Tesi etd-06192017-113157 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
GIACOBBE, GIULIA
URN
etd-06192017-113157
Titolo
La genitorialita' nelle coppie dello stesso sesso
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Favilli, Chiara
Parole chiave
- Best interest of the child
- Continuità transfrontaliera dello status di figlio
- L. 76/2016
- Stepchild adoption
- Trascrizione atto di nascita formato all'estero
Data inizio appello
17/07/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’approvazione della legge 20 maggio 2016 n. 76, recante la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze, costituisce sicuramente un passo rivoluzionario per l’ordinamento italiano, rimasto, fino ad allora, uno dei pochi a non prevedere una disciplina giuridica per le coppie omosessuali. Sin dalla sua entrata in vigore, tuttavia, molte sono state le critiche rivolte a tale normativa e molteplici sono i profili rimasti senza una disciplina giuridica.
A poco più di un anno dalla sua approvazione, il presente lavoro si propone di analizzare, in particolare, la problematica relativa al riconoscimento dei rapporti di filiazione che si possono instaurare all’interno delle coppie formate da persone dello stesso sesso.
Viene posta l’attenzione non tanto sull’esistenza di un presunto “diritto ad adottare”, non riconosciuto né a livello nazionale né a livello sovranazionale, ma sul principio del superiore interesse del minore, da valutare nel caso concreto, che deve guidare tutte le decisioni coinvolgenti i fanciulli.
Nella prima parte, con particolare riferimento al “dialogo” tra le corti nazionali e sovranazionali, vengono ripercorse tutte le tappe fondamentali che hanno portato all’approvazione della legge sulle unioni civili e dunque alla prima regolamentazione delle coppie same-sex in Italia.
Nella seconda parte si affronta, invece, il problema dell’adozione del figlio del partner, questione che rimane ancora oggi senza una esplicita regolamentazione anche in seguito all’approvazione della cd. legge Cirinnà. Proprio su questo punto si sono concentrate le maggiori opposizioni al momento della discussione sull’approvazione della legge. Il disegno di legge originario, che prevedeva tale possibilità anche per le coppie unite civilmente, è stato infatti stralciato e sostituito dal maxi-emendamento formato da un articolo e 69 commi. È stata espressamente esclusa l’applicabilità della l. 184/1983 alle parti dell’unione civile, ma è stata anche inserita una norma che ha lo scopo implicito di consolidare l’orientamento giurisprudenziale pregresso. Esso interpreta l’impossibilità di affidamento preadottivo come un’impossibilità di diritto e non solo di fatto, al fine di permettere la stepchild adoption anche all’interno di coppie formate da persone dello stesso sesso.
Il fulcro di tutte queste decisioni rimane il best interest of the child, che comprende il diritto alla continuità affettività, il diritto all’identità personale e alla certezza dello status di figlio.
È proprio facendo leva su tali principi che le Corti hanno anche concesso la trascrizione, e il conseguente riconoscimento nell’ordinamento italiano, degli atti di nascita legittimamente formati all’estero indicanti come genitori due soggetti dello stesso sesso e delle pronunce straniere di adozione del figlio del partner o adozione congiunta a favore di coppie same-sex.
Il terzo capitolo analizza proprio tale problematica, criticando il fatto che la legge non disciplini in maniera espressa lo stato giuridico del figlio nato all’estero in seguito a tecniche vietate in Italia ma permesse nel paese dove sono state effettuate.
In questo modo, infatti, si lascia la regolamentazione di tale aspetto all’interpretazione giudiziale e, dunque, si crea una situazione di incertezza giuridica in una materia, quella riguardante gli status personali, che invece necessita di apposite norme che non tralasciano nulla in modo da garantire un trattamento omogeneo su tutto il territorio nazionale ed evitare, così, discriminazioni tra una situazione e l’altra.
A poco più di un anno dalla sua approvazione, il presente lavoro si propone di analizzare, in particolare, la problematica relativa al riconoscimento dei rapporti di filiazione che si possono instaurare all’interno delle coppie formate da persone dello stesso sesso.
Viene posta l’attenzione non tanto sull’esistenza di un presunto “diritto ad adottare”, non riconosciuto né a livello nazionale né a livello sovranazionale, ma sul principio del superiore interesse del minore, da valutare nel caso concreto, che deve guidare tutte le decisioni coinvolgenti i fanciulli.
Nella prima parte, con particolare riferimento al “dialogo” tra le corti nazionali e sovranazionali, vengono ripercorse tutte le tappe fondamentali che hanno portato all’approvazione della legge sulle unioni civili e dunque alla prima regolamentazione delle coppie same-sex in Italia.
Nella seconda parte si affronta, invece, il problema dell’adozione del figlio del partner, questione che rimane ancora oggi senza una esplicita regolamentazione anche in seguito all’approvazione della cd. legge Cirinnà. Proprio su questo punto si sono concentrate le maggiori opposizioni al momento della discussione sull’approvazione della legge. Il disegno di legge originario, che prevedeva tale possibilità anche per le coppie unite civilmente, è stato infatti stralciato e sostituito dal maxi-emendamento formato da un articolo e 69 commi. È stata espressamente esclusa l’applicabilità della l. 184/1983 alle parti dell’unione civile, ma è stata anche inserita una norma che ha lo scopo implicito di consolidare l’orientamento giurisprudenziale pregresso. Esso interpreta l’impossibilità di affidamento preadottivo come un’impossibilità di diritto e non solo di fatto, al fine di permettere la stepchild adoption anche all’interno di coppie formate da persone dello stesso sesso.
Il fulcro di tutte queste decisioni rimane il best interest of the child, che comprende il diritto alla continuità affettività, il diritto all’identità personale e alla certezza dello status di figlio.
È proprio facendo leva su tali principi che le Corti hanno anche concesso la trascrizione, e il conseguente riconoscimento nell’ordinamento italiano, degli atti di nascita legittimamente formati all’estero indicanti come genitori due soggetti dello stesso sesso e delle pronunce straniere di adozione del figlio del partner o adozione congiunta a favore di coppie same-sex.
Il terzo capitolo analizza proprio tale problematica, criticando il fatto che la legge non disciplini in maniera espressa lo stato giuridico del figlio nato all’estero in seguito a tecniche vietate in Italia ma permesse nel paese dove sono state effettuate.
In questo modo, infatti, si lascia la regolamentazione di tale aspetto all’interpretazione giudiziale e, dunque, si crea una situazione di incertezza giuridica in una materia, quella riguardante gli status personali, che invece necessita di apposite norme che non tralasciano nulla in modo da garantire un trattamento omogeneo su tutto il territorio nazionale ed evitare, così, discriminazioni tra una situazione e l’altra.
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