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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06122017-095306


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CIARDI, FEDERICA
URN
etd-06122017-095306
Titolo
La motivazione al cambiamento: la perdita di peso.
Dipartimento
PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA, MOLECOLARE E DELL'AREA CRITICA
Corso di studi
PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE
Relatori
relatore Dott.ssa Ciaramella, Antonella
Parole chiave
  • perdita di peso
  • Counseling Motivazionale
  • motivazione al cambiamento
  • Indice di massa corporea.
  • modello di Prochaska e Di Clemente
Data inizio appello
24/07/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
La regolazione dell’appetito è un processo particolarmente delicato, il cui esito deriva dall’equilibrio tra attività di diversi sistemi coinvolti, tra i quali ricordiamo il sistema ormonale ed il sistema neurotrasmettitoriale. Tra gli ormoni principalmente implicati nel comportamento alimentare si riconoscono l’insulina, il glucagone, la grelina, la leptina, il cortisolo, la tiroxina, la triiodotironina, la serotonina, gli estrogeni ed il testosterone. Diverse evidenze mostrano che le modalità attraverso le quali ci alimentiamo, hanno la capacità di andare ad influenzare direttamente la produzione di alcuni tipi di ormoni; esistono infatti alimenti o macronutrienti capaci di modulare in senso inibitorio o facilitatorio la produzione di determinati ormoni (ad esempio gli zuccheri –o carboidrati- hanno la capacità di indurre modifiche nei livelli dell’insulina). Quando parliamo di ormoni e comportamento alimentare, è importante menzionare quello che viene definito “effetto mediato”. Questo effetto si riferisce alla capacità da parte degli ormoni, di mediare la spinta biologica alla ricerca di cibo, influenzando in maniera diretta il rapporto tra la fame e la sazietà nell’arco di tutta la giornata.
Oltre alla componente tipicamente definita come “neuroendocrina” del comportamento relato all’appetizione, è fondamentale sottolineare, come nel comportamento alimentare, entrino in gioco innumerevoli fattori psicologici, come ad esempio l’umore e lo stress, che hanno per altro la capacità di influire sull’equilibrio metabolico. Diversi studi e ricerche mostrano un evidente doppio legame tra lo stress e l’alimentazione e la depressione e l’alimentazione (in un rapporto di tipo biunivoco), che in alcuni casi, può indurre i soggetti a cadere in un “circolo vizioso”, nel quale l’individuo è spinto alla ricerca spasmodica di “cibo spazzatura” (in inglese junk food), generando nel tempo, un aumento ponderale di peso, che può indurre ad uno stato di sovrappeso o di obesità (suddivisa tipicamente in obesità di tipo I, obesità di tipo II, ed obesità di tipo III), associati spesso ad importati problemi di salute.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), a tal proposito, ha definito il concetto di Indice di Massa Corporea o BMI (Index Body Mass), ovvero un parametro calcolabile come il rapporto tra il peso, espresso in kg, e l’altezza al quadrato, espressa in metri, da poter utilizzare come indice dello stato di peso forma. Sulla base di suddetto indicatore, è possibile individuare diverse classi (talvolta definite anche classificazioni) nelle quali un soggetto può essere inserito. I valori del BMI, possono assumere un intervallo (range) che parte da circa 18, per arrivare fino a 40. In particolare quando il valore del BMI risulta inferiore a 18,5 si parla di sottopeso (underweight), il range compreso da 18,5 a 24,9 è considerato normopeso (normal), il range tra 25,0 e 29,9 si riferisce alla classe sovrappeso (overweight), il range tra 30,0 e 34,9 si associa all’obesità di tipo I (obesity class I), il range da 35,0 a 39,9 è collegato con l’obesità di tipo II (obesity class II), ed infine un indice di massa corporea superiore a 40 è indicatore di una gravissima obesità (extreme obesity class III).
I medici, gli psicologi clinici ed in generale tutti gli operatori sanitari, molto spesso, hanno la possibilità di seguire individui con problemi di peso (siano essi in sovrappeso od in obesità), che faticano sia ad intraprendere dei percorsi di dimagrimento, che a prendere delle decisioni “adeguate” rispetto ai comportamenti di salute. Molto spesso infatti, gli individui, pur disponendo di tutte informazioni concernenti la possibile dannosità di determinate condotte, tende a perseguire le stesse nel tempo, generando un possibile peggioramento di un quadro clinico già minato in partenza. Questo è vero non solo per i soggetti in sovrappeso, o più in generale rispetto ai quadri relativi ad alimentazione ed attività fisica, ma anche per individui che ad esempio abusano di alcool o sigarette. Capita di frequente che in questi individui, sia riscontrabile quella che viene definita “resistenza al cambiamento”, ovvero una sorta di vera e propria resistenza posta in essere dal paziente, che produce una scarsa adesione alle indicazioni fornite dall’operatore sanitario in questione, nonostante l’apparente verbale accordo con le direttive salutistiche stesse. In altri termini, il soggetto risulta verbalmente in accordo con quanto proposto o consigliato dal curante, ma successivamente non mostra compliance (adesione alle cure).
Sulla base delle premesse, e dei recenti sviluppi nell’ambito della ricerca psicologica, sembrerebbe risultare particolarmente utile l’uso del Counseling (colloquio) Motivazionale. L’approccio di questo strumento, poggia su uno stile relazionale caratterizzato dalla tolleranza, accettazione, non giudizio, atteggiamento maieutico e guida attiva. L’assunto di base del Colloquio Motivazionale è che il cambiamento non sia un processo lineare e statico, ma che al contrario sia dinamico. Questo approccio sostiene che il cambiamento origini dall’interazione tra sei fattori: la disponibilità al cambiamento, la frattura interiore, l’importanza, l’autoefficacia, la tentazione ed infine la stabilizzazione.
Nel Counseling (o Colloquio) Motivazionale, assume particolare rilevanza la dimensione che viene indicata come “disponibilità al cambiamento”. Quest’ultima, viene rappresentata come una sorta di ciclo, all’interno del quale possono entrare in gioco innumerevoli fattori, come ad esempio alcuni eventi di vita, capaci di influire in modo più o meno diretto sull’eventuale percorso di cambiamento. Anche il concetto della “disponibilità al cambiamento”, pertanto, può essere associata ad una visione di tipo dinamico, piuttosto che ad un processo di tipo stadiale o rigido.
La disponibilità al cambiamento è un costrutto teorico originariamente formulato da due autori: Prochaska e Di Clemente (1983). Secondo gli studiosi, un processo di cambiamento segue un percorso, appunto, ciclico, dove sono identificabili degli stadi precisi ovvero: la precontemplazione, nella quale il soggetto non ha ancora preso in considerazione l’idea di cambiare, la contemplazione nella quale inizia a supporre un possibile cambiamento, senza però agire direttamente, la determinazione una fase nella quale il soggetto pianifica in modo pro-attivo le modalità di cambiamento, la fase dell’azione dove il soggetto agisce fattivamente per modificare il proprio comportamento disfunzionale, ed infine il mantenimento dove l’individuo promuove quella che viene definita “stabilizzazione”, ovvero applica nel tempo il cambiamento.
Avendo specificato più volte la natura non lineare di questo processo, risulta abbastanza evidente, che in un percorso di cambiamento, la persona possa “tornare a stadi precedenti”. Ogniqualvolta si verifichi questa situazione, si parla di ricaduta. Di fronte ad una possibile ricaduta, l’approccio del Counseling (o Colloquio) Motivazionale specifica che non è necessario impedirla completamente (anche perché la probabilità che si verifichi in un percorso lungo di cambiamento è elevata), quanto piuttosto aiutare il soggetto a gestire la stessa, in modo che riesca a percepirla non come una demotivante sconfitta personale, ma piuttosto come un normale elemento all’interno di un faticoso percorso di modifica.
Sulla base delle premesse appena riportate, lo scopo del presente studio è stato quello di valutare l’efficacia del Colloquio Motivazionale in un percorso di perdita di peso in 29 donne sovrappeso (BMI da 25.00 a 29.99), motivate a dimagrire (motivazione iniziale verbalmente riportata di ameno 7/10) senza patologie metaboliche o psichiatriche (GHQ-12 < 3) in atto, attraverso uno studio osservazionale longitudinale, svolto nell’arco di cinque mesi. Durante questo lasso temporale, i soggetti sono stati seguiti seguendo i principi teorici del Counseling Motivazionale, supportando la motivazione al dimagrimento ed avvalendosi di test somministrati nei vari incontri: POMS, PSS, Self-Efficacy, MAC2-R, VMC.
I risultati del nostro studio mostrano che mantenere buoni livelli di motivazione grazie all’ausilio del Counseling Motivazionale, può risultare particolarmente utile in un percorso di perdita di peso. Sul piano alimentare questo approccio si è mostrato favorevole negli stadi della Precontemplazione, della Contemplazione, dell’Azione e del Mantenimento. Si mostrano rilevanti, per la sfera alimentare, la Frattura Interiore e la Tentazione.
Per quanto riguarda la dimensione dell’Attività Fisica, lo stile del Counseling Motivazionale si è mostrato efficace negli stadi di Contemplazione, Determinazione, Azione e Mantenimento. Per questa sfera, si mostrano rilevanti l’Importanza ed Autoefficacia.
Effetti positivi sono stati riscontrati anche sulla valutazione dello Stress Percepito (PSS) e su alcune dimensioni del POMS (POMS A, POMS T, POMS C).
Decisamente fruttuoso si è dimostrato il follow-up telefonico. Favorire dei controlli quindicinali attraverso questa modalità, sembra utile a favorire il mantenimento di buoni livelli di motivazione, soprattutto per quanto riguarda la sfera dell’Attività Fisica.

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