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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-05122019-234427


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PINTI, MASSIMILIANO
URN
etd-05122019-234427
Titolo
Abusi di mercato e ne bis in idem: il doppio binario sanzionatorio tra sussidiarietà e proporzionalità
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Vallini, Antonio
correlatore Prof.ssa Morgante, Gaetana
Parole chiave
  • diritto penale
  • ne bis in idem
  • sanzioni
  • sistemi economici occidentali
  • abuso di mercato
  • insider trading
  • manipolazione del mercato
Data inizio appello
30/05/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
A seguito dei molteplici sommovimenti finanziari che hanno interessato la vita economica del nostro Paese e sconvolto ab imis fundamentis la complessa architettura dei sistemi economici occidentali, i fenomeni di abuso di mercato hanno assunto oggi una enorme risonanza mediatica, che sembra procedere di pari passo con un rinnovato interesse dommatico nei confronti di quelle figure criminose, riconducibili segnatamente all’insider trading e alla manipolazione del mercato, che tali devianze sono chiamate istituzionalmente a neutralizzare.
Il fil rouge che permea l'attuale indagine si appunta sulla vera natura e sul ruolo del diritto penale in questo comparto normativo, stretto nella ambiguità tra millantata effettività e malcelato simbolismo.
La pervasività incontrollabile di un diritto penale “simbolico” di matrice europea sembra effettivamente porsi in contrasto con lo ius criminale come extrema ratio e con il principio di sussidiarietà, oltre a confliggere con i postulati basilari di proporzione e ragionevolezza che dovrebbero informare la costruzione di ogni impianto sanzionatorio non scevro, nel caso sub judice, da uno spiccato rigore repressivo.
Il percorso di ricerca dovrà scandirsi attraverso alcuni passaggi obbligati: dalla descrizione analitica dell’attuale apparato repressivo degli abusi di mercato, imperniato nel nostro ordinamento sulla convergenza di una doppia sanzione, di natura amministrativa e penale, al ricorrere del medesimo fatto materiale, si dovrà procedere alla enucleazione delle principali criticità di tale modello, suscettibili di integrare, in particolare, profili di lesione del bis in idem nella sua accezione processuale.
Una volta lumeggiati i profili di autonomia e gli elementi costitutivi di tale garanzia, si tenterà, nell’ultima parte del lavoro, l’ardua impresa dogmatica di una rimodulazione del paradigma punitivo, dettando un programma d’azione al legislatore che tenga conto del confronto strutturale tra sanzione amministrativa e penale e del nuovo orizzonte ermeneutico in cui si muovono le recenti pronunce della Corte EDU e della Corte di Giustizia.
Il punto di approdo della riflessione riposa sul costo di sistema, soprattutto alla luce delle censure mosse dalle corti sovranazionali, del mantenimento in vita di un doppio binario sanzionatorio il cui fulcro sia rappresentato oggi dal presidio penalistico. In questo senso, a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 596/2014 (MAR) e della Direttiva 2014/57/UE (MAD II), si registra una progressiva rarefazione dei vincoli di compatibilità esterna imposti dal legislatore e dalle Corti europee.
La sostenibilità di tale arsenale punitivo (in rapporto ai diritti fondamentali dell’individuo), abilitando implicitamente una deroga ai principi di sussidiarietà e offensività, veri numi tutelari della politica criminale nazionale, sembra affidato, in ultima istanza, al riscontro della proporzionalità complessiva del trattamento sanzionatorio.
Un tale giudizio, di natura sostanzialmente equitativa, sconta un notevole deficit euristico, sovrapponendo distinti piani di valutazione e obliterando totalmente il ruolo demiurgico del legislatore interno nella dialettica interordinamentale.
È fondamentale, invece, che quest’ultimo recuperi uno “spazio di gioco” per riuscire a conformare il sistema punitivo ai vincoli di compatibilità interna (di rango anche costituzionale), introducendo criteri di riparto tra fattispecie maggiormente calibrati sul grado di disvalore delle condotte, oppure predisponendo meccanismi procedimentali di assorbimento e compensazione tra le sanzioni, tali da agevolare il compito del giudicante, riducendone sensibilmente la sfera di discrezionalità.
Al tempo stesso, ai fini di ridiscutere l’opportunità della sopravvivenza del doppio binario sanzionatorio come storicamente inveratosi nei gangli della nostra legislazione complementare, è indispensabile procedere quasi induttivamente, partendo dal dato concreto, e astrarre progressivamente fino a raggiungere un angolo visuale sistemico, che segni una cesura anche metodologica con l’approccio frammentario, casistico e rizomatico spesso seguito dalle stesse corti sovranazionali.
Insomma, i vecchi arnesi del diritto penale – da soli – parrebbero impotenti di fronte alle nuove sfide della modernità: solamente nell’ambito di un nuovo contesto di regole, che non trascuri l’interazione con uno strumentario sanzionatorio più ampio, la penalizzazione (selettiva) di determinati comportamenti potrebbe svolgere un efficace ruolo deterrente.
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