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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05202015-222906


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
NASTASIO, SILVIA
URN
etd-05202015-222906
Titolo
La ciclosporina nelle malattie autoimmuni del fegato: efficacia e sicurezza a medio e lungo termine.
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
PEDIATRIA
Relatori
relatore Prof. Maggiore, Giuseppe
Parole chiave
  • malattie autoimmuni fegato
  • epatite
  • colangite
  • ciclosporina
Data inizio appello
09/06/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Le malattie autoimmuni del fegato comprendono uno spettro di disordini progressivi a causa sconosciuta il cui meccanismo patogenetico è di natura autoimmune e che evolvono spontaneamente, attraverso la necrosi del parenchima epatico, verso un danno irreversibile della funzione dell’organo. Lo spettro delle malattie autoimmuni del fegato comprende l’epatite autoimmune in cui il bersaglio dell’attacco è l’epatocita, la colangite sclerosante autoimmune in cui il bersaglio è il colangiocita.
Tra questi estremi esistono forme in cui coesistono il danno epatocitario e quello a carico dei dotti biliari che sono definite “sindromi da overlap”.
Il trattamento è di tipo immunosoppressivo e persegue due obiettivi: la normalizzazione della funzione epatocellulare e il mantenimento di una condizione di remissione, tale da prevenire lo sviluppo di cirrosi e delle sue complicanze.
La risposta al trattamento dipende dalla gravità all’esordio; ad ogni modo, oltre l’80% delle malattie autoimmuni del fegato risponde rapidamente alla terapia immunosoppressiva che deve essere iniziata tempestivamente per impedire la progressione di malattia.
Il trattamento detto “convenzionale” dell’epatite autoimmune è costituito da dosi elevate di prednisone associate o meno ad azatioprina. Questo trattamento è, tuttavia, caratterizzato da un’elevata percentuale di recidive e dal rischio di sviluppare importanti effetti avversi, legati, prevalentemente, alle alti dosi di corticosteroide necessarie a controllare la malattia. Per tale motivo, negli anni, sono stati ricercati altri farmaci da utilizzare nel trattamento delle malattie autoimmuni del fegato e, ad oggi, una valida alternativa è rappresentata dalla ciclosporina. È stato infatti dimostrato, da diversi studi pubblicati negli ultimi 20 anni, come la ciclosporina sia in grado di permettere il recupero dall’insufficienza epatica nei bambini con malattie autoimmuni del fegato e di indurre e mantenere, in modo sicuro, la remissione clinica e bioumorale in questo gruppo di pazienti. Nonostante questo, essa è usata prevalentemente come trattamento ponte per il passaggio alla terapia convenzionale e la sua sicurezza ed efficacia a lungo termine sono sconosciute.
Scopo di questo studio è stato di raccogliere ed analizzare i dati dei pazienti affetti da malattie autoimmuni del fegato (epatite autoimmune di tipo 1 e 2 e sindromi da overlap) afferenti all’U.O. di Epatologia e Gastroenterologia Pediatrica di Pisa, che abbiano ricevuto un trattamento con ciclosporina di una durata minima di 4 anni.
Le finalità specifiche dello studio sono state quelle di valutare l’efficacia a medio e lungo termine della ciclosporina in relazione all’induzione di remissione di malattia e di prevenzione di recidive e di valutare gli eventuali effetti avversi, legati al suo utilizzo, in termini di tipologia, gravità e frequenza.
Dei 20 pazienti arruolati nello studio 5 sono affetti da epatite autoimmune di tipo 1, 10 da un’epatite autoimmune di tipo 2 e 5 da sindrome da overlap.
Il trattamento è stato iniziato ad una età media di 10,3 anni (range: 2,2 – 14,3 anni) e la durata media del trattamento è stata di 6,2 anni (range: 4 – 15,5 anni).
Dall’analisi dei dati di questo studio è emerso che l’utilizzo della ciclosporina nel trattamento delle malattie autoimmuni del fegato e delle vie biliari in pazienti pediatrici ha un elevato profilo di efficacia e sicurezza a medio e lungo termine. In particolare, l’efficacia della ciclosporina nell’induzione e nel mantenimento della remissione clinica e bioumorale si è dimostra pari a quella del trattamento convenzionale.
Gli effetti collaterali legati al farmaco, seppure presenti nel 60% dei pazienti sono risultati essere di grado lieve-moderato e ben tollerati nel l’88% casi; solo nel 12% dei casi si è resa necessaria la sospensione della somministrazione di ciclosporina. Ad ogni modo tutti gli effetti avversi sono stati risolutivi, o spontaneamente, o alla riduzione della dose di farmaco somministrato o alla sua sospensione e non hanno determinato sequele in alcun caso.
La terapia con ciclosporina nelle malattie autoimmuni del fegato può quindi essere effettuata in modo sicuro ed efficace, non solo come breve trattamento ponte alla terapia con prednisone e azatioprina, ma anche come trattamento di mantenimento di lunga durata. La tollerabilità del trattamento prolungato con tale farmaco e i rari effetti avversi di grado severo rendono questo trattamento una valida alternativa al ben noto trattamento convenzionale che al pari di efficacia, non è tuttavia scevro da effetti collaterali.
Il monitoraggio della comparsa di eventuali effetti avversi, ed in particolare la valutazione della funzione renale, rimangono comunque punti cardine durante l’ultilizzo della ciclosporina.
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