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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06202019-150634


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BIGONGIARI, GIULIA
URN
etd-06202019-150634
Titolo
George Eliot and Virginia Woolf: a literary dialogue
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LETTERATURE E FILOLOGIE EURO - AMERICANE
Relatori
relatore Dell'Aversano, Carmen
Parole chiave
  • Woolf
  • Eliot
  • intertextuality
  • Bachtin
  • Sacks
Data inizio appello
08/07/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
08/07/2089
Riassunto
La mia tesi si pone l'obiettivo di studiare il rapporto fra George Eliot e Virginia Woolf. Sostengo che il rapporto fra le due scrittrici sia stato poco considerato dalla critica fino ad ora a causa della mancanza di strumenti adeguati per descriverlo. Sia il concetto di influenza (Bloom), che quello di intertestualità (Kristeva), infatti, concentrano l'attenzione sugli espliciti rimandi intertestuali a lavori di altri scrittori che un autore può includere nella propria opera. Anche le definizioni di possibili rapporti intertestuali fornite da Genette in Palinsesti non mi sembrano essere produttive per la mia analisi, perché anch'esse si fermano al livello testuale, mentre quello che propongo di fare è studiare in che modo la riflessione di Woolf su alcuni temi si sia formata in rapporto alle idee di Eliot anche quando questa non sia apertamente citata nei romanzi di Woolf. Suggerisco che la relazione fra le due scrittrici si possa pensare come un "dialogo", nella definizione del termine elaborata da Bachtin, il quale sostiene che il pensiero umano abbia natura dialogica, e cioè che le idee si formino in dialogo con idee altrui. È possibile sostenere dialoghi anche in assenza, con persone la cui immagine il soggetto ricostruisca mentalmente. Bachtin propone il nome di "metalinguistica" proprio per indicare lo studio dei rapporti dialogici. Adottare le definizioni di Bachtin consente di passare da uno studio del rapporto fra testi a quello del rapporto fra autori.
La prima parte della mia tesi è volta a mostrare come Virginia Woolf abbia ricostruito una propria George Eliot con cui dialogare, e come il tema che le due scrittrici hanno in comune è principalmente quello della sympathy come strumento politico, e della letteratura come possibile via per l'estensione della sympathy dei propri lettori. Woolf si sofferma, soprattutto in Phases of Fiction, anche sui modi in cui Eliot propone di suscitare la sympathy dei lettori verso i propri personaggi, sostenendo che la scrittrice riesca a raggiungere questo obiettivo attraverso l'utilizzo di un narratore onnisciente, che inserisce i personaggi nel proprio contesto culturale e sociale, e li spiega ai lettori. Grazie ad alcune definizioni elaborate dal sociologo Harvey Sacks, ho tentato di spiegare come i tratti identificati da Woolf in Eliot possano essere efficaci per muovere i lettori a provare sympathy. Particolarmente rilevante per la mia analisi è stato il concetto di second story. Sacks sostiene che in un'interazione nella quale un parlante A racconti una storia all'interlocutore B, quest'ultimo, al fine di mostrare ad A che ha capito i principi organizzativi della storia, può rispondere raccontando una storia costruita organizzando la propria esperienza proprio secondo i principi utilizzati da A. In questa nuova storia, B dovrà svolgere lo stesso ruolo che A svolgeva nella prima storia. In Eliot, il narratore onnisciente che dice I si rivolge talora al proprio lettore indicandolo con you, designandolo quindi come proprio interlocutore. La mia ipotesi è che il lettore, vedendosi interpellato da questo narratore onnisciente e sovraordinato agli altri personaggi, si senta in dovere di adottare lo stesso ruolo nelle second stories che andrà a formare ripensando alla propria esperienza; questo può essere un valido meccanismo per la creazione della sympathy, perché il lettore si sentirà in dovere, per essere all'altezza del ruolo nel quale il you del narratore l'ha collocato, di comprendere e perdonare tutti.
A questo punto mi è stato necessario definire con più precisione il concetto di sympathy, e mostrare come si inserisca in complesso contesto culturale, per capire meglio cosa indicassero Eliot e Woolf con questo termine. Dopo una precisa analisi testuale, ho isolato alcuni elementi comuni alle due scrittrici:
Entrambe passano da un concetto di sympathy basato sulla ragione a uno basato sul sentimento, e introducono il concetto intermedio di imagination per motivare il "salto" fra le due facoltà, non veramente spiegato né dall'una né dall'altra autrice. Questa impasse è probabilmente segno di una difficoltà percepita all'idea di essere effettivamente capaci di evocare sympathy attraverso un testo letterario.
Le due scrittrici parlano di sympathy in termini fisici, che si rifanno a una concezione del corpo come barriera fra un self e l'altro. Eliot parla di questa facoltà in termini che si rifanno esplicitamente a concezioni pseudoscientifiche proprie dell'età Vittoriana, e cioè alla convinzione che, attraverso pratiche mesmeriche e ipnotiche, fosse letteralmente possibile sentire il dolore altrui nel proprio corpo. Sostengo che Woolf abbia recuperato questo vocabolario della sympathy come facoltà fisica attraverso la lettura di romanzi vittoriani, e abbia continuato ad usarlo pur avendo perso il riferimento preciso alle scienze vittoriane.

La domanda che mi sono posta nel terzo capitolo della tesi è come Woolf abbia tentato di evocare la sympathy dei lettori verso i suoi personaggi cercando di mantenere gli aspetti a suo avviso positivi che aveva identificato in Eliot (in particolare la spiegazione dettagliata e psicologica delle loro azioni), ma senza usare un narratore onnisciente che dica I, pratica non amata da Woolf. A questo scopo ho analizzato The Waves, sostenendo che:

Ogni personaggio giunge a una stabilizzazione della propria personalità passando attraverso un processo sociale. Per ricostruire le motivazioni delle azioni e dei pensieri di ciascuno di loro (compito che in Eliot svolgeva il narratore onnisciente, e che Woolf aveva indicato come centrale per suscitare la sympathy dei lettori) bisognerà cercare di ricostruire proprio questo processo di soggettivazione.
Facendo di nuovo riferimento al concetto di second story, ho notato che, in The Waves, sono le voci dei diversi personaggi a rivolgersi al lettore con il pronome you. Il lettore è incoraggiato a ripensare alla propria esperienza non secondo la guida di un narratore onnisciente, ma secondo le prospettive, necessariamente parziali, di ogni singolo personaggio. In questo sta l'estensione della sympathy cui The Waves invita i propri lettori.
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