logo SBA

ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06242014-092734


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CAMPANI, MARCO
URN
etd-06242014-092734
Titolo
Nuovi concianti furanici ottenuti per conversione catalitica di biomasse
Dipartimento
CHIMICA E CHIMICA INDUSTRIALE
Corso di studi
CHIMICA INDUSTRIALE
Relatori
relatore Castiello, Domenico
controrelatore Castelvetro, Valter
relatore Prof.ssa Raspolli Galletti, Anna Maria
Parole chiave
  • furanici
  • conversione
  • concianti
  • catalitica
  • biomasse
  • nuovi
Data inizio appello
17/07/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
I processi conciari stanno affrontando la sfida sempre più pressante di introdurre innovazione economicamente ed ambientalmente sostenibile.
In questo contesto, per la prima volta, è stata studiata la capacità conciante di due molecole furaniche quali la 5–idrossimetil–2–furaldeide (HMF) e il 2,5–bis–idrossimetil–furano (BHMF), facilmente ottenibili a partire da zuccheri e, più in generale, da biomasse lignocellulosiche, anche di scarto e a valore negativo. La prima molecola, 5–idrossimetil–2–furaldeide (HMF), può essere sintetizzata in acqua per disidratazione acido-catalizzata a partire da diversi tipi di carboidrati: zuccheri semplici (come fruttosio, glucosio, saccarosio) ma anche da oligo- e poli-saccaridi (come i fruttani, l’inulina, la cellulosa, l’amido ecc...) o direttamente da biomasse grezze o di scarto ricche di tali carboidrati (topinambur, biomassse erbacee, scarti di zuccherificio). Il BHMF è il prodotto di idrogenazione catalitica dell’HMF ed è quindi anch’essa un bioderivato.
Questa tesi si inquadra difatti nella ricerca di valorizzazione delle biomasse per diversi settori tecnologici abbandonando la vecchia logica delle alimentazioni da biomassa di prima generazione (come il mais o i semi da olio) che entravano in competizione con la produzione del cibo (food verso feed). Le biomasse di seconda generazione sono invece materiali lignocellulosici o oleaginosi non commestibili, impiegati in un concetto integrato di bioraffineria. In tale ambito rientrano le colture non commestibili a veloce crescita, come alcune erbacee o, ancora meglio, si può pensare alla valorizzazione della biomassa di scarto generata nella produzione di colture commestibili (la paglia del grano, la pula del riso, gli stocchi del mais, le bucce degli agrumi, dei pomodori..). Andando all’aspetto più estremo si può pensare agli scarti alimentari, sia industriali (industria dei cibi e delle bevande) che domestici (Food Supply Chain Waste, FSCW), così come all’enorme quantità di scarti prodotti nei processi di coltivazione e valorizzazione dei prodotti agricoli. La maggior parte di questi scarti viene usata per la concimazione del terreno e non ancora come materia prima per una economia innovativa, la “bio-based economy”, dove si persegue la valorizzazione integrale della biomassa.
Per renderci meglio conto della posta in gioco, si stima che la produzione globale annua di biomassa sia circa 1011 tonnellate, per il 60% circa si tratta di biomassa terrestre, il rimanente 40% di biomassa acquatica. Tale biomassa è composta per circa il 75% di carboidrati, per circa il 20% di lignina ed il rimanente 5% è costituito di trigliceridi, terpeni, proteine ed altri componenti minoritari.
Per questo motivo abbiamo voluto valutare l’attività conciante di queste molecole furaniche bio-based mai prese in considerazione in ambito conciario e paragonarle con le prestazioni del furfurale (FA), unica aldeide furanica marginalmente studiata come conciante. In un’ottica green chemistry queste molecole verranno sintetizzate a partire da risorse rinnovabili, ottimizzando sia i processi di idrolisi/disidratazione acido-catalizzata per ottenere furfurale ed HMF, sia il processo catalitico di idrogenazione dell’HMF a BHMF per produrre le soluzioni acquose più idonee per il successivo processo di concia. In un’ottica sinergica tra diverse specializzazioni e competenze, le soluzioni di FA, HMF e BHMF verranno infatti impiegate in prove conciarie sperimentali e le pelli ottenute saranno quindi caratterizzate per valutare l’efficienza dei nuovi principi concianti. Se si riuscirà ad evidenziare delle prospettive in tal senso, si potrebbe aprire per i processi conciari, una prospettiva assolutamente nuova, in cui nuovi concianti “vegetali” non tossici e biodegradabili sono ottenibili da risorse rinnovabili, anche di scarto del territorio toscano.
File