Tesi etd-05252015-220508 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
SCATURRO, ROSANNA
URN
etd-05252015-220508
Titolo
L'applicazione anticipata delle misure alternative
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Dott. Bresciani, Luca
Parole chiave
- applicazione anticipata
- esecuzione pene detentive
- misure alternative
Data inizio appello
19/06/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nella sua versione originaria, l’applicazione anticipata delle misure alternative si era resa necessaria come rimedio ad una realtà molto grave venutasi a concretizzare negli anni Ottanta a causa dell’aumento del consumo di droga che vide un conseguente incremento dei detenuti tossicodipendenti. Questa circostanza mise gli istituti penitenziari italiani in serie difficoltà di gestione e portò a chiedersi se il carcere fosse lo strumento adatto a contrastare la diffusione della droga e a curare la dipendenza che ne derivava.
Si optò, dunque, con la l. n. 297/1985 che convertì il d.l. n. 144 dello stesso anno ed introdusse l’affidamento in prova in casi particolari all’art. 47 bis o.p., per una soluzione volta ad evitare al tossicodipendente il passaggio dal carcere, con il chiaro fine di sottrarsi ad un’inopportuna interruzione del programma di recupero già intrapreso, concordato con uno degli enti tassativamente indicati nell’art. 1 bis dello stesso decreto, senza precluderne il buon esito finale.
Dopo poco tempo, con la riforma del 1986 ad opera del d.l. n. 663, i presupposti per l’applicazione anticipata dell’affidamento in prova in casi particolari si ampliarono, consentendo al condannato tossicodipendente di presentare istanza per la misura alternativa qualora avesse avuto anche solo “l’intenzione” di intraprendere un programma di recupero. Non solo, fu estesa la possibilità dell’applicazione anticipata anche ad altre misure.
La l. n. 165/1998, chiamata convenzionalmente legge Simeone, dopo aver espressamente abrogato l’art. 47 bis o.p., ha ampliato la possibilità di non ingresso in istituto penitenziario, facilitando le condizioni per l’accesso alle misure alternative a tutti quei condannati che fossero in possesso dei requisiti necessari ma fossero economicamente deboli per beneficiare di un’assistenza legale adeguata. Ha introdotto quindi l’istituto della sospensione automatica dell’esecuzione delle pene detentive brevi, all’art. 656 c.p.p., che, di fatto, permette ai condannati a pene che rientrino entro determinati limiti temporali di presentare istanza di applicazione di una delle misure alternative previste, prima dell’esecuzione della condanna.
Purtroppo, nonostante le sue ragioni di base, l’istituto introdotto dalla legge Simeone è stato criticato per incongruenze applicative e, gli interventi successivi ad essa, aventi l’intento generale di realizzare un decremento del numero notevole dei detenuti, sono stati fortemente osteggiati dall'opinione pubblica che ha percepito in essi un pregiudizio al principio di certezza della pena.
Si optò, dunque, con la l. n. 297/1985 che convertì il d.l. n. 144 dello stesso anno ed introdusse l’affidamento in prova in casi particolari all’art. 47 bis o.p., per una soluzione volta ad evitare al tossicodipendente il passaggio dal carcere, con il chiaro fine di sottrarsi ad un’inopportuna interruzione del programma di recupero già intrapreso, concordato con uno degli enti tassativamente indicati nell’art. 1 bis dello stesso decreto, senza precluderne il buon esito finale.
Dopo poco tempo, con la riforma del 1986 ad opera del d.l. n. 663, i presupposti per l’applicazione anticipata dell’affidamento in prova in casi particolari si ampliarono, consentendo al condannato tossicodipendente di presentare istanza per la misura alternativa qualora avesse avuto anche solo “l’intenzione” di intraprendere un programma di recupero. Non solo, fu estesa la possibilità dell’applicazione anticipata anche ad altre misure.
La l. n. 165/1998, chiamata convenzionalmente legge Simeone, dopo aver espressamente abrogato l’art. 47 bis o.p., ha ampliato la possibilità di non ingresso in istituto penitenziario, facilitando le condizioni per l’accesso alle misure alternative a tutti quei condannati che fossero in possesso dei requisiti necessari ma fossero economicamente deboli per beneficiare di un’assistenza legale adeguata. Ha introdotto quindi l’istituto della sospensione automatica dell’esecuzione delle pene detentive brevi, all’art. 656 c.p.p., che, di fatto, permette ai condannati a pene che rientrino entro determinati limiti temporali di presentare istanza di applicazione di una delle misure alternative previste, prima dell’esecuzione della condanna.
Purtroppo, nonostante le sue ragioni di base, l’istituto introdotto dalla legge Simeone è stato criticato per incongruenze applicative e, gli interventi successivi ad essa, aventi l’intento generale di realizzare un decremento del numero notevole dei detenuti, sono stati fortemente osteggiati dall'opinione pubblica che ha percepito in essi un pregiudizio al principio di certezza della pena.
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