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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06122019-213920


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MEINI, MARINA
URN
etd-06122019-213920
Titolo
COESISTENZA DI DESTINI CELLULARI MULTIPLI IN PRECURSORI POST-MITOTICI DI BASTONCELLI RETINICI:RUOLO DELLE CONDIZIONI DI COLTURA
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof. Demontis, Gian Carlo Alfredo Giuseppe
relatore Dott.ssa Angeloni, Debora
relatore Dott.ssa Barravecchia, Ivana
Parole chiave
  • retinite pigmentosa
  • organoidi
  • RPC
Data inizio appello
10/07/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
10/07/2089
Riassunto
Le patologie degenerative della retina sono tutte caratterizzate dall’essere fortemente invalidanti, ma le cause e i decorsi clinici sono molto differenti. Esistono infatti forme a insorgenza precoce, tipicamente su base monogenica trasmesse con ereditarietà di tipo Mendeliano, mentre per numerose forme a insorgenza tardive le basi genetiche, di tipo multifattoriali, rappresentano un fattore predisponente piuttosto che scatenante.
Tra le forme dovute a difetti di un singolo gene rientrano sia forme non sindromiche, come la retinite pigmentosa, che quelle sindromiche, quali le degenerazioni ceroidi nelle quali la perdita della vista rappresenta un sintomo precoce, che precede la degenerazione del sistema nervoso centrale.
Sebbene la ricerca abbia permesso di definire le basi genetiche di molte forme precoci di degenerazioni retiniche, sono ancora molte quelle per le quali non si conosce il difetto genetico alla base. Questo fatto limita ovviamente la possibilità di utilizzare a scopo terapeutico approcci basati sulla terapia genica. Inoltre, nel caso di forme molto precoci, la terapia genica non è applicabile dal momento che richiede la presenza di cellule da preservare. Anche per quanto riguarda la terapia di tipo farmacologico non esistono al momento molecole di comprovata efficacia, sicurezza e biodisponibilità: numerosi studi hanno valutato la possibilità di bloccare il processo apoptotico, ma esistono evidenze che se viene bloccata l’apoptosi le cellule possono comunque morire tramite processi alternativi, quali la necrosi, limitando di fatto l’applicabilità di questo tipo di strategia terapeutica. Approcci biotecnologici, basati sull’utilizzo di dispositivi impiantabili, sono al momento riservati solo a pazienti con perdita completa della vista, in quanto la visione consentita da questi dispositivi permette una visione a bassa risoluzione, che non è in grado di superare, se non in maniera modesta, la disabilità legata alla patologia.
L’ultima strategia terapeutica è quella di tipo rigenerativo, basata sul trapianto di precursori delle cellule degenerate, in grado di rimpiazzarle funzionalmente. Tuttavia, sebbene esistano delle evidenze che in linea di principio questo tipo di strategia terapeutica possa funzionare, al momento uno dei principali ostacoli è rappresentato dal basso numero di cellule capaci di integrarsi nella retina successivamente al trapianto.
Uno dei problemi ancora non risolti riguarda le caratteristiche delle cellule dotate della maggiore possibilità di integrazione. Nel caso delle patologie degenerative dei bastoncelli, le cellule responsabili della visione in presenza di bassi livelli di luminanza ambientale, numerosi studi, basati sull’utilizzo di marcatori di superficie identificati in base all’analisi del trascrittoma dei precursori retinici dei bastoncelli, hanno fallito nell’identificare i marcatori ottimali. Un fattore di incertezza riguarda la mancata conoscenza della correlazione temporale tra espressione genica e comparsa delle corrispondenti proteine in membrana, un fattore critico quando si protettano strategie di sorting per isolare una popolazione dotata di caratteristiche transienti.
Inoltre, più recentemente, è stato dimostrato che una larga parte delle cellule ritenute il risultato di processi di integrazione delle cellule trapiantate, erano in realtà cellule pre-esistenti al trapianto che, grazie a processi di trasferimento di materiale da parte delle cellule donatrici, diventavano capaci di sopravvivere alla mutazione. Questi dati hanno quindi portato ad un cambiamento di interesse, dalle cellule dotate della miglior capacità di integrarsi in seguito al trapianto a quelle dotate della maggior capacità di trasferimento di materiale. Inoltre, l’osservazione che il passaggio in coltura dei precursori può portare alla loro capacità di produrre e liberare citochine antinfiammatorie, in grado di bloccare i processi infiammatori che precedono e innescano l’apoptosi, ha aperto la ricerca verso nuove strategie per ottenere cellule capaci sia di trasferimento di materiale citoplasmatico che di secrezione di citochine antinfiammatorie.
Nel mio lavoro di tesi ho valutato l’effetto delle condizioni di coltura sul destino cellulare di precursori postmitotici di bastoncelli retinici. A questo scopo ho effettuato una valutazione dell’impatto, sulla caratteristiche funzionali e molecolari delle cellule isolate dal tessuto retinico, sia del tempo trascorso in coltura che della densità con la quale venivano poste in coltura. Dal punto di vista metodologico ho combinato l’analisi quantitativa dell’espressione genica mediante real-time PCR quantitativa su singola cellula funzionalmente caratterizzata mediante la tecnica del patch-clamp.
I risultati ottenuti mostrano che durante la coltura i precursori postmitotici dei bastoncelli, identificati sulla base dell’espressione di GFP indotta dal fattore di trascrizione Nrl, specifico dei bastoncelli postmitotici, le cellule procedono nel loro percorso differenziativo verso bastoncelli, aumentando l’espressione di Rho, un gene che codifica per rhodopsina, il pigmento visivo specifico dei bastoncelli e di una corrente del potassio che fluisce attraverso canali formati da proteine codificate dai geni Kcnb1 e Kcnv2, la cui espressione è controllata da Nrl. Tuttavia, grazie al nostro approccio su singola cellula siamo stati in grado di mettere in evidenza come le cellule indirizzate verso fotorecettori sviluppino anche in parallelo l’espressione di geni tipici delle cellule gliali di Muller. Questo risultato è di interesse in quanto le cellule di Muller sono capaci di produrre citochine antinfiammatorie in risposta a stimoli specifici, e pertanto una popolazione di cellule con caratteristiche ibride tra fotorecettori e cellule di Muller, potrebbe consentire la protezione dei bastoncelli del ricevente sia basata sul trasferimento di materiale, che sulla produzione di molecole antinfiamatorie da parte delle cellule donatrici.
Allo scopo di individuare quali condizioni possano influenzare il bilancio tra questi due profili, abbiamo valutato sia il ruolo del tempo di differenziamento in coltura che della densità cellulare. I risultati ottenuti mostrano che il tempo in coltura ha un effetto sull’espressione dei geni tipici dei bastoncelli ma non sulle cellule di Muller, mentre l’aumento della densità cellulare ha un effetto molto marcato nel sopprimere l’espressione dei geni tipici delle cellule di Muller nei precursori dei bastoncelli.
Studi futuri permetteranno di valutare l’impatto delle condizioni di coltura di queste cellule, dal destino differenziativo ibrido, sui processi infiammatori e su quelli di trasferimento genico in modelli sperimentali di retinite pigmentosa.
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