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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-06022012-164044


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
GABRIELLI DI QUERCITA, GABRIEL FRANCESCO
URN
etd-06022012-164044
Titolo
I lunghi giorni della pena. Il diario di prigionia di Luigi Giuntini (settembre 1943-aprile 1945)
Settore scientifico disciplinare
M-STO/04
Corso di studi
STORIA E SOCIOLOGIA DELLA MODERNITA'
Relatori
tutor Prof. Nello, Paolo
Parole chiave
  • Repubblica Sociale Italiana
  • prigionia
  • nazismo
  • Internati Militari Italiani
  • III Reich
  • fascismo
  • diario
  • armistizio
  • 8 settembre
  • seconda guerra mondiale
Data inizio appello
10/07/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questa ricerca ha per oggetto la storia dell’internamento in Germania di oltre 600.000 militari italiani, catturati dai tedeschi in seguito all’armistizio tra Italia e Alleati dell’8 settembre 1943, deportati in Germania e obbligati a lavorare nell’industria e nell’agricoltura tedesche fino alla fine del conflitto. Ciò accadde perché essi rifiutarono di continuare a combattere, preferendo una umiliante prigionia e il lavoro forzato alla libertà dalla parte di fascisti e tedeschi.
Quella degli Internati Militari Italiani (IMI, la qualifica collettiva loro assegnata dal governo nazista, che non li considerò mai prigionieri di guerra, quali invece erano, e negò loro la tutela giuridica stabilita dal diritto internazionale per quella categoria) è una vera e propria schiavitù in tempi moderni e costituisce un crimine di guerra tra i più gravi della Seconda Guerra Mondiale: il lavoro pesante, la denutrizione, la mancanza di sicurezza, di igiene e di assistenza sanitaria, l’abbigliamento inadeguato, il freddo, le malattie, i bombardamenti, gli incidenti sul lavoro, i pestaggi, le esecuzioni e gli omicidi provocano oltre 40.000 morti; moltissimi furono anche i feriti e gli invalidi.
Al ritorno in Italia, poi, i sopravvissuti ricevettero dal nuovo stato repubblicano un’accoglienza fredda e scarsa attenzione materiale e morale: furono esclusi da qualsiasi forma di risarcimento e per decenni non videro la loro scelta non collaborazionista, le cui conseguenze avevano pur pagato a caro prezzo, riconosciuta come parte della Guerra di Liberazione.

Questa ricerca ricostruisce la storia degli IMI sia nei suoi aspetti generali, sia attraverso l’esperienza dell’aviere Luigi Giuntini, narrata nel lungo diario, inedito, da lui scritto in prigionia. Luigi Giuntini è stato internato militare italiano con il numero 307101. Nato a Ponsacco (Pisa) l’8 gennaio 1921, fu chiamato alle armi in Aeronautica nel 1941 e, al momento dell’armistizio, era aviere di stanza presso l’aeroporto militare di Boscomantico (Verona). Catturato dai tedeschi la mattina del 9 settembre 1943, rifiutò, come gran parte dei suoi commilitoni, di continuare a combattere o a collaborare con i tedeschi e i fascisti e venne perciò deportato in Germania e internato in vari campi di prigionia. Per venti mesi, fino al 14 aprile 1945, giorno della liberazione, fu obbligato a lavorare nell’industria tedesca, in condizioni materiali e morali durissime e sottoposto a un rigido controllo poliziesco e militare.

Il diario da lui scritto, aggiornato quotidianamente con tenacia e costanza incrollabili, sottraendo tempo al sonno e al riposo, su di un registro utilizzato in aeroporto per annotare le operazioni quotidiane e poi su un quaderno, è lungo 1.500 pagine e testimonia ampiamente sia della condizione disumana degli IMI, descritta in modo vivo ed accurato, sia della loro volontà di non darla vinta ai tedeschi e di resistere con grande forza d’animo. Si intitola I lunghi giorni della pena, riferimento alla intensa e dolorosa esperienza vissuta dall’autore, che egli ha voluto fissare sulla carta per testimoniarla nel modo più accurato possibile, convinto della sua straordinarietà.
Non esiste, a conoscenza dell’autore di questa ricerca, opera paragonabile, per dimensioni e per ricchezza e profondità di contenuti, al diario di Luigi Giuntini. Esso è un’inesauribile miniera di fatti, descrizioni, riflessioni, impressioni, dialoghi, e contiene anche delle poesie e delle traduzioni dal tedesco; è scritto in modo avvincente e si può leggere come un romanzo; riflette, infine, la spiccata personalità e l’intelligenza del suo autore.

Studiare oggi questa opera fluviale significa apprendere una storia da chi l’ha vissuta in prima persona. Essendo essa coeva ai fatti narrati, è straordinariamente in grado di far rivivere i giorni della prigionia, mostrandoli nella loro aspra quotidianità con un tratto di forte impatto narrativo ed emotivo. Lasciare la parola a questa fonte privata, che restituisce una vicenda personale e allo stesso tempo collettiva perché condivisa dall’autore con centinaia di migliaia di uomini, può concorrere a migliorare la conoscenza di una pagina di storia, tragica e straordinaria, del nostro paese, scopo al quale questa ricerca vuole dare il proprio contributo.

A questo proposito è utile ricordare come, fino agli anni ‘80 del Novecento, vi sia stato un disinteresse quasi totale per la storia degli IMI, sia da parte della storiografia accademica, sia delle istituzioni repubblicane; minima anche l’attenzione dell’opinione pubblica italiana. Gli studi sull’argomento sono diventati gradualmente più consistenti negli ultimi venticinque anni grazie al clima di distensione instauratosi in seguito ai grandi cambiamenti politici avvenuti in Europa centrale e orientale, con la fine dei regimi socialisti, e al conseguente venir meno di quei motivi di opportunità politica che rendevano la storia degli IMI, con la loro difficile collocazione, sconveniente da gestire e da studiare (agli occhi della classe politica dell’Italia post-bellica essi erano uomini che non avevano combattuto né in uniforme con gli Alleati né alla macchia con i partigiani, mentre dagli ex fascisti e dai reduci di guerra erano considerati traditori o imboscati). Il disgelo politico e i buoni rapporti instauratisi tra le nazioni sotto la comune bandiera dell’Unione europea hanno inoltre reso possibile l’apertura di molti archivi civili e militari, permettendo uno studio più documentato, e perciò più rigoroso, dei fatti.
Il silenzio sulla storia degli IMI ha riguardato anche le fonti private: alcuni ex IMI hanno scritto e pubblicato della loro esperienza di prigionia; altri si sono affidati alla testimonianza orale resa a familiari e amici, necessariamente meno attendibile di quella scritta. Ma la maggior parte di essi ha scelto il silenzio, decidendo di elaborare in solitudine la propria esperienza, che è rimasta così parte dell’ambito della vita privata. È questo anche il caso di Luigi Giuntini, che ha lasciato il suo diario chiuso in un cassetto per mezzo secolo, e solo in anni recenti ha deciso di metterlo a disposizione della ricerca storica.

Questa ricerca è divisa in due parti che si integrano a vicenda.
La prima parte dà il quadro di riferimento nel quale si inserisce l’esperienza di prigionia descritta nel diario. È qui ricostruita la storia degli IMI nei suoi aspetti generali, ponendo attenzione anche ai fatti antecedenti la prigionia e che ne costituirono la premessa, in particolare il periodo denso di avvenimenti che va dal 25 luglio, con la caduta di Mussolini, all’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio tra Italia e Alleati. Sulla storia degli IMI restano fondamentali le vaste e documentate opere, ampiamente utilizzate in questa parte, di G. Schreiber e G. Hammermann, le uniche, a oggi, a carattere generale specificamente dedicate all’argomento, integrate da un buon numero di altri contributi particolari, alcuni di autori italiani. Nel complesso la bibliografia sull’argomento non è ricca, ma comunque sufficientemente accurata e documentata da permettere una buona ricostruzione dei fatti. Si è poi utilizzata in appoggio altra più consistente bibliografia, trattante numerosi e vari aspetti del periodo storico in oggetto collegati alla storia degli IMI o utili per meglio comprenderla.
La seconda parte della ricerca è interamente dedicata al diario: esso viene presentato e confrontato con alcune opere memorialistiche scritte da ex internati; segue l’analisi di un consistente numero di sue pagine, riportate direttamente e commentate, scelte tra le moltissime ritenute, a giudizio dell’autore di questa ricerca, particolarmente interessanti per la loro capacità di evidenziare i molti e complessi aspetti della vita in prigionia (le condizioni di vita nei campi, il lavoro coatto, i rapporti tra internati e tedeschi, per citarne solo alcuni), essendo impossibile, per ragioni di spazio, riportare l’opera nella sua interezza come avrebbe meritato, viste la costanza e la cura con le quali è stata scritta. In questa seconda parte si vuole passare dalla dimensione collettiva a quella personale della storia, attraverso l’esperienza dell’internato Luigi Giuntini, che narra, giorno dopo giorno, la sua vita di prigioniero e lavoratore forzato in un paese straniero e ostile, in balia di persone ed eventi che non può controllare, fino al giorno della liberazione.
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