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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06092018-114859


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
TELONI, ALESSANDRA
URN
etd-06092018-114859
Titolo
La politica ferroviaria europea: i tentativi di liberalizzazione
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Passalacqua, Michela
Parole chiave
  • trasporto ferroviario nazionale
  • quarto pacchetto ferroviario
  • imprese ferroviarie
  • trasporto ferroviario regionale
Data inizio appello
18/07/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/07/2088
Riassunto
Il presente lavoro si prefigge di analizzare quello che è stato il percorso di liberalizzazione del mercato europeo dei servizi di trasporto ferroviario merci e passeggeri, oltre a quello nazionale e regionale, seguendo, sì una impostazione cronologica, ma analizzando anche nei suoi vari steps quelli che sono stati gli obiettivi di volta in volta prefissati e le conseguenti problematiche che hanno riguardato la loro concreta realizzazione.
Il filo conduttore di questo elaborato critico è il problema della mancata realizzazione di un’effettiva concorrenza.
Saranno analizzati principalmente due aspetti: il primo è come la struttura societaria di holding, adottata dall’ex monopolista, abbia consentito di perpetrare la propria influenza dominante nel settore, permettendole di controllare le dinamiche nazionali di mercato e contribuendo a rallentare il processo di liberalizzazione.
In secondo luogo, saranno analizzate le cause strutturali, politico-istituzionali e relazionali che, a livello regionale, hanno limitato fortemente il ricorso a procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio, con il conseguente rinnovo dei contratti con l’incumbent.
Il cambiamento della policy europea dei primi anni novanta, da un forte impulso alla necessità di rinnovamento della disciplina nazionale, stravolgendo quelli che erano gli equilibri di molti Stati membri. Il principale obiettivo è stato quello di attuare i principi, già contenuti nel Trattato di Roma del 1957, di reale concorrenza fra le imprese ed efficace gestione dei servizi di interesse economico generale.
Lo strumento individuato dalla Comunità per aprire alla concorrenza il servizio di trasporto è l’introduzione del principio di separazione della gestione del servizio dalla gestione dell'infrastruttura per la quale, stante il permanere della connotazione in termini di monopolio naturale, sarebbe stato difficile ipotizzare alcuna forma di competitività. Tale separazione, obbligatoria dal punto di vista contabile ma facoltativa da quello organizzativo-istituzionale, costituisce la premessa necessaria per l'apertura della rete al transito di più operatori a fronte del versamento di uno specifico canone.
Oltre a ciò, si impone l’indipendenza gestionale delle imprese dallo Stato: queste ultime, attrici di un processo di risanamento economico finanziario (nel rispetto della normativa europea in tema di aiuti di Stato), devono poter operare in condizioni di massima indipendenza organizzativa e gestionale, al fine di poter concorrere sul mercato alla stregua di normali aziende private.
Tutto ciò si inserisce in una situazione italiana di preesistente monopolio. Il primo intervento del legislatore, volto a modificare tale assetto, si concretizza nella legge n. 210 del 1985 che attribuisce la qualifica di Ente pubblico economico alle Ferrovie dello Stato (fino ad allora unico concessionario ad esercitare il servizio di trasporto).
Nei primi anni '90, infatti, l'Ente Ferrovie dello Stato viene trasformato in una società per azioni, la privatizzazione è, tuttavia, limitata ad un piano meramente formale, dato che si tratta di una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è detenuto dal Ministero del Tesoro.
A luglio del 2001, Ferrovie dello Stato adotta la configurazione di holding a seguito della creazione di due società partecipate al 100%, responsabili rispettivamente della gestione dell'infrastruttura (RFI S.p.A.) e della gestione dell'attività di trasporto (Trenitalia S.p.A.) la cui capogruppo «Ferrovie dello Stato S.p.A.» è controllata dallo Stato). L'apertura del mercato è avviata con il rilascio della prima licenza ferroviaria a Trenitalia nel maggio del 2001.
Tale situazione ha dato luogo ad un ampio dibattito circa l’opportunità di mantenere siffatto assetto organizzativo. Ci si chiedeva, in particolare, se questo potesse in qualche modo pregiudicare la posizione di necessaria autonomia ed indipendenza che deve rivestire il gestore dell’infrastruttura, rispetto a tutti i possibili operatori ferroviari. Al gestore della rete, infatti, sono affidate le funzioni essenziali di ripartizione e assegnazione della capacità infrastrutturale e determinazione dei canoni per l’accesso e l’utilizzo della stessa. I maggiori dubbi erano rivolti al fatto che sia la società di gestione dell’infrastruttura, sia la società di trasporto, ex monopolista del settore, pur essendo due imprese formalmente distinte, sotto il profilo sostanziale fanno capo alla stessa holding.
Secondo l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nella segnalazione AS-265 del 13 agosto 2003, il principio di separazione risulta sostanzialmente eluso alla luce dell’assetto organizzativo che caratterizza il gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A. Infatti, la holding, in virtù dei rapporti di controllo e comuni interessi economici, è in grado di condizionare le politiche di impresa di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e di Trenitalia S.p.A.
L’Antitrust, nella segnalazione AS-528 del 1° giugno 2009 e nel documento AS-659 del 9 febbraio 2010, ha rilevato la sussistenza di «una particolare situazione in cui Trenitalia, società che opera indistintamente in tutti i settori del trasporto ferroviario, risulta sostanzialmente ancora monopolista di fatto in tutti i mercati».
La separazione societaria non è in sé e per sé in grado di garantire l’effettiva parità di trattamento tra i new comers che intendano accedere alla rete ferroviaria e alle relative facilities qualora queste ultime siano, a vario titolo, nella disponibilità dell’impresa ferroviaria incumbent.
A livello regionale, invece, la liberalizzazione del trasporto su ferro anticipa di un anno quella nazionale, infatti, con l'emanazione del Decreto Burlando nel 1997, sono conferite alle Regioni e agli Enti locali funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale (TPL).
La normativa prevede che le Regioni, divenute titolari dei compiti di programmazione e gestione dei servizi ferroviari locali, affidino questi ultimi attraverso il meccanismo di concorrenza “per il mercato”, dove il momento della competizione concorrenziale è spostato a monte, con l'espletamento di gare. Queste ultime hanno per oggetto l'affidamento di servizi di monopolio su specifici mercati o segmenti di esso, secondo le condizioni e per un periodo di tempo definiti in un contratto di servizio.
A causa di una serie reiterata di proroghe e una normativa ondivaga, l’utilizzo di procedure ad evidenza pubblica non verrà a configurarsi quale unica modalità di affidamento del servizio, essendo, al contrario, abbandonata a favore di altre, quali, la gestione in-house o l’affidamento diretto all’ex monopolista.
Verranno quindi analizzate sia le barriere legali all’ingresso del mercato, che quelle fisiche, che, talvolta, possono essere ancora più escludenti della possibilità, per le Regioni, di ricorrere all’affidamento diretto del servizio. Una adeguata policy di liberalizzazione dovrebbe intervenire, infatti, trasversalmente e simultaneamente sul modello di governance, sul quadro normativo e sull’assetto di mercato.
In ultimo, verranno approfondite le modifiche introdotte dal “quarto pacchetto ferroviario”, che apre al mercato anche il segmento del trasporto nazionale passeggeri completando la realizzazione di uno spazio ferroviario europeo unico. Il pilastro di mercato si pone, quindi, gli obiettivi: in riferimento alla governance della struttura ferroviaria, di implementare l’autonomia e l’indipendenza operativa del gestore della rete (pur mantenendo la possibilità che questo sia incardinato all’interno di una impresa a integrazione verticale); alla modalità di affidamento del servizio, di limitare, a partire dal 2023, a specifiche ipotesi la possibilità di ricorrere all’affidamento diretto rendendo di conseguenza la procedura competitiva ad evidenza pubblica la regola generale per l’affidamento del servizio.
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