Tesi etd-05282015-160619 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BATONI, NICOLA
URN
etd-05282015-160619
Titolo
"La decisione di proscioglimento immediato,tra esigenze di economia processuale e tutela dell'imputato"
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Dott. Bresciani, Luca
Parole chiave
- 129
- 531
- declaratoria immediata
- estinzione
- exitus processus
- favor rei
- proscioglimento
- proscioglimento immediato
Data inizio appello
19/06/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’etimologia della parola <<proscioglimento>> indica lo scioglimento di un legame a favore di qualcuno(da pro-solvere);legame,per quel che qui interessa,derivante dalla scelta che l’ordinamento pone in essere di sottoporre il soggetto a procedimento penale in presenza di determinati requisiti.
Il soggetto può essere “liberato” da questo legame in ogni momento del procedimento,difatti il codice di procedura penale prevede una serie di norme che regolano l’intervento della causa proscioglitiva nei vari momenti procedimentali.
Anzitutto vi sono gli artt. 529,530 e 531 c.p.p.,che disciplinano il proscioglimento dell’imputato nella fase conclusiva del giudizio dibattimentale,ma vi sono anche gli artt. 425 c.p.p. (per ciò che concerne la sentenza di non luogo a procedere in esito all’udienza preliminare) e 469 c.p.p. (per quanto riguarda il proscioglimento nella fase del predibattimento) ,e soprattutto l’art. 129 c.p.p.,rubricato <<obbligo di declaratoria di determinate cause di non punibilità>>,che regola,invece,l’intervento di una causa di proscioglimento <<in ogni stato e grado del processo>> a prescindere dal fatto che ci si trovi nei momenti canonici conclusivi delle varie fasi.
L’istituto del proscioglimento immediato ha radici risalenti,infatti l’attuale art. 129 c.p.p. rappresenta il punto di approdo di una secolare elaborazione legislativa che vede la sua origine nel 1865,agli albori dell’unificazione nazionale.In linea generale si è assistito al progressivo affermarsi della regola secondo la quale il giudice,non appena abbia verificato la sussistenza di una causa di non punibilità,deve emettere d’ufficio,senza ulteriore indugio,il provvedimento decisorio,così da assicurare il soddisfacimento tanto delle esigenze di economia processuale quanto dell’interesse dell’imputato al conseguimento di una sentenza di proscioglimento con la formula più appropriata.
Purtroppo però lo scenario non è così limpido come può risultare sulla base di tale sbrigativa lettura della disciplina.
Il codice del 1865 aveva riservato a questo istituto uno spazio assai ridotto,limitato alla sola ipotesi della mancanza o remissione di querela;ed il fatto che fosse stata annoverata solamente tale causa di non punibilità dalla fisionomia tipicamente processuale,rivelava come la ratio della norma contenuti nel primo codice unitario fosse improntata principalmente,se non esclusivamente,a mere esigenze di economia processuale.I successivi codici poi,con il passare degli anni,hanno ampliato l’elenco delle possibili cause di non punibilità dichiarabili,con immediatezza,in ogni stato e grado del procedimento.E nel momento in cui l’istituto del proscioglimento immediato estende il proprio ambito di applicazione anche alle ragioni liberatorie di merito,viene ad emergere l’altra anima della disciplina:il favor rei.Questi perché una volta allineate tutte le cause di non punibilità ai fini dell’obbligo della immediata declaratoria,si comincia logicamente ad avvertire il diverso valore di talune di esse rispetto ad altre,e l’opportunità di tutelare l’imputato prosciolto con formula per lui meno vantaggiosa di altra.
Le due anime dell’istituto,il favor rei e l’exitus processus,inizialmente ritenute potenzialmente sovrapponibili nell’ottica di una salvaguardia ad ampio spettro dei diritti dell’imputato prosciolto,vengono ben presto ad evidenziare elementi di contrasto tali da renderle sostanzialmente antitetiche.
A complicare il tutto contribuisce poi l’introduzione nel 1930,nel capoverso dell’art. 152 c.p.p. 1930 (poi confluito,senza particolari modifiche,nell’attuale secondo comma dell’art. 129 c.p.p. vigente),della regola di giudizio secondo la quale,in presenza di una causa estintiva del reato,deve riconoscersi all’imputato il diritto di vedersi prosciolto nel merito tutte le volte in cui già esistono prove le quali rendono evidente la sussistenza agli atti di una causa di proscioglimento di merito.
La problematica merita,dunque,una disamina approfondita,poiché sono in gioco sia principi costituzionali particolarmente rilevanti (su tutti il diritto di difesa,la presunzione di non colpevolezza ed il diritto alla prova), sia principi consacrati a livello di Convenzione Europea dei Diritto dell’Uomo (nello specifico l’art. 6 paragrafo 2 e l’art. 6 paragrafo 3 d CEDU).
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sulle teorizzazioni e sulle disquisizioni giuridiche che hanno affaticato negli anni dottrina,giurisprudenza e legislatore,alla costante ricerca di un soddisfacente equilibrio fra le due anime caratterizzanti un istituto dalla gestione delicatissima come la declaratoria immediata di determinate cause di non punibilità.
Il soggetto può essere “liberato” da questo legame in ogni momento del procedimento,difatti il codice di procedura penale prevede una serie di norme che regolano l’intervento della causa proscioglitiva nei vari momenti procedimentali.
Anzitutto vi sono gli artt. 529,530 e 531 c.p.p.,che disciplinano il proscioglimento dell’imputato nella fase conclusiva del giudizio dibattimentale,ma vi sono anche gli artt. 425 c.p.p. (per ciò che concerne la sentenza di non luogo a procedere in esito all’udienza preliminare) e 469 c.p.p. (per quanto riguarda il proscioglimento nella fase del predibattimento) ,e soprattutto l’art. 129 c.p.p.,rubricato <<obbligo di declaratoria di determinate cause di non punibilità>>,che regola,invece,l’intervento di una causa di proscioglimento <<in ogni stato e grado del processo>> a prescindere dal fatto che ci si trovi nei momenti canonici conclusivi delle varie fasi.
L’istituto del proscioglimento immediato ha radici risalenti,infatti l’attuale art. 129 c.p.p. rappresenta il punto di approdo di una secolare elaborazione legislativa che vede la sua origine nel 1865,agli albori dell’unificazione nazionale.In linea generale si è assistito al progressivo affermarsi della regola secondo la quale il giudice,non appena abbia verificato la sussistenza di una causa di non punibilità,deve emettere d’ufficio,senza ulteriore indugio,il provvedimento decisorio,così da assicurare il soddisfacimento tanto delle esigenze di economia processuale quanto dell’interesse dell’imputato al conseguimento di una sentenza di proscioglimento con la formula più appropriata.
Purtroppo però lo scenario non è così limpido come può risultare sulla base di tale sbrigativa lettura della disciplina.
Il codice del 1865 aveva riservato a questo istituto uno spazio assai ridotto,limitato alla sola ipotesi della mancanza o remissione di querela;ed il fatto che fosse stata annoverata solamente tale causa di non punibilità dalla fisionomia tipicamente processuale,rivelava come la ratio della norma contenuti nel primo codice unitario fosse improntata principalmente,se non esclusivamente,a mere esigenze di economia processuale.I successivi codici poi,con il passare degli anni,hanno ampliato l’elenco delle possibili cause di non punibilità dichiarabili,con immediatezza,in ogni stato e grado del procedimento.E nel momento in cui l’istituto del proscioglimento immediato estende il proprio ambito di applicazione anche alle ragioni liberatorie di merito,viene ad emergere l’altra anima della disciplina:il favor rei.Questi perché una volta allineate tutte le cause di non punibilità ai fini dell’obbligo della immediata declaratoria,si comincia logicamente ad avvertire il diverso valore di talune di esse rispetto ad altre,e l’opportunità di tutelare l’imputato prosciolto con formula per lui meno vantaggiosa di altra.
Le due anime dell’istituto,il favor rei e l’exitus processus,inizialmente ritenute potenzialmente sovrapponibili nell’ottica di una salvaguardia ad ampio spettro dei diritti dell’imputato prosciolto,vengono ben presto ad evidenziare elementi di contrasto tali da renderle sostanzialmente antitetiche.
A complicare il tutto contribuisce poi l’introduzione nel 1930,nel capoverso dell’art. 152 c.p.p. 1930 (poi confluito,senza particolari modifiche,nell’attuale secondo comma dell’art. 129 c.p.p. vigente),della regola di giudizio secondo la quale,in presenza di una causa estintiva del reato,deve riconoscersi all’imputato il diritto di vedersi prosciolto nel merito tutte le volte in cui già esistono prove le quali rendono evidente la sussistenza agli atti di una causa di proscioglimento di merito.
La problematica merita,dunque,una disamina approfondita,poiché sono in gioco sia principi costituzionali particolarmente rilevanti (su tutti il diritto di difesa,la presunzione di non colpevolezza ed il diritto alla prova), sia principi consacrati a livello di Convenzione Europea dei Diritto dell’Uomo (nello specifico l’art. 6 paragrafo 2 e l’art. 6 paragrafo 3 d CEDU).
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sulle teorizzazioni e sulle disquisizioni giuridiche che hanno affaticato negli anni dottrina,giurisprudenza e legislatore,alla costante ricerca di un soddisfacente equilibrio fra le due anime caratterizzanti un istituto dalla gestione delicatissima come la declaratoria immediata di determinate cause di non punibilità.
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