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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05312016-144728


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BASSOTTI, MARTA
URN
etd-05312016-144728
Titolo
La disciplina penale nel settore alimentare
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. De Francesco, Giovannangelo
Parole chiave
  • expo
  • salute
  • sanzioni
Data inizio appello
20/06/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Durante la nostra esistenza, siamo soggetti alla possibilità che si presentino pericoli per la nostra salute e per il nostro benessere. Sempre più spesso, il rischio è rappresentato da “alimenti contraffatti”, quasi sempre da condotte umane volontarie, che trovano fondamento nel maggior profitto economico, che il comportamento fraudolento assicura a colui il quale ne è responsabile. Il pericolo si riduce soprattutto attraverso normative chiare e precise, tese a proteggere la nostra salute, ma anche a tutelare il MADE IN ITALY e contrastare l’Italian sounding.
Il fenomeno degli illeciti alimentari, si è notevolmente diffuso, perfezionandosi ed adattandosi alle differenti realtà, anche in presenza di normative disciplinanti regole di produzione e commercializzazione che includono anche il momento sanzionatorio. Il dato più preoccupante è che nessun alimento può dirsi al riparo da comportamenti illeciti: “adulterazione, contraffazione e corrompimento”.

La nostra analisi è finalizzata principalmente alle tematiche relative alla disciplina penale nel settore alimentare.
Il sistema sanzionatorio italiano in ambito agroalimentare è articolato su tre differenti livelli di tutela.
In primo piano si pongono le disposizioni previste dal codice penale a difesa della salute pubblica, della fede pubblica e dell’economia pubblica, industria e commercio; un ampio quadro normativo, costituito dagli articoli 439, 440, 441, 442, 444, 452, 473, 474, 514, 515, 516, 517, 517 bis, 517 quater c.p.
Una tutela penale che si basa essenzialmente nel reprimere offese causate in danno alla salute di persone determinate e nel contrastare offese di rango collettivo.
Nel secondo livello di tutela troviamo una legge di carattere generale, la L. 30 aprile 1962, n. 283, che può considerarsi la ”legge quadro” in materia alimentare, relativa a tutti gli alimenti e a tutte le diverse fasi, sia produttive che distributive, del ciclo economico.
Il terzo livello è rappresentato dalle molteplici leggi complementari di carattere specialistico. In sostanza, il settore con maggior distorsioni e disfunzioni: dovute in particolare, ad un eccesso di disposizioni sanzionatorie, contenute in leggi, a carattere strettamente settoriale, volte a disciplinare particolari categorie di alimenti e bevande o addirittura singoli alimenti o specifici aspetti della disciplina alimentare o singoli settori del campo alimentare.

Nella “contraffazione alimentare”, uno spazio particolare meritano gli OGM (organismi geneticamente modificati) che, pur non essendo prodotti contraffatti, perché disciplinati da specifiche normative, potrebbero incidere negativamente sulla salute dei consumatori. I potenziali rischi legati agli OGM riguardano, infatti, essenzialmente la salute umana, l’ambiente e l’economia (gli stessi rischi della contraffazione!).

In ogni caso, un contesto normativo nazionale (livelli di tutela) che non può prescindere dal diritto dell’UE, che ha prevalenza rispetto al diritto nazionale degli stati membri. In sintesi, il legislatore nazionale ha il compito di recepire il diritto UE, assicurandone il rispetto da parte dei singoli, anche attraverso la previsione di sanzioni. Il riferimento va soprattutto alla disciplina sanzionatoria per le violazioni del Reg. CE n. 178/2002 (che rappresenta l’espressione più significativa del diritto alimentare europeo), applicate con il D.lgs. 190/2006 (“Disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento CE n.178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel settore della sicurezza alimentare“). Un decreto, che presenta evidenti lacune sotto il profilo sanzionatorio, limitandosi a contemplare sanzioni amministrative pecuniarie solamente per le ipotesi di violazione degli artt. 18, 19 e 20 del Reg. 178/2002.

L’unico dato certo, che si ricava dall’analisi svolta, è che la normativa alimentare appare piuttosto controversa, sia per il sovrapporsi di norme giuridiche datate, sia per la terminologia usata dal legislatore (non esiste una definizione di “alimento” dotata di valenza generale).
Sarebbe auspicabile, in una prospettiva di riordino e ammodernamento della disciplina italiana, l’introduzione di un codice degli alimenti (del quale si parla da decenni, ma di fatto mai realizzato) e di una riforma dei reati in materia di sicurezza alimentare, allargata logicamente a tutte le problematiche connesse e relative alla tutela dell’economia, dell’industria e del commercio.
Fino ad oggi, la scelta del legislatore è stata, invece, quella di depenalizzare, soprattutto con il D.lgs. 507/1999, la maggior parte dei reati in materia alimentare (ad eccezione di quelli previsti dagli articoli 5, 6 e 12 della L.283/1962 e dalle norme del codice penale) e di introdurre interventi normativi-modificativi, (Decreto Legislativo 16 marzo 2015 n. 28) ad alcuni articoli del codice penale, prevedendo condizioni in base alle quali sarà evitato il processo penale in caso di imputazioni per reati puniti con una pena base contenuta nel massimo entro cinque anni.

Una scelta questa che, alla luce degli eclatanti e numerosi casi di contraffazione che hanno messo e continuano a mettere a rischio la salute pubblica, non ci sentiamo di condividere.
La strada da percorrere, dovrebbe essere di tutt’altra natura.
Si dovrebbe ritornare, ad un uso esclusivo dello strumento penale, anche per sanzionare alcune tipologie di reati che non risultano adeguatamente puniti.
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