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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05222019-124546


Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
MANNINI, CRISTIANO
URN
etd-05222019-124546
Titolo
Differenti tipologie di materiale per la restaurativa indiretta, aspetti chimico fisici, revisione della letteratura
Dipartimento
PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA, MOLECOLARE E DELL'AREA CRITICA
Corso di studi
ODONTOIATRIA E PROTESI DENTARIA
Relatori
relatore Prof.ssa Giuca, Maria Rita
Parole chiave
  • restaurativa indiretta
Data inizio appello
10/06/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
10/06/2089
Riassunto
Ad oggi i materiali più diffusamente usati per la realizzazione degli intarsi sono: la ceramica che il composito.
Ovviamente la tecnica e la manualità degli operatori incidono molto sulla scelta del materiale.
In linea di massima, data l’evoluzione delle resine composite, molti dentisti hanno optato per le resine, specialmente per i settori posteriori.
I compositi di nuova generazione presentano caratteristiche fisiche (durezza, resistenza all’abrasione) quasi del tutto simili a quelle dei denti naturali.
Un’altra caratteristica che ci ha portato alla scelta primaria del composito più che della ceramica, per la realizzazione degli intarsi, è la possibilità da parte del dentista di potere agire sul manufatto consegnato dal laboratorio odontotecnico.
Sull’intarsio in composito infatti il dentista può apportare delle modifiche aggiungendo per esempio ulteriori strati di composito, oppure può, utilizzando dei supercolori, modificare qualche caratteristica estetica.
Inoltre un altro aspetto molto importante è che l’intarsio in composito può essere corretto, modificato, ripristinato nelle sue parti senza dover ripetere tutta la ricostruzione, cioè il dente con intarsio in composito può essere trattato come un dente normale, perciò può essere ricostruito nella altre sue parti se nel tempo si verificano delle recidive cariose.
Vi sono studi in letteratura che dimostrano che la ricostruzione indiretta in composito posizionata a ponte tra le cuspidi residue rinforza l’intera struttura dentaria, aumentandone la resistenza.
La scelta del composito invece è sconsigliata se l’elemento dentario antagonista presenta una struttura in ceramica, data la differenza di resistenza all’usura.
Il composito si oppone meglio al dente naturale che alla porcellana.
Quindi, sebbene in letteratura sia riportata l’efficacia sia del composito sia della ceramica come materiali per la fabbricazione degli intarsi, i compositi recentemente immessi sul mercato mostrano alcune proprietà fisico-meccaniche che stanno progressivamente indebolendo la supremazia delle ceramiche dentali.
Se, da una parte, sono innegabili i vantaggi estetici della ceramica, specialmente nel medio e lungo periodo, e alcune sue caratteristiche chimico-fisiche (resistenza all’usura, coefficiente di espansione termica e stabilità dimensionale) dall’altra i miglioramenti in termini di estetica e resistenza all’abrasione dei materiali compositi più recenti fanno virare la scelta verso questi ultimi.
Il composito, sottoposto a una post-polimerizzazione extraorale finale con luce e calore all’interno di un apposito fornetto, mostra un notevole aumento delle proprietà meccaniche (resistenza all’usura, microdurezza) e un miglioramento delle proprietà fisiche (solubilità, coefficiente di espansione termica, modulo di elasticità, fragilità) rispetto alla resina composita polimerizzata mediante l’azione della sola luce, tanto che si può affermare che sia ceramica sia composito mostrano una resistenza all’usura vicina a quella dello smalto.
I compositi, inoltre, hanno un modulo di elasticità molto più vicino alla dentina rispetto alla ceramica (18 GPa la dentina, 11.24 GPa il composito, 65 GPa la ceramica), con conseguente ripristino delle caratteristiche elastiche del dente, minore fragilità del restauro e minore trasmissione degli stress meccanici all’elemento restaurato.
I compositi, infine, garantiscono all’operatore alcuni vantaggi clinico-pratici ed ergonomici (preparazioni cavitarie più conservative, possibilità di correzione intraorale, lucidabilità, minore abrasione dei denti antagonisti, possibilità di riparazione e reintervento, unica interfaccia dente-restauro, unico materiale per restauro diretto, indiretto e cemento da fissaggio, minima attrezzatura richiesta, tempi e costi inferiori) che li rendono oggi ampiamente indicati e utilizzati in odontoiatria adesiva.
Infine, il modulo di elasticità (rigidità o flessibilità di un corpo), la resilienza (capacità di assorbire una sollecitazione fino al limite elastico), la tenacità (capacità di assorbire una sollecitazione fino al carico di rottura-fragilità) e la resistenza alla fatica (rottura in seguito a una sollecitazione dinamica ciclica) sono le proprietà meccaniche che consentono al materiale composito di essere lavorato in spessori minimi (garantendo preparazioni più conservative) e di essere meno soggetto a fratture rispetto ai materiali ceramici.
Possiamo quindi concludere che i restauri adesivi in composito diretti (per cavità di piccole dimensioni) e indiretti (in cavità estese), con coinvolgimento di una cresta marginale (onlay) o di entrambe (overlay) rappresentano l’approccio più conservativo per il restauro del dente singolo posteriore trattato endodonticamente; pertanto, sono la prima scelta per il clinico.
Oltre a usufruire dei vantaggi clinico-pratici dei restauri parziali e di un’azione di rinforzo sulle strutture sane residue, gli intarsi adesivi in composito garantiscono un sigillo marginale affidabile, in presenza di una quantità sufficiente di smalto cervicale.
Il successo a lungo termine del dente trattato endodonticamente dipende da un’attenta valutazione di tutti i parametri che coinvolgono il caso (dente interessato, età, cariorecettività, motivazione del paziente, impegno funzionale, sostanza dentale residua, ecc.), dalla scelta della tecnica più indicata (restauro diretto, indiretto in composito, corona completa), dal rispetto dei protocolli e dalla precisione clinico-operativa.
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