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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06142014-224226


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
DI DONATO, ANGELO
URN
etd-06142014-224226
Titolo
Valutazione dello scompenso cardiaco nel Dipartimento d'Urgenza: luci ed ombre
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
MEDICINA INTERNA
Relatori
relatore Prof. Taddei, Stefano
Parole chiave
  • ecocardiogramma
  • epidemiologia
  • ricovero
  • costi
Data inizio appello
30/06/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
I mutamenti sociodemografici ed i progressi della medicina hanno profondamente cambiato lo scenario dei bisogni assistenziali, nel nostro come in altri paesi occidentali, spostando l’asse delle cure dalle patologie acute a malattie croniche che, spesso coesistenti fra loro, colpiscono una popolazione sempre più anziana ed assorbono una proporzione sempre maggiore della spesa sanitaria. La cronicità è quindi il nuovo scenario con cui i professionisti e le istituzioni devono confrontarsi per sviluppare risposte assistenziali efficaci e sostenibili.
Pertanto appare chiaro il progressivo emergere di condizioni morbose di tipo cronico-degenerativo tipiche dell’età adulta e anziana quali malattie cardiovascolari, neoplasie, diabete mellito, broncopneumopatie croniche ostruttive, osteoartropatie degenerative.
Lo scompenso cardiaco, in tale contesto, rappresenta una delle patologie croniche a più alto impatto sulla sopravvivenza, sulla qualità e sulla durata di vita dei pazienti e sull’assorbimento di risorse.
Inoltre, nei prossimi anni il numero di soggetti affetti da tale malattia è destinato ad aumentare per la stretta relazione intercorrente tra età e scompenso cardiaco e per i notevoli progressi che si sono verificati nel trattamento di varie forme di cardiopatia acuta (in particolare la cardiopatia ischemica) con un grande miglioramento della prognosi “quoad vitam”. Anche riguardo allo scompenso cardiaco le conoscenze sulla diagnosi e sul suo trattamento sono aumentate con un positivo impatto sulla prognosi, ovvero un aumento della sopravvivenza che comporterà un aumento della prevalenza di questa condizione.
Il percorso di cura dei soggetti con scompenso cardiaco acuto inizia oggi nell’area dell’Emergenza-Urgenza. In Italia i dati epidemiologici disponibili oggi fanno riferimento a conclusione del percorso alla Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) non considerando che segni e sintomi di presentazione sono più evidenti nella fase di accesso all’ospedale, quindi nel dipartimento d’emergenza, area dove i sintomi e le complicanze possono essere trattate e risolte tempestivamente con evidenti ricadute sulla prognosi.
In questa situazione il medico d’urgenza rappresenta una figura strategica: prende decisioni sul primo trattamento, decide poi se il paziente debba essere dimesso dopo un trattamento iniziale oppure ricoverato e in quale area (Osservazione Breve Intensiva, Degenza ordinaria, monitoraggio continuo con telemetria, trattamento in terapia intensiva).
La maggior parte delle casistiche degli studi clinici non considerano l’arruolamento dal momento dell’accesso nei Dipartimenti d’Emergenza, ma individuano pazienti nelle fasi successive del percorso, operando quindi una selezione dei casi.
Tale selezione tuttavia racchiude una gamma molto eterogenea di soggetti presenti nella pratica clinica, sia per eziologia, fattori precipitanti, comorbidità, severità ed espressione dei segni e sintomi di presentazione. Nonostante la maggior parte dei casi presentino all’accesso aspetti di criticità da ore e/o giorni, <20% di questi verrà ricoverato in terapia intensiva, e <4% necessiterà di supperto ventilatorio o emodinamico per shock cardiogeno. Poiché la maggior parte dei casi risponderà alla terapia convenzionale, una buona parte sarà ricoverato in aree di degenza ordinaria, o in area medica non specialistica.
L’obiettivo dello studio è individuare le caratteristiche cliniche ed epidemiologiche dei pazienti che ricorrono al Pronto Soccorso per scompenso cardiaco acuto di nuova insorgenza o per riacutizzazione di uno scompenso cardiaco noto.
Attraverso il software gestionale del Pronto Soccorso della A.O.U.P. (First-Aid®) sono stati individuati i pazienti afferiti al Pronto Soccorso nel periodo 1 gennaio 2011 – 31 dicembre 2011.
Il criterio scelto è stato la selezione come prima o seconda diagnosi di scompenso cardiaco mediante l’ICD9 428.
Il numero di pazienti selezionato secondo i criteri sopra definiti è risultato di 442 pazienti distinti in 186 maschi e 256 femmine ovvero il 42% gli uomini e il 58% le donne.
L’età media complessiva è di 81,16 anni con una netta prevalenza nei pazienti ultrasettantacinquenni
In ben 320 pazienti, ovvero nel 73% dei casi, la causa dello scompenso acuto non è identificabile. Quando invece è possibile risalire alla causa che ha determinato l’accesso in PS, nel 10% si tratta di aritmie, nel 7% di scarso controllo dei valori pressori mentre per il restante 10% riconosciamo come cause l’IRC (4%), la febbre (3%), la mancata adesione alla terapia (2%) ed infine la SCA (1%).
Nell’ambito delle comorbidità sottolineiamo come l’ipertensione arteriosa (63%), l’IRC (43%), le aritmie (41%), l’anemia (40%) e il diabete mellito (31%) rappresentino le patologie associate di maggior prevalenza.
Nella rilevazione dei dati relativi alla terapia farmacologica domiciliare i diuretici dell’ansa rappresentano i farmaci maggiormente utilizzati (62%), seguiti da ACE-inibitori/sartani (49%), antiaggreganti (48%), beta-bloccanti (33%), anticoagulanti orali (21%), nitrati (19%), antialdosteronici (19%) e digitale (14%).
Tra le indagini ematochimiche, il 99% ha effettuato il dosaggio della sodiemia, il 93% ha effettuato il dosaggio del BNP e l'84% ha eseguito il dosaggio della Troponina.
Per quanto riguarda la terapia somministrata in urgenza in PS i farmaci che risultano principalmente somministrati sono rappresentati dai diuretici dell’ansa (65%), seguiti da ossigeno in maschera (46%), NIMV (25%) e nitrati (23%).
Dall'analisi dei nostri dati possiamo concludere che anche nella popolazione considerata le comorbidità condizionano fortemente la gestione in Pronto Soccorso e la necessità di ospedalizzazione. La complessità di tali malati si riflette anche nell'ambiente scelto per il ricovero (solo 22% in ambiente cardiologico).
Non possiamo esprimere giudizi sui costi derivanti da questo tipo di gestione ma è ipotizzabile, trattandosi di pazienti ad elevato tasso di comorbidità, che una gestione domiciliare attenta di tali condizioni potrebbe incidere favorevolmente sulle riacutizzazioni e quindi sulle ospedalizzazioni.
Nella fase di inquadramento diagnostico in PS il paziente riceve indagini diagnostiche appropriate e correttamente interpretate. Anche la tempestività degli interventi risulta adeguata e il tasso di mortalità acuta sembra confermarlo.
Dai dati considerati e con i limiti dell'indagine retrospettiva sembra carente la fase di inquadramento anamnestico (mancata individuazione delle cause precipitanti) e quella del riconoscimento etiologico (ecocardiogramma effettuato nel 11% dei pazienti). Per il primo punto si potrebbe pensare ad un'azione di sensibilizzazione dei professionisti riguardo all'utilità di questo dato per la gestione del paziente, per il secondo punto è auspicabile un intervento formativo per perfezionare le competenze dei medici d'Urgenza in relazione a questa patologia.
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