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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06172015-220951


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TEDESCO, MARCO
URN
etd-06172015-220951
Titolo
RUOLO DEL DIRIGENTE NELLA PREVENZIONE DEI DANNI DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO DEL RACHIDE NEL SETTING DELLA RIABILITAZIONE FUNZIONALE
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
SCIENZE RIABILITATIVE DELLE PROFESSIONI SANITARIE
Relatori
relatore Prof. Cristaudo, Alfonso
Parole chiave
  • Ruolo dirigente
  • prevenzione
  • rachide
  • sovraccarico biomeccanico
  • riabilitazione
  • fisioterapista
  • rischio
Data inizio appello
06/07/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Troppo spesso, nel campo della sanità, viene sottovalutato un aspetto fondamentale: “prendersi cura di chi cura”. Sotto l’egida dell'OMS, è stato calcolato che, nel mondo, ogni anno vengono persi 818.000 DALY (disability-adjusted life years) per Low Back Pain (Lombalgia) [Punnettet al., 2005]. Dati riportati in letteratura, riferiscono che nella categoria dei lavoratori addetti alla movimentazione manuale dei carichi la prevalenza di LBP arriva fino all'80% [Juniper M, Le TK, Mladsi D, 2009]. Le professioni sanitarie, in generale, risultano essere tra quelle a più alto rischio di infortunio, con circa 35.000 eventi accidentali l’anno e il problema che più di frequente colpisce queste categorie di lavoratori è proprio la lombalgia (LBP). Le problematiche non si riducono solo a disturbi connessi al rachide dorso-lombare, ma interessano anche disturbi muscolo-scheletrici: al rachide cervicale, alle spalle e agli arti inferiori. Se pensiamo alle attività lavorative in cui la componente fisica è un fattore preponderante e le azioni che si compiono diventano tanto più rischiose quanto più sono connesse ad uno sforzo fisico, ci rendiamo conto di quanto il Fisioterapista sia una figura professionale a rischio, per quanto riguarda le affezioni muscolo-scheletriche causate dal sovraccarico funzionale, soprattutto durante la movimentazione dei pazienti.
Il Titolo VI del D.Lgs. 81/2008, è dedicato alla Movimentazione Manuale dei Carichi (MMC), intesa come l’insieme delle: “operazioni di trasporto e di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni di sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari”. E rispetto alla normativa previgente, in particolare nei confronti del D.Lgs. 626/94, ha apportato delle interessanti novità e modifiche.
Rientrano pertanto nel campo di applicazione tutte le azioni che possono comportare rischi di patologie da “Sovraccarico Biomeccanico”, quali le patologie delle strutture osteo-articolari, muscolo-tendinee e nervo-vascolari (per esempio, le patologie a carico degli arti superiori), e non solo le patologie dorso-lombari, alle quali faceva riferimento il D.Lgs. 626/94.
Questa nuova definizione è in linea con i contenuti dell’Allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008, nel quale sono citate anche le operazioni di movimentazione dei carichi leggeri ad alta frequenza, che tipicamente sono la causa di patologie da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. Il D.Lgs. 81/2008 inserisce anche il fattore “Postura” tra i fattori principali che possono aumentare il rischio in ambito lavorativo e lo descrive come “l’atteggiamento abituale del corpo e dei diversi distretti corporei”. L’attività del fisioterapista risulta fisicamente impegnativa: l’operatore si trova spesso ad effettuare compiti ripetitivi, che possono richiedere un’elevata applicazione di forza (soprattutto nelle tecniche manuali), ad assumere posture incongrue delle articolazioni o posture fisse prolungate, nonché attività di sollevamento/spostamento di carichi/pazienti.
I dati relativi alla sintomatologia ed alle patologie, che sono state rilevate nei vari studi nazionali ed internazionali, avvalorano l’ipotesi che i fisioterapisti, nonostante una verosimile maggiore conoscenza dei rischi per l’apparato locomotore e delle tecniche per salvaguardare le strutture sollecitate dalle attività di movimentazione manuale dei pazienti, possono presentare un’alta frequenza di disturbi muscolo-scheletrici.
La sintomatologia dolorosa spesso si manifesta precocemente, già tra i 21 e i 30 anni. Gli infortuni legati al lavoro non costituiscono un disagio che colpisce solo il lavoratore, ma interessano l’azienda stessa, per il semplice motivo che un lavoratore infortunato non può lavorare, o lavora con un’efficienza chiaramente ridotta.
Questa patologia rappresenta così non solo un problema di salute, ma anche economico, sia in termini di costi diretti che indiretti, al punto da costituire, per assenze per malattia, cure, limitazioni dell'idoneità lavorativa e invalidità, uno dei più importanti problemi sanitari nel campo del lavoro [How D. et al., 2010]. Appare scontato, pertanto, sottolineare quanto sia importante la tutela della salute del lavoratore. Quello che è meno scontato, invece, è individuare quali siano le azioni potenzialmente “pericolose”, in modo tale da poterle evitare e garantire una prevenzione degli infortuni, ottenendo al tempo stesso una tutela della salute e una migliore qualità del lavoro. Per determinare il livello di pericolosità dei diversi movimenti effettuati e il loro potenziale di rischio sono stati quindi creati diversi indici di valutazione. Attraverso questi indici, pertanto, si può determinare il livello di pericolosità di un’azione e, qualora questo risultasse troppo elevato, tanto da comportare un rischio per la salute, effettuare interventi mirati di correzione per ripristinare il livello di rischio entro valori accettabili. Mentre per gli altri operatori sanitari però la tipologia di lavoro svolto può essere, entro certi limiti, definita e standardizzata, e il livello di rischio delle azioni lavorative può essere valutato efficacemente con un indice come ad esempio il MAPO, per quanto riguarda i fisioterapisti il discorso diventa molto più complesso, in quanto i compiti svolti e le azioni compiute non possono essere così facilmente “categorizzate”. Un Fisioterapista, infatti, è una figura professionale estremamente versatile, per cui il suo lavoro si adatta in funzione di innumerevoli fattori, tra cui il reparto in cui si opera, la tipologia di pazienti, il programma terapeutico seguito, le posture utilizzate. I compiti del fisioterapista possono pertanto spaziare dalle mobilizzazioni passive, al massaggio di scollamento, all’assistenza attiva alla guida del movimento, alla deambulazione, all’addestramento alle ADL, al rinforzo muscolare, ai trasferimenti e ai passaggi posturali, ai bendaggi, al lavoro al lettino o al suolo, e la lista potrebbe proseguire ancora per molto. Tra tutte le figure professionali in sanità, il Fisioterapista è senza dubbio quella che più difficilmente può essere inserita entro una limitata cerchia di “compiti”; pertanto, risulta difficoltoso trovare un indice di valutazione che permetta di calcolare il rischio lavorativa per tale figura.
Arriviamo dunque alla scottante verità: sembra non esista un indice specifico che permetta di valutare il rischio lavorativo nella professione del Fisioterapista.
Eppure, di uno strumento che ci permetta tale tipo di valutazione c’è forte bisogno, anche perché con il progressivo innalzamento dell’età media dei lavoratori e col conseguente ritardare dell’età pensionabile, gli operatori sanitari sono sempre più soggetti a sviluppare disturbi fisici legati al lavoro.
Si può affermare quindi che quella del Fisioterapista è una professione rischiosa? Parlando di rischio lavorativo spesso viene da associare il rischio legato alla possibilità di eventi traumatici o, nel caso di personale sanitario che lavora quotidianamente a contatto con agenti patogeni, rischio biologico. Nel caso dei Fisioterapisti la questione è sensibilmente diversa, in quanto il rischio è prevalentemente correlato all’insorgenza di problematiche muscolo-scheletriche da overuse, a valenza solitamente cronica. Ci si riferisce in particolar modo alle rachialgie, che vedono proprio nella popolazione dei Fisioterapisti tra le maggiori incidenze, e alle patologie articolari da sovraccarico, specialmente degli arti superiori.
Una percentuale non trascurabile di Fisioterapisti non è costantemente aggiornata riguardo corsi di mobilizzazione manuale dei carichi, e una porzione ancora maggiore, pur possedendo le adeguate competenze di ergonomia posturale, non le applica. Possono presentarsi situazioni in cui il Fisioterapista, pur possedendo le adeguate conoscenze in termini di rischi lavorativi ed ergonomia posturale, non ha la possibilità di applicarle. E questa è, sfortunatamente, una questione abbastanza delicata: in alcuni casi, infatti, non è il Fisioterapista a “muoversi male”, ma sono le carenze strutturali del reparto in cui opera a metterlo in condizione di non poter fare altrimenti. In altri casi, invece, la limitante è il fattore tempo: un trasferimento ausiliato richiede più tempo di uno fatto manualmente, e alcuni operatori devono lavorare con i minuti contati. Il rischio, nel lavoro del Fisioterapista, fondamentalmente è legato a due fattori: i fattori individuali e quelli strutturali del reparto. Entrambi i fattori si possono distinguere in elementi modificabili e non modificabili. Risulta, quindi, necessario che in questa tipologia di attività venga effettuata un’attenta “Valutazione del Rischio” da sovraccarico biomeccanico per l’apparato locomotore, ed è del 2009 uno studio italiano di Zanella F., che si è posto l’obiettivo di proporre un nuovo “metodo di valutazione del rischio lavorativo” che fosse specifico per la professione del Fisioterapista.
Tale metodo è rappresentato dalle schede R.P.M. (Rischio Posturale e da Movimentazione Carichi): uno strumento specifico per la valutazione del rischio da postura e da movimentazione carichi nella professione del Fisioterapista.
Le schede R.P.M., che prevedono un'analisi dinamica dei “livelli di pericolosità” delle azioni svolte dall'operatore durante lo svolgimento delle sue mansioni, costituiscono per il momento l'unico metodo disponibile in Italia per il calcolo del rischio in fisioterapia. in Questo elaborato viene approfondita ed analizzata la figura del dirigente in relazione alle tematiche trattate.
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