso l’analisi statistica delle componenti principali (PCA) al fine di poterne identificare il peso nell’ambito del processo di non guarigione.
La seconda parte dello studio, finalizzata allo sviluppo dei sensori di pH e Temperatura, ha previsto l’esecuzione di un trial clinico su 8 pazienti riportanti 10 VLU (venous leg ulcer) e su 5 pazienti affetti da ulcere da piede diabetico (DFU). Ai pazienti è stato fatto firmare il consenso informato per aderire allo studio. Presso il Centro di Sperimentazione Clinica dell’Ospedale S.Chiara, ogni paziente è stato trattenuto in degenza ospedaliera per una settimana. Durante la prima visita è stato eseguito un punch biopsy di 4 mm per le valutazioni microbiologiche con successiva detersione della ferita secondo i protocolli clinici di routine. Mediante l’impiego di un elettrodo a vetro è stato misurato il pH sul letto della ferita e sulla cute peri lesionale, mentre la misura della Temperatura è stata valutata, sempre sul letto della ferita e sulla cute perilesionale, con un termometro a laser. Un sensore di pH, un sensore di Temperatura ed un sensore per le MMPs sono stati applicati sulla ferita prima del montaggio della terapia a pressione negativa. I pazienti sono stati valutati a tempo T0, T1, T2.
RISULTATI: La PCA ha mostrato livelli di espressione di integrina α2/β1 e di NGAL inversamente proporzionali tra loro. Messi in correlazione con il WBS si è notato come pazienti con prognosi sfavorevole, caratterizzati da un WBS basso (0-
6) avevano elevati livelli di proteina NGAL e bassi livelli di integrina. Inoltre in questi si riscontravano aumenti dell’attività enzimatica delle metalloproteasi con particolare riferimento alla MMP-9. La periostina e la fractalkina mostravano un’espressione negative alivello tissutale. Il segnale di CD68-PK1 invece era basso o assente e i pazienti negativi per CD68-PK1, erano negativi anche per CD32.
Pazienti con un WBS alto (6-12) mostravano bassi livelli di espressione di NGAL ed alti di α2/β1integrina con una riduzione dell’attività enzimatica dell’MMP-9 e un decremento del rapporto MMP-9/MMP-2.
L’espressione della periostina tissutale era elevata, medio bassa quella della
fractalkina, assente quella del CD68-PK1 e del CD32.
Lo studio osservazionale eseguito sui pazienti con VLU e DFU ha mostrato che il sistema SWAN-iCare ha soddisfatto le aspettative del personale medico riguardo l’utilizzo della terapia a pressione negativa per trattare le ferite croniche.
I sensori testati hanno riportato risultati diversi. Il sensore di temperatura ha correttamente monitorato lo stato della ferita mostrando una ottima correlazione con i risultati clinici. Il sensore MMP ha mostrato una discordanza di dati tra letture eseguite sui pazienti ed i valori ottenuti durante prove eseguite in laboratorio, rendendo il risultato difficile da interpretare. Nelle misurazioni effettuate sui pazienti VLU, una differenza considerevole (fino a 3 unità di pH) è stata osservata fra letture del sensore di pH e l’elettrodo a vetro. La maggiore variabilità è stata osservata nelle misurazioni effettuate con l'elettrodo di vetro. Tale differenza, in generale è stata confermata nei pazienti con ulcere del piede diabetico, anche se in questo caso una differenza quasi costante sembrava esistere tra letture dei due sistemi.
DISCUSSIONE: La PCA ha supportato l’ipotesi, derivate dall’analisi Western blot e dallo zimogramma, che il WBS sia strettamente associato all’integrina α2/β1, all’NGAL, alle MMP-9 e MMP-2 ma, soprattutto, al contenuto totale di proteine e alla concentrazione di albumina. In particolare, la nostra analisi ha messo in luce due profili biomolecolari diversi, caratterizzanti l’enviroment di ferita e associati rispettivamente a un WBS basso e a un WBS alto. Significativa è risultata la correlazione tra WBS alto e alti livelli di albumina. Questi ultimi hanno inoltre mostrato correlazione positive con il contenuto totale di proteine con alti livelli di espressione delle metalloproteasi, risultando rappresentativi di ferite croniche con essudato elevato e presenza di proteine proinfiammatorie. Tali ferite presentano scarsa possibilità di guarigione anche a fronte di un altoWBS.
I nostri risultati supportano dunque l’idea che una disregolazione infiammatoria e uno stato flogistico persistente siano alla base di una peggiore guarigione delle ferite, portando a una devitalizzazione dei tessuti con ischemia locale.
L’analisi immunoistochimica, infine, ha portato alla luce un ambiente differente tra il tessuto e l’essudato della ferita. In particolare, nel tessuto dei pazienti l’espressione dei marker dei macrofagi CD68 PK1 e CD32 si presentava basso o del tutto assente (riflettendo quindi un processo infiammatorio di livello minimo), mentre nell’essudato si riscontrava un contenuto elevato di albumina e di proteine totali, associato a un livello di infiammazione più alto che nel tessuto. Questi risultati corroborano l’importanza di analizzare le differenze tra le espressioni dei marker presenti nel tessuto enell’essudato.
Le misure effettuate con i sensori di pH e Temperatura hanno mostrato una buona correlazione tra i dati ottenuti e l’andamento clinico delle ferite, valutato mediante il Wound Bed Score. Al momento però, non abbiamo un'interpretazione univoca di questi risultati, né possiamo recepire ciò che abbiamo osservato in laboratorio durante le prove sperimentali, con ciò che abbiamo osservato nel letto delle ferite, dove convivono popolazioni batteriche con diverse caratteristiche metaboliche e cataboliti prodotti. Abbiamo notato che alcuni di questi batteri, come ad esempio la pseudomonas aeruginosa ed il proteus mirabilis, producono ammoniaca dovuta l'idrolisi dell'urea. Questo potrebbe determinare l’incremento di 3 unità di pH registrato con il sensore a vetro. Ulteriori studi si rendono necessari per approfondire tale aspetto.
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