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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-06022013-162358


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TEDESCO, PAMELA
URN
etd-06022013-162358
Titolo
Il sistema 'cibo' nell'impero romano: pratica e ideologia
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
FILOLOGIA E STORIA DELL'ANTICHITA'
Relatori
relatore Prof. Salmeri, Giovanni
Parole chiave
  • plinio
  • aristide
  • elio
  • aurelio
  • marco
  • porfirio
  • seneca
  • plutarco
  • celso
  • galeno
  • impero
  • musonio
  • rufo
  • epitteto
  • roma
  • grecia
  • antichità
  • cibo
  • dieta
  • alimentazione
Data inizio appello
01/07/2013
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
01/07/2053
Riassunto
Nella prima parte si prendono in considerazione testi di autori greci e latini per ricostruire a grandi linee quali cibi si consumavano in età imperiale, con un approfondimento sulla carne equina, che era esclusa dalla dieta abituale. Da questi testi emerge che all'epoca molti abusavano del cibo, al punto da ricorrere al vomito autoindotto per poter continuare a mangiare all'infinito, oppure da spendere ingenti somme di denaro per lo sfarzo dei banchetti. Si esaminano, poi, le testimonianze di Papinio Stazio e dei filosofi stoici che apprezzavano piuttosto uno stile di vita frugale, e le leggi suntuarie, con cui si cercò di contenere il lusso, ma senza successo. Si cerca, quindi, di spiegare la presenza delle due diverse tendenze nell’ambito della società imperiale.
Nella seconda parte si mostra come nei primi secoli d.C. si sia cominciato ad attribuire maggior importanza alla dietetica, come cura preventiva per la maggior parte delle malattie. Dopo una premessa sulle principali malattie che affliggevano l'impero romano, si osserva che vi era uno stretto rapporto tra filosofia e medicina, perché si credeva che la mancanza di autocontrollo avesse significative ripercussioni sul corpo. Si esaminano, dunque, i trattati di Plutarco, Celso e Galeno, che raccomandano di seguire determinati regimi dietetici, per riuscire ad ottenere o mantenere una salute perfetta. Si prende in considerazione, inoltre, la testimonianza di Elio Aristide, come caso rappresentativo di autodisciplina maniacale e di ipocondria.
Nella terza ed ultima parte si ragiona sul rapporto che vi era, sempre in età imperiale, tra la religione e il cibo. In primo luogo si stabilisce che sopravvivevano ancora gli insegnamenti di Pitagora, che spingevano alcuni, come i seguaci della Scuola dei Sestii, Ovidio e Porfirio, ad essere vegetariani e ad opporsi alla crudeltà verso gli animali e, di conseguenza, ai sacrifici di animali. Si esaminano, poi, le posizioni di Plutarco e Luciano contro la superstizione e le pratiche irrazionali che essa implicava, come per esempio i sacrifici. Dopodiché si ricorda che i primi Cristiani disapprovavano il sacrificio pagano, perché lo ritenevano un'eresia e una manifestazione deplorevole di crudeltà umana, considerando in particolare la testimonianza di Tertulliano, che sosteneva l'astinenza dalla carne e proponeva un'alimentazione frugale basata sulle “xerofagie”. Si considerano, infine, i riferimenti di autori antichi ai sacerdoti indiani Brahmani.
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