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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-05132020-101030


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
BATTAGLIA, GIULIA
URN
etd-05132020-101030
Titolo
L’INTERVENTO DI TERZI DI FRONTE ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO Genesi ed evoluzione del contraddittorio convenzionale e fattori di “permeabilità” del processo costituzionale
Settore scientifico disciplinare
IUS/08
Corso di studi
SCIENZE GIURIDICHE
Relatori
tutor Prof. Dal Canto, Francesco
Parole chiave
  • amicus curiae
  • Corte europea dei diritti dell'uomo
  • intervento di terzi
  • processi materialmente costituzionali
Data inizio appello
27/05/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
27/05/2060
Riassunto
L’indagine si propone di studiare l’intervento di terzi di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo, con l’obiettivo, in primo luogo, di evidenziare come l’istituto processuale in parola sia correlato, in direzione biunivoca, alle profonde trasformazioni che hanno interessato il processo convenzionale e, altresì, di valutare il contributo che tali interlocutori apportano ad una corte “materialmente” costituzionale in termini di legittimazione e nel dialogo con le altre Corti supreme e costituzionali, nazionali e sovranazionali.
Lo studio è stato condotto attraverso le chiavi di lettura esplicitate all’inizio della trattazione (capitolo I); senza voler semplificare l’ampio dibattito dottrinale che si è sviluppato sul tema, è possibile, infatti, affermare che la Corte EDU viva con due “anime”, una internazionalista, originaria, e una costituzionalista, che si è accentuata, in particolar modo, con il graduale riassestamento procedurale resosi necessario a causa della congestione del processo dovuta al “sovraffollamento” dei ricorsi individuali. Lo strumento processuale in esame può, pertanto, essere analizzato da entrambe queste angolazioni, come testimoniano i numerosi studi di diritto internazionale sull’argomento che, spesso, assumono come prospettiva privilegiata di osservazione la crescente rilevanza della partecipazione della società civile al «processo giuridico globale».
Nel capitolo II, si è poi proceduto ad un’analisi diacronica del processo convenzionale, dando conto dell’evoluzione normativa che, a partire dalla fine degli anni ’70, sulla scia dei leading cases Winterwerp c. Paesi Bassi (1979), Tyrer (1978) e Young James e Webster (1981) c. Regno Unito, ha consentito l’ampliamento del contraddittorio di fronte alla Corte EDU, prima, attraverso l'approvazione del nuovo Regolamento di procedura del 1982, poi, nel 1998 – con l’entrata in vigore del Protocollo n. 11 e l’inaugurazione, secondo molti, di una “nuova Corte”, attraverso la consacrazione del ricorso individuale diretto e l’obbligatorietà della sua giurisdizione – con la modifica dell’art. 36 della Convenzione, che, congiuntamente all’art. 44 del Regolamento di procedura, disciplina attualmente «l’intervento dei terzi».
Nello specifico, la disposizione in parola attribuisce allo Stato diverso da quello convenuto, di cui sia cittadino il ricorrente (par. 1) e, in seguito ad un’ulteriore modifica introdotta con il Protocollo n. 14, al Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa (par. 3), un vero e proprio diritto ad intervenire nel processo, presentando osservazioni scritte e partecipando alle udienze, mentre, per le altre “Alte Parti contraenti” che non siano parte in causa e per ogni «altra persona interessata diversa dal ricorrente» (par. 2), tale possibilità è rimessa alla valutazione discrezionale del Presidente della Camera, che può invitarli o autorizzarli a partecipare, nelle forme sopra indicate, «nell’interesse della corretta amministrazione della giustizia».
Tale norma, corredata dalle indicazioni contenute nel già citato art. 44 Reg., costituisce la comune base giuridica per l’intervento di soggetti ulteriori rispetto alle parti lato sensu necessarie e, tuttavia, tra di loro profondamente eterogenei. Oltre a figure processuali che, anche da un punto di vista sostanziale, sono più marcatamente riconducibili all’istituto dell’amicus curiae (prevalentemente ONG, ma anche, ad esempio, organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani, nonché lo stesso Commissario per i diritti dell’uomo), la medesima disposizione consente l’ingresso nel processo convenzionale agli Stati diversi da quello convenuto, così come a soggetti privati direttamente coinvolti nei fatti di causa, quali, ad esempio, la controparte del procedimento interno da cui ha avuto origine il ricorso e nei cui confronti il seguito nazionale della pronuncia europea (soprattutto, in caso di un eventuale superamento del giudicato interno) potrebbe dispiegare effetti pregiudizievoli diretti e concreti.
I differenti profili di interesse, nonché gli aspetti problematici relativi a ciascuna delle figure menzionate, sono oggetto di specifica trattazione nel capitolo III che si concentra, poi, sull’esame delle regole che ne caratterizzano l’ingresso e la partecipazione al processo convenzionale.
Infine, nel capitolo IV, si è cercato di stabilire un confronto tra il contraddittorio “aperto” che si svolge di fronte alla Corte EDU e quello tendenzialmente “chiuso” della nostra Corte costituzionale, al fine di cogliere gli indici di una possibile futura estensione della platea di interlocutori nel giudizio (in via incidentale) delle leggi.
Alla luce di una sintetica analisi dell’itinerario giurisprudenziale che ha visto consolidarsi una posizione di temperata chiusura del contraddittorio costituzionale – la conclusione dell’elaborato, preme specificarlo, è stata praticamente contestuale alle modifiche apportate alle Norme integrative nel gennaio 2020 – l’analisi condotta nel capitolo IV si appunta, da un lato, su alcuni indici di «irrequietudine» emergenti dal «diritto di origine giudiziaria» della Corte costituzionale, tra cui, in particolare, il “provvedimento Lattanzi” del 2018, che ha rimodulato le regole di accesso agli atti processuali per coloro che fanno richiesta d’intervento. Dall’altro, sui possibili “impulsi” provenienti dal continuo misurarsi della stessa con modelli processuali diversi, segnatamente con quello sovranazionale del giudice di Strasburgo, caratterizzato, come si è detto, da un contraddittorio “aperto”.
In questa prospettiva, le riflessioni conclusive prendono spunto dalle intersezioni esemplificative che hanno caratterizzato, anche dal punto di vista del contraddittorio, la vicenda processuale del regime ostativo, ovvero quella “presunzione irrefragabile di pericolosità sociale” derivante dall’assenza di collaborazione con la giustizia che, a distanza di pochi mesi, ha visto pronunciarsi prima la Corte di Strasburgo (Corte EDU, Sez. I, Viola c. Italia, ric. n. 7763/2016, 13 giugno 2019), sulla preclusione alla concessione della liberazione condizionale – dunque, sul così detto ergastolo ostativo – e, più recentemente, la Corte costituzionale, che ha invece sottratto alla generale applicazione di tale meccanismo la sola concessione dei permessi premio (Corte cost., sent. n. 253 del 2019). Dopo aver tratteggiato i rapporti di reciproca “collisione” tra i due giudizi, l’analisi si focalizza sulle richieste di intervento di terzi depositate in occasione del giudizio di costituzionalità, in modo particolare su quello del Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, per evidenziare come le argomentazioni talora inedite proposte da tali soggetti e i richiami, in punto di ammissibilità, alle regole del processo convenzionale, possano costituire, nel lungo termine, un non trascurabile fattore di sollecitazione verso una maggiore apertura del giudizio.
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