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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06082017-120930


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
ERCOLINI, ELENA
URN
etd-06082017-120930
Titolo
Azione neuro-protettiva dell'autofagia nella retinopatia diabetica
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOLOGIA APPLICATA ALLA BIOMEDICINA
Relatori
relatore Prof. Casini, Giovanni
Parole chiave
  • retinopatia diabetica
  • octreotide
  • markers autofagici
  • autofagia
Data inizio appello
17/07/2017
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/07/2087
Riassunto
RIASSUNTO:
L’autofagia è un processo che media la degradazione di molti componenti intracellulari, tra cui interi organelli, all’interno dei lisosomi, al fine di poter essere riciclati e riutilizzati; in tali casi, l’autofagia, può costituire un processo di adattamento allo stress che protegge dalla morte cellulare. In altre situazioni, invece, l’autofagia può diventare una via alternativa di morte cellulare. L’autofagia è un normale processo fisiologico che si presenta anche durante lo sviluppo; per esempio durante la formazione del sistema nervoso, regolando i processi di proliferazione e differenziazione, così come la morte cellulare programmata. L’autofagia, quindi, non è da vedersi solamente come un processo distruttivo che porta alla morte della cellula, ma anche come un meccanismo cito-protettivo. E’ quindi interessante valutare quale ruolo fisiopatologico possa avere l’autofagia in una malattia, soggetta a neuro-degenerazione, come la retinopatia diabetica. La retinopatia diabetica è una patologia multifattoriale che si riscontra nei soggetti affetti da diabete. I sintomi della retinopatia diabetica sono, in generale, di visione alterata, riduzione del visus fino all'ipo-visione o alla cecità. La retinopatia diabetica può essere suddivisa in due fasi distinte; una prima fase non proliferativa, ed una fase successiva detta proliferativa. Nella fase non proliferativa l’iperglicemia indotta dal diabete causa la glicazione (o glicosilazione non enzimatica) di molte proteine con la formazione di prodotti avanzati della glicazione avanzata (AGE), specie reattive dell’ossigeno (ROS) e attivazione del processo infiammatorio., con induzione della morte delle cellule retiniche. Altra conseguenza dell’iperglicemia è una maggior attività dell’aldoso-reduttasi che trasforma il glucosio in sorbitolo; il quale tende ad accumularsi all’interno dei neuroni causando danno osmotico. La fase proliferativa è caratterizzata dalla presenza di un'intensa neo-vascolarizzazione, con formazione di vasi estremamente fragili che, spesso, tendono alla rottura provocando danni retinici. I danni metabolici causati nelle prime fasi della retinopatia diabetica porterebbero ad un’alterata espressione di diversi mediatori molecolari, tra i quali ritroviamo fattori di crescita e fattori neuro-protettivi. L’evidente tendenza alla neuro-degenerazione, nella fase non proliferativa della malattia, ha spinto la comunità scientifica a ricercare trattamenti alternativi che avessero come obbiettivo la neuro-protezione nelle fasi iniziali del processo patologico, prima di giungere alla fase proliferativa. Da questi si è scoperto che l’utilizzo di un analogo della somatostatina, l’octreotide (OCT), presenta un’azione neuro-protettiva. Incubando espianti di retina in condizioni di alto glucosio, a mimare gli effetti del diabete, si è visto che l’autofagia diminuisce, mentre, l’apoptosi delle cellule retiniche aumenta; se invece la retina, sempre in condizioni di alto glucosio, viene trattata con OCT l’autofagia aumenta, mentre l’apoptosi diminuisce. Ciò sembra dimostrare che l’OCT eserciti un’azione neuro-protettiva, sui neuroni sottoposti a stress iper-glicemico, riattivando il meccanismo autofagico. Al fine di saggiare tale correlazione ed i suoi effetti neuro-protettivi, si è deciso di seguire il processo ricorrendo all’uso di una molecola inibente l’autofagia come la clorochina; questa influisce sul processo autofagico arrestando la fase finale dell’autofagia (fase di degradazione). Per sondare cosa succede quando l’autofagia viene inibita e per valutare l’azione dell’OCT sulla stessa ci siamo avvalsi dei principali markers autofagici, come MAP1LC3B/LC3-microtubule-associated protein 1 light chain 3 (LC3-II) e sequestosome-1/P62, o SQSTM1/P62 (P62, detta anche sequestosoma-1). Mentre, come indicatore della funzionalità di m-TOR (acronimo di mammalian target of rapamycin, bersaglio nei mammiferi della rapamicina) si è usata la misura del rapporto tra la proteina ribosomiale S6 (S6) e la sua forma fosforilata (pS6), che è un substrato diretto di m-TOR. I markers sono stati saggiati tramite western blot e/o immunofluorescenza. Nello specifico, LC3-II è un indicatore della fase di elongazione dell’autofagia, il suo turnover lisosomiale riflette l’andamento dell’attività autofagica indotta da carenza di nutrienti. P62 è un indicatore dell’avvenuta degradazione dei componenti auto-fagocitati. Se P62 diminuisce significa che la fase degradativa è avvenuta con successo, se invece P62 aumenta la degradazione non è avvenuta. Infatti, in condizioni di iperglicemia in presenza di OCT, i livelli di P62 tendono a diminuire, rispetto a quelli riscontrati nei trattamenti con solo alto glucosio. In pratica, LC3-II e P62 forniscono informazioni sul flusso autofagico; mentre S6/pS6 (cioè il rapporto tra forma fosforilata e forma non fosforilata), fornisce informazioni sulla funzionalità di m-TOR. In condizioni di alto glucosio si è evidenziata una maggior concentrazione di forma fosforilata di S6 (pS6); mentre, nei casi di alto glucosio in presenza di OCT il rapporto si riduce, indicando una diminuzione dei livelli di pS6.
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